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- Scritto da Giampiero Raganelli
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Un po’ di anni fa era facile che, al Far East a Udine, qualcuno, appena conosciuto, ti chiedesse: «ma tu sei per il Nazzaro/Tagliacozzo o per il Pezzotta?». Sembrava insomma che bisognasse schierarsi in questa dicotomia tra i primi due saggi italiani importanti sul cinema di Hong Kong, esprimere un senso di appartenenza, un po’ come quando alle feste dell’Unità dei primi anni Novanta ti chiedevano se eri del PDS o di Rifondazione. L’importanza e la complessità di una cinematografia, come quella di Hong Kong, d'altronde, si misura anche dalla saggistica che su di essa è stata prodotta, dagli studi pionieristici alle diverse interpretazioni e impostazioni.
Il cinema dell’ex colonia britannica è poi un qualcosa che per molti si avvicina a un atto d’amore, indissolubilmente legato a tanti ricordi personali. Era la metà degli anni novanta quando si cominciò a scoprire la New Wave hongkonghese, il cinema di genere di John Woo come quello d’autore di Wong Kar-wai. Uscivano timidamente in sala A Better Tomorrow e Hong Kong Express (solo in Italia con questo titolo in luogo di quello internazionale Chungking Express, ma tant’è…), ci fu uno speciale sulla rivista Cineforum, e poi il saggio di Giona A. Nazzaro e Andrea Tagliacozzo. TELE+, la pay-tv dell’epoca, programmava i film di John Woo e Wong Kar-wai e metteva in palio, nei concorsi per i suoi abbonati, proprio viaggi nella colonia britannica. Si scopriva così un patrimonio filmico nel momento del suo canto del cigno, in cui si avvicinava la percezione della sua fine. Una cinematografia in scadenza, proprio come le scatolette di ananas di Hong Kong Express. Era un innamoramento che si mischiava quindi a malinconia, diventando così ancor più struggente. Ed erano gli stessi film di Hong Kong, come Happy Together o Made in Hong Kong, che paventavano un senso escatologico, la fine di tutto. Quanti, come chi scrive, hanno pianto insieme all’ormai ex governatore Chris Patten mentre veniva ammainata la bandiera dell’Union Jack?
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- Scritto da Elisa Provera
- Categoria: LIBRI
Akiko Tetsuya è una giornalista giapponese che vive a Los Angeles. Il suo sogno più grande era quello di incontrare il suo idolo, la divina Brigitte Lin. Ci è riuscita e il risultato è questo libro. Non si tratta di una biografia nel senso stretto del termine, ma è la ricostruzione della vita e del lavoro della splendida attrice attraverso le parole delle interviste rilasciate alla Tetsuya nell’arco di diversi anni.
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- Scritto da Elisa Provera
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Non considerando momentaneamente le ottime pubblicazioni dell’Hong Kong Film Archive, per molto tempo due sono stati i testi fondamentali sul cinema di Hong Kong: Hong Kong Cinema – The Extra Dimensions di Stephen Teo e Planet Hong Kong di David Bordwell. Mentre il primo si è occupato dell’aspetto storico-storiografico, più comprensivo e globale, il volume in oggetto parte da un’analisi tecnico-linguistica, mettendo in evidenza la sperimentalità del linguaggio del cinema di Hong Kong e rilevandone le principali differenze con il cinema americano, avvalendosi di numerosi fotogrammi presi dai film esaminati.
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- Scritto da Elisa Provera
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Il sottotitolo A Preliminary Study potrebbe indurre a pensare di trovarsi davanti ad un testo sommario e poco curato, invece è un tomo di oltre 400 pagine. Si tratta semplicemente, più che di una professione di modestia, della presa di coscienza che non si poteva fare di più e di meglio, data l’ingente mole di materiale, egregiamente trattato, ma che necessita di letture aggiuntive per colmarne le prevedibili lacune ed approfondirne più capillarmente i singoli aspetti.
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- Scritto da Elisa Provera
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Dopo quasi 10 anni di distanza da Il cinema di Hong Kong – Spade, kung fu, pistole e fantasmi Giona Nazzaro e Andrea Tagliacozzo uniscono nuovamente le loro forze nella compilazione di questo ottimo dizionario contenente 850 schede che ricoprono l’arco degli ultimi 25 anni di cinema hongkonghese.
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- Scritto da Matteo Di Giulio
- Categoria: LIBRI
In occasione della personale dedicata a Chor Yuen durante il Far East Film Festival 2004, gli organizzatori della manifestazione hanno pensato bene di omaggiare una delle personalità più imponenti del dopoguerra cinematografico hongkonghese con una pubblicazione a parte rispetto al tradizionale catalogo. Rose nere e guerrieri sentimentali: il cinema di Chor Yuen è un libretto schietto, veloce, un'introduzione pratica all'opera di un grande regista ancora purtroppo misconosciuto in occidente, nonostante i suoi celebrati wuxiapian girati con il marchio Shaw Brothers stiano finalmente venendo alla luce in edizione restaurata. Tra i saggi raccolti da Tim Youngs spiccano le due introduzioni critiche firmate da Law Kar e Sek Kei, che al pari delle testimonianze dirette di Josephine Siao, Yueh Hua e del produttore Ho Kian-giap offrono una nuova prospettiva e un ritratto cangiante a seconda dei punti di vista e delle differenti situazioni in cui Chor si è trovato a lavorare nella sua longeva carriera. Non tutti gli articoli sono ugualmente approfonditi, spesso il tono dell'opera è volutamente quello della infarinatura superficiale, senza la reale volontà di affrontare con la necessaria concentrazione temi e argomenti ricorrenti nella poetica di un autore il cui lavoro è assolutamente complesso, multistratificato, ancora tutto da riscoprire. Completano l'opera le schede dei dodici film presentati in rassegna, qualche rara foto in bianco e nero e la lunghissima filmografia del regista.
Autore: AA.VV. (a cura di Tim Youngs)
Casa Editrice: Centro Espressioni Cinematografiche
Anno: 2004
Prezzo: € 3.50
Pagine: 102
ISBN: