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Surreali, scurrili, grotteschi
Se la commedia cantonese è molte volte sopra le righe, tra virgolette e volutamente volgare, i suoi (anti)eroi non possono che essere profeti di una demenzialità altrettanto ruvida e scurrile. A simbolo di questo modo di riflettere potrebbe essere semplicisticamente eletto un regista come Wong Jing, che anche in qualità di attore non si nega mai doppi sensi e ambiguità assortite. Nat Chan non si è mai fatto problemi nel deteriorare la sua immagine, come nel succitato Ghostly Vixen. Se d'altronde il cattivo gusto è elemento portante di un certo tipo di umorismo, perché vergognarsene? Le sex comedies sono una realtà già a partire dalla fine degli anni sessanta3, e con l'allargarsi delle maglie censorie c'è in breve tempo spazio per ogni tipo di approccio, anche quelli più diretti e scorretti. Fino agli eccessi difficilmente superabili del soft-core degli ultimi anni: in Chinese Erotic Ghost Story il povero Ronald Wong, travestito ad hoc per sembrare un membro gigante nell'atto della copula, è costretto a simulare l'eiaculazione sputando un liquido biancastro, presumibilmente latte. Nel modesto Screwball '94 il sesso passa in primissimo piano, tra fellatio provocate, grandi quantità di sperma e metafore inequivocabili. Con l'esplosione commerciale del Cat. III si sono toccati vertici di sconcezza e abbiezione imperdonabili: involontari - si spera - alfieri di questa insistita componente erotico-onanistica sono attori, anche di valore, intrappolati in decine di prodotti tutti uguali, come Tsui Kam-kong (che almeno dispone di ironia sufficente per essere sempre simpatico), l'inossidabile Charles Cho (una delle filmografie più sterminate del cinema di Hong Kong), Lam Wai Kin, James Wong (di giorno affermato compositore, di notte porno-attore) o Shu Kei Wong. A fianco di questi che sono i casi più bassi c'è poi una serie non trascurabile di vignette grottesche che meritano senza ombra di dubbio maggiore attenzione. Si parte sempre dal Cat. III - gli sketch che spiazzano in Dr. Lamb e The Untold Story -, e si arriva dopo un lungo peregrinare ad autori illuminati come Chor Yuen, Jeff Lau o il suo figlio d'arte Jacky Pang. Ideali terminali di queste situazioni sono comici cerebrali, quasi intellettuali, come Billy Lau o Dayo Wong. Cresciuti allo stesso modo, tra frequentazioni televisive e palchi teatrali, si ritrovano al cinema con un'unica aspirazione, imprimere nelle proprie caratterizzazioni demenziali un marchio personale e riconoscibile. Il discorso può facilmente essere esteso a tanti altri nomi: Cheung Tat-ming, l'ermetico Tats Lau, il rumoroso Wyman Wong, Simon Loui, il più meditabondo Lawrence Cheng, Law Kar-ying4, il primo Francis Ng e l'Eric Tsang meno controllato. Anche se oggi questo modo d'agire pare in ribasso - solo Ronald Cheng, Chapman To, Eason Chan e l'ultimissimo Louis Koo hanno tentato un percorso simile - negli ultimi due decenni si sono visti risultati da tenere in considerazione. Valgono come manifesti programmatici low budget intelligenti quali F***/Off e Mr. Sardine - ma anche un giochino intertestuale e pre-autoriale come All the Wrong Clues (...for the Right Solution) -, tutti intrisi di (in)sano nonsense, cinismo e spirito caustico.
Brutte copie, spalle e clown tragici
La regola delle coppie impossibili prevede spesso un dualismo dispari, con un primattore e una spalla a dargli corda. Spesso quello della spalla è un compito ingrato, visto che al nome meno blasonato spetta il lavoro duro, costruire da zero la battuta, portarla a maturazione e far sì che il comico protagonista ne raccolga i frutti. Ma non è sempre così: sin dagli esordi Stephen Chiau lavora con Ng Man Tat, e dopo qualche anno di sintonizzazione, la coppia è maturata e si è affiatata a tal punto che il loro lavoro è ormai paritario. Il gioco non è più quindi di sfruttamento della manovalanza minoritaria, ma un duetto costante che permette alle due parti di agire sul medesimo piano. La pratica si è talmente affinata che ormai lo sviluppo comico della gag gode di un'apporto reciproco, con due modi differenti di concepire lo humour in perenne contrasto: da un lato le idiozie inventive di Chiau, cui fa da perfetto contraltare un Ng pacato e/o furioso, ma sempre con i piedi per terra, anche nelle situazioni più dementi e irreali. Ng è l'unica spalla storica che non sia stato schiacciata dal peso di Chiau, cui sono stati contrapposti tanti attori che alla lunga non hanno saputo (o voluto) reggerne il gioco: una piccola eccezione è l'istrionico Law Kar-ying, che si presta bene come macchietta per brevi apparizioni. In From Beijing with Love inventa un personaggio fulminante, una caricatura del Bond-iano G, un inventore folle e geniale che nel tentativo di assistere la spia in trasferta idea oggetti e marchingegni assolutamente inutili. Anche Eric Tsang è raramente protagonista; in genere si sposa (sempre bene, visto il grande talento) con amici (come Alan Tam, affiancato praticamente sempre agli esordi: da segnalare nell'ambito che ci interessa soprattutto Till Death Do We Scare, dove affronta con effetti tragici una sedia volante) e colleghi. Come caratterista è una delle colonne portanti della Cinema City: la sua comicità è fisica - è piccolo, grassoccio eppure agilissimo, quasi quanto un Sammo Hung - e al tempo stesso verbale, visto che la sua voce stridula è inconfondibile, così come certe espressioni al limite del dramma personale - i mezzi sorrisi, le ammissioni di impotenza, gli sguardi da cane bastonato - che colpiscono nel profondo. Lo stesso volto da clown triste spetta a Eric Kot, ancora da studiare vista la difficoltà di inquadrare e intepretare la sua comicità assolutamente contingente, che parte dai miti collettivi e li riprende fino allo sfinimento, con tattiche anche infantili e uno spirito tutto sommato post-moderno che rischia ogni volta l'irrancidimento e lo scadimento nella peggiore scatologia. E' probabilmente più efficace Ricky Hui, popolarissimo a partire dai successi con i fratelli e dall'esperienza al fianco di Lam Ching-ying (l'eterno sifu degli horror comici) di Mr. Vampire. Ma è John Woo per primo che ne mette in risalto l'espressione malinconica, facendo di lui una maschera socio-consapevole in cui il cittadino medio si riconosce facilmente, con umiltà. Come lui Lawrence Cheng, da ricordare soprattutto nell'intenso He Ain't Heavy, He's My Father!, melodrammatico genitore alle prese con una famiglia in cattive acque. Cheng, al pari di Hui, Kot o di Billy Lau, è portatore di un'ironia difficilmente intellegibile, sempre sul limite sottilissimo tra autorialità, intelligenza e deficienza: non è un caso che a Hong Kong siano stimati e in occidente a malapena ricordati e riconosciuti. Al contrario da noi godono di maggiore risalto le inevitabili brutte copie, cloni istantaneamente generati dall'industria abituata a serializzare e fotocopiare pur di speculare sui successi. Il succitato Kot in qualche occasione risulta insopportabile nelle vesti di Stephen Chiau, come in The Saints of Gamblers. Non poteva che essere Chiau il più imitato5, di solito con i peggiori risultati: se ne sono purtroppo accorti, tra i tanti a fallire nel tentativo, Dicky Cheung in The Black Panther Warriors, Aaron Kwok in Millionaire Cop, Andy Lau in Prince Charming, Eason Chan in If U Care....
Note:
3. Cfr. Ng Ho - Hong Kong Cinema's Animal Comedies' 1967-70, in Law Kar (a cura di) - The Restless Breed: Cantonese Stars of the Sixties (Hong Kong Urban Council, 1996 - pagg. 63-65).
4. Curiosamente questi è stato l'unico vero outsider comico di metà anni novanta, forte di un notevole consenso televisivo e della scarsità di reali oppositori, escluso il solito Stephen Chiau, che intelligentemente lo ha voluto al suo fianco, come spalla, in molti dei suoi ultimi film. In Boy's? di John Hau si ironizza sul fatto che in una società dove Law Kar-ying, non più giovane né prestante né piacente, assurga al ruolo di superstar il resto degli uomini sia per forza gay.
5. Caso strano, l'altro grande comico hongkonghese, Michael Hui è rimasto immune a questa discutibile pratica di plagi; però non lo sono stati i suoi film, saccheggiati ripetutamente, per struttura, temi e gag (non tanto quelle verbali, quanto quelle fisiche), soprattutto dalla Cinema City degli esordi: Money Crazy di Woo o la serie Aces Go Places non fanno che riproporre in chiave leggermente differente le stesse pulsioni e stereotipi già visti.