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- Scritto da Stefano Locati
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Editi in occasione della XIX Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro (tenutasi nel lontano giugno 1983), i due volumi che compongono questo Cinemasia sono di per sé un eccezionale documento storico sulla riscoperta cinematografica di un continente. Se il primo volume si occupa infatti di Giappone, Corea, Cina, Malesia (insieme a Singapore), oltre che Hong Kong, al secondo è lasciato il compito di fare luce su territori ben più difficili da sondare: Tailandia, Vietnam, Filippine, Indonesia. Presi assieme sono dunque uno spaccato sul cinema del sud-est asiatico dagli anni '50 fino ad inizio '80. Il taglio critico, secondo la lodevole intuizione del curatore, Marco Müller, è in prevalenza quello di lasciar parlare direttamente critici e addetti ai lavori delle nazioni di cui si parla; in questo modo si ha l'opportunità di farsi un'idea in presa diretta di come il cinema era vissuto e pensato in quel periodo.
Per quanto riguarda Hong Kong, alla quale è lasciato senza dubbio lo spazio preponderante del primo volume (circa 130 pagine), sono presenti 13 saggi che, a partire da ricognizioni storiche (i primi saggi hanno carattere generale), si avventurano nei problemi più sentiti in quel periodo. Ecco allora un assaggio dell'ampio dibattito che vedeva coinvolti i giovani registi della cosiddetta New Wave (da Tsui Hark a Patrick Tam, da Ann Hui a Jacob Cheung); nelle parole di Law Kar, Evans Chan, Law Wai-ming o nel botta e risposta tra Li Cheuk-to, Jerry Liu e Roger Garcia si configura un riesame critico in tempo reale sulla reale portata del "movimento", che dalla televisione aveva fatto irruzione nei cinema. Ne esce un quadro non certo appianato su una completa "divinizzazione", e anzi problematico, teso a sviscerare gli effettivi elementi di rottura rispetto al passato, che evidenzia più le incertezze e le continuità che l'elegia fine a se stessa.
La parte finale è poi dedicata a delle monografie su registi importanti (tra cui spicca per poeticità il saggio di Sek Kei su King Hu) e a una veloce panoramica sulla gongfu comedy che aveva ormai invaso il mercato (Ng Ho).
In definitiva un'opera fondamentale, anche se non propriamente divulgativa; temi e riferimenti richiedono in effetti una preventiva conoscenza dei film e dei personaggi citati, in modo da poter apprezzare appieno le analisi. Unico neo - scusabile solo in parte con l'età - è la scelta di riportare i titoli dei film in italiano, facendo un misto tra l'originale cinese e l'inglese: a fine sezione è prevista un appendice che riporta titolo italiano, titolo originale e titolo internazionale inglese, ma l'elenco è spesso lacunoso (mancano parecchi film citati nei saggi precendenti).
Autore: AA. VV. (a cura di Marco Müller)
Casa Editrice: Marsilio
Anno: 1983
Prezzo: L. 20.000
Pagine: 256
ISBN: non presente
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- Scritto da Stefano Locati
- Categoria: LIBRI
Interview è una raccolta di interviste fatte nei luoghi più disparati nel periodo compreso tra il 1992 e la fine del 1999 a figure molto diverse tra loro, ma accomunate da una visione forte e identificabile di cinema. Le interviste, che possono variare dalle poche domande ad analisi più approfondite, risulatano in maggior parte già state editate su vecchi giornali o riviste (ma sono qui per la prima volta in forma integrale, senza i tagli necessari negli altri formati), e in forma minore totalmente inedite. Bisogna subito premettere che, come è facile intuire, non di solo cinema orientale si parla. Sulle 300 e passa pagine che compongono l'opera, solo le ultime 50 sono dedicate al sud-est asiatico (suddiviso tra Giappone, Taiwan e Hong Kong). Anche dal punto di vista dell'appassionato di solo cinema asiatico, comunque, questo non è affatto una componente negativa, quanto l'opportunità di confrontare diverse visioni e prospettive di cinema. Il libro è infatti suddiviso in quattro aree geografiche; America, Francia, Italia e Oriente - in modo da rendere più esplicito e presentare al meglio un percorso quanto più completo ed esaustivo, ricco di rimandi e dunque passibile di cortocircuiti e suggestioni utili alle future visioni. Elencare tutte le interviste risulterebbe piuttosto tedioso - basti comunque l'accenno a nomi come Kenneth Anger, Abel Ferrara, Gregg Araki, Oliver Assayas, Mario Martone o Mariano Equizzi per dare un'idea del raggio d'azione proposto - e alla fin fine inutile. Concentrandosi invece sulla parte finale (sarà un caso che l'oriente sia posto proprio alla fine e sia sottotitolato come Un domani migliore??), è utile fare un riassunto. Per Taiwan è presente un'intervista a Chen Kuo-fu, regista che ha esordito nel 1989 con School Girls e che nel 1999 a Cannes ha presentato il suo quarto lungometraggio, The Personals. Per il Giappone sono presenti interviste all'imprescindibile Shinya Tsukamoto (si parla soprattutto di Tokyo Fist), a Sogo Ishii (il discorso si concentra su Angel Dust) e Wataru Hayakawa che ha esordito nel 1998 con 7/25. La parte più succosa spetta comunque ad Hong Kong che, oltre a una lunga intervista a un John Woo ormai stabilmente in America, dà l'opportunità di leggere le parole di Mabel Cheung e Alex Law, stretti collaboratori da sempre in veste di registi e sceneggiatori, e di due importanti attrici come Maggie Cheung e Michelle Yeoh.
Un libro interessante, fecondo e non banale.
Autore: Giona A. Nazzaro
Casa Editrice: GS Editrice
Anno: 2000
Prezzo: € 13.43
Pagine: 304
ISBN: 88-87374-41-4
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- Scritto da Matteo Di Giulio
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Se escludiamo John Woo è da denunciare la scarsa presenza di monografie che si interessino di un singolo autore e ne sviscerino la carriera: giunge come una boccata d'aria fresca, dunque, questo volume dedicato al regista Stanley Kwan. L'edizione del 2000 della Mostra Internazione del Nuovo Cinema di Pesaro ha dedicato al regista di Rouge una retrospettiva alla quale è seguita la pubblicazione di questo libro. Curato da Giovanni Spagnolesi, con l'aiuto di Alessandro Borri e Olaf Möller, Stanley Kwan - La via orientale al melodramma è una raccolta di saggi di diversi autori, ognuno ad affrontare un diverso tema: si parte con un discorso generale sul wenyi pian, ovverosia il melodramma cinese, e poi ci si tuffa nell'opera di Kwan. Il primo approccio avviene attraverso uno sguardo complessivo che permetta di estrapolare i temi cari all'autore (si veda per esempio il paragrafo L'identità sessuale e storica nel cinema di Stanley Kwan) oltre che di inquadrarne cronologicamente il fatturato artistico (come nel caso di Stanley Kwan e la seconda generazione della new wave). Un'ulteriore analisi si sofferma più compiutamente sulle pellicole che costituiscono la sua filmografia, in particolar modo sui due bellissimi Rouge e Center Stage. Chiudono degnamente un'intervista a cura di Möller e una biofilmografia a cura di Borri. Questo testo può tranquillamente essere considerato una pietra miliare tra le pubblicazioni italiane (e non solo) dedicate al cinema orientale: anzitutto per il prestigio, meritatissimo, delle firme presenti, che comprendono oltre ai critici già citati, Giona A. Nazzaro, Alberto Pezzotta, Stephen Teo, Bérénice Reynaud, Sam Ho e Jonathan Rosenbaum. La cui visione non può che dare spazio a ipotesi e teorie stimolanti, e anche nelle citazioni e nei continui rimandi (a volte un po' cerebrali) non c'è traccia di snobismi. Per fortuna, evitando concettualismi astratti inutili. l'approccio si rivela subito per la sua chiarezza e brilla per la voglia di affrontare temi non banali con spontaneità ed entusiasmo.
Autore: AA.VV. (a cura di Giovanni Spagnoletti)
Casa Editrice: Il Castoro
Anno: 2000
Prezzo: L. 28.000
Pagine: 152
ISBN: 88-8033-180-9
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- Scritto da Matteo Di Giulio
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Stefan Hammond è uno degli autori americani (ma attualmente vive ad Hong Kong) più assidui nello studio e nella divulgazione del cinema cantonese. Prima di questo volume era già stato co-responsabile di Sex and Zen & A Bullet in the Head, uno sguardo più divertito che criticamente affidabile sul cinema di Hong Kong più popolare e commerciale. Con Hollywood East (sottotitolo: Hong Kong movies and the people who make them) l'autore aggiusta il tiro, comprendendo nella sua analisi realtà moderne che meritano maggiore attenzione. Altrimenti non si spiegherebbe l'inclusione di un capitolo dedicato al lavoro della Milkyway di Johnnie To, accanto a parentesi più classiche che prendono in esame, tanto per rimanere su esempi stracitati, il lavoro di Jackie Chan, di Tsui Hark e John Woo. L'approccio rimane quello dell'appassionato, il che non costringe Hammond ad una scrittura acritica o a conclusioni banali: principalmente le suddivisioni sono per generi o per autori, ma la struttura stessa delle pagine è aperta a diverse discussioni contemporaneamente. La grafica aggressiva colpisce per la quantità degli argomenti illustrati, con un'esposizione assolutamente non lineare, impostazione che può essere stimolante ma anche confondere o infastidire. Rimanendo in tema di qualità, non si può che premiare il lavoro iconografico, ricco di copertine e di locandine, con una serie di pagine centrali patinate e a colori dedicate alle star preferite dell'autore. Se dal punto di vista contenutistico ci sarebbe da obiettare su qualche leggerezza, aiutano molto a vedere le cose dal punto di vista del relatore vari riquadri che compendiano con curiosità e divertissement - errori nei sottotitoli, approfondimenti sul vocabolario e sulla cultura cinese, classifiche dei migliori e dei peggiori film - la trattazione vera e propria. Al volume hanno collaborato, con contributi più o meno significativi, svariati co-autori (Wade Major, David Chute, Jude Poyer, Chuck Stephens, Jeremy Hansen, Dave Kehr, Bey Logan, Andy Klein, Karen Tarapata, Tim Youngs, Michael Helms, Ross Sit) di diversa provenienza culturale e geografica.
Autore: Stefan Hammond
Casa Editrice: Contemporary Books
Anno: 2000
Prezzo: US$ 14.95
Pagine: 284
ISBN: 0-8092-2581-6
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- Scritto da Matteo Di Giulio
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Il sottotitolo An insider's guide to the Hollywood of the East è esplicativo delle intenzioni degli autori nel redarre il volume. Hong Kong Babylon parte infatti fortissimo, con una breve introduzione cronologica del cinema di Hong Kong anteposta ad una serie di interviste più o meno lunghe ai protagonisti del cinema: da Jackie Chan a Ringo Lam, da Sylvia Chang a Leslie Cheung, la panoramica offerta è di assoluto valore, anche perché comprende oltre ai soliti nomi, personaggi meno noti. Sono spesso proprio questi ultimi ad ampliare la visione a trecentossessanta gradi, proponendo spunti meno percorsi dalle principali interpretazioni critiche. La seconda parte del volume, meno interessante, anche se di indubbia utilità per chi si avvicini al genere per la prima volta, comprende una serie di mini recensioni, spesso ridotte alla sola trama con un commento lapidario, che copre la cinematografia trattata dagli anni settanta ai giorni nostri. Chiude il libro una sezione affidata ai consigli di dodici critici (di assoluto rilievo, da Law Kar a Peggy Chiao passando per Tony Rains) che al di là della semplicità delle analisi, fattore inevitabile e dovuto al fatto di rivolgersi esplicitamente a un pubblico poco esperto, stimola per la possibilità di confronto con personalità che, nella maggior parte dei casi, criticamente lavorano ogni giorno a contatto con il cinema orientale. Il volume è molto corposo, con una lussuosa copertina cartonata, arricchito da poche ma preziose foto in bianco e nero, ed è scritto con stile chiaro e scorrevole, che invoglia comunque alla lettura. Offrendo la possibilità di leggere interviste altrimenti inedite Hong Kong Babylon sopperisce in buona misura alla mancanza di fonti che qui in Occidente sembra essere uno dei principali freni per chi voglia intraprendere un percorso simile, ancora prima della reperibilità dei film trattati.
Autore: Fredric Dannen, Barry Long
Casa Editrice: Miramax Books
Anno: 1997
Prezzo: US$ 18.95
Pagine: 436
ISBN: 0-7868-6267-X
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Il libro è suddiviso in diversi capitoli per ciascuna nazione. Si inizia con Giappone ed Hong Kong, le due industrie maggiormente trattate, che da sole occupano circa due terzi del volume, per poi passare ad esposizioni più brevi di Cina, Filippine, Indonesia e un capitolo cumulativo finale che riguarda Corea, Malesia, Tailandia e Taiwan. Ogni capitolo fa in primo luogo una ricognizione sulla storia della cinematografia fantastica locale dagli albori fino all'inizio dei '90. Poi si passa a delle recensioni articolate ed approfondite riguardanti una scelta dei migliori film o di quelli più significativi, per poi concludere con un esame (solo per Giappone e Hong Kong, però) delle figure chiave, siano essi attori/attrici o registi.
La parte sicuramente più consistente è quella storico-saggistica, e l'attenzione si concentra soprattutto nel fornire le basi storiografiche e culturali per permettere di avvicinarsi ai film con maggiore consapevolezza, evitando fraintendimenti o pregiudizi. Da questo punto di vista il libro è fondamentale per la quantità di fonti e di informazioni fornite, con una dose davvero impressionante di spunti per permettere a ciascuno di intraprendere la propria ricerca a seconda dei gusti e delle preferenze. Decisamente incompleta invece la scelta di film recensiti, ma d'altronde lo scopo, come giustamente annota Esposito nella premessa, non era fare un semplice elenco di centinaia di film, quanto di fornire un'introduzione esaustiva agli spettatori occidentali interessati ad allargare i propri orizzonti di visione.
Il volume è infine corredato da decine di foto (in bianco e nero), per la maggior parte anche piuttosto rare, sia dei protagonisti che direttamente dei film.
Autore: Riccardo Esposito, Max Della Mora, Massimo Monteleone
Casa Editrice: Granata Press
Anno: 1994
Prezzo: L. 40.000
Pagine: 320
ISBN: non presente