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Michelle Reis (Lee Ka Yan in cantonese - non a caso talvolta è segnalata come Michelle Lee) arriva sotto i riflettori nel 1988, a soli diciotto anni, partecipando a Miss Hong Kong e vincendo un concorso della TVB, Miss Chinese Pageant International. Dopo la pubblicità e la moda, il passo successivo è naturalmente il cinema. La sua stagione è inaugurata nel 1990 con, esclusa qualche commedia, A Chinese Ghost Story II - seguito della struggente e divertente saga di Ching Siu-Tung. A partire da questo esordio, la sua carriera può essere riassunta in due fasi apparentemente opposte.
Da un lato i film in costume, che la vedono spesso nelle parti della ragazza indifesa ma tenace, preda di sentimenti contrastanti. I due episodi di Fong Sai Yuk, in cui è costretta a risollevare le sorti sentimentali di un impacciato Jet Li o l'iperbolico Swordsman II, dove i ruoli s'invertono e interpreta l'allieva dello spadaccino Li (ma in questo caso la scena è incontestabilmente rubata dalle evoluzioni di Brigitte Lin). Il sottovalutato Zen of Sword, in cui è una principessa senza terra che si innamora del principe avversario, il farsesco Royal Tramp II o The Sword of Many Lovers di Poon Man-kit, dove è abbastanza insolitamente una strega ammaliatrice che cerca di sedurre lo spadaccino Leon Lai.
Dall'altro film a tema sentimentale d'autore o ad ambientazione moderna. Il delicato Flowers of Shanghai di Huo Hsiao-hsien e il complesso The Island Tales di Stanley Kwan - per citare forse i più intensi - o i meno pretenziosi ma pur sempre interessanti When I Fall in Love... with Both e Bakery Amour.
A fare da spartiacque Fallen Angels di Wong Kar-wai, quasi una rinascita per raggiungere nuove vette. Il regista plasma la figura di Michelle come nessun altro, facendone un'icona di muto dolore, sensualità disperata, vero angelo caduto e sperduto che domina sugli altri personaggi con disarmante semplicità.
Tutto considerato la spiegazione di questa bipartizione (che a un esame più attento non è altro che la doppia faccia di una stessa medaglia) non è molto difficile da ricavare, se si pensa che la sua presenza magnetica e soprattutto i suoi occhi indecifrabili riescono a calamitare invariabilmente l'attenzione - donando sensazioni a metà strada tra l'esotico (il padre è portoghese, la madre cinese) e il sensuale. Le eccezioni dopotutto sono poche, come nel caso del fantascientifico The Wicked City (uscito dalla factory di Tsui Hark e ispirato a un anime giapponese), in cui è quasi l'unica presenza femminile, nell'immancabile Young and Dangerous IV - sembra essere un dovere morale per qualsiasi star cantonese partecipare, fosse anche solo per un cameo, ad almeno un episodio della serie - o nell'action sensazionalistico Armageddon.
Versatile quanto basta per poter passare con noncuranza dalla commedia al drammatico, la sua figura rimane comunque sempre impressa per l'eleganza formale della recitazione - né urlata né nevrotica. I suoi gesti controllati e l'espressività quasi timida del volto riescono a far scattare il coinvolgimento emotivo dello spettatore, che quasi contro la sua volontà si ritrova rapito od estasiato (prova ne sia che senza di lei - o senza Tony Leung Chiu-wai, se è per questo - film come Healing Hearts sarebbero talmente indigesti da incitare al suicidio).
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Molto spesso le storie riguardanti personaggi passati all'improvviso dalla povertà alla notorietà sono incredibilmente esagerate. Si sa, una storia ben gestita attrae il pubblico, crea coinvolgimento emotivo e un modello da seguire o su cui sognare.
Non sembra però essere il caso di Sam Lee. Un giorno di qualche anno fa infatti Lee Chan-sam sta andando sullo skateboard, quando il regista Fruit Chan - passando di lì per caso - nota il suo look sfrontato e vagamente goffo e gli chiede se vuole partecipare al suo prossimo film. Caso più unico che raro, la sua carriera non parte quindi né dalla televisione, né dalla moda, né dalla musica. Come nelle migliori favole, un meccanico/elettricista squattrinato che non pensava per niente al mondo dello spettacolo si ritrova proiettato sotto le luci della ribalta. Made in Hong Kong lo vede così nei panni di protagonista. Un film a basso costo, una trama neanche troppo sviluppata ma una concezione di cinema non ancora doma, e soprattutto uno sviluppo coinvolgente dei personaggi, decretano il relativo successo della pellicola e di Fruit Chan. E Sam Lee è lì, a troneggiare su tutti gli altri, in questa parte in odore da anti-eroe (non a caso quell'anno vince il premio degli Hong Kong Film Awards come migliore promessa). Un giovane sperduto in una città più grande di lui. Un ruolo che si addice al suo volto da ragazzo tormentato e tranquillamente svitato, al suo fisico magro, quasi ossuto. Uno sguardo a metà strada tra l'irascibile e il dolce, e una espressività facciale degna di un mimo in acido. Non è assolutamente difficile per lui ritagliarsi un ruolo nell'industria hongkongese. Non stupisce allora che con il tempo inizi anche a cantare. A stupire è semmai la strada che risolutamente si sceglie. Anziché seguire l'onda del pop melodico e mieloso tanto in voga, entra come rapper in una band che fa crossover, i LMF (Lazy Mutha Fuckaz). Il successo naturalmente non arride al gruppo, ma la band si crea una discreta cerchia di cultori.
Adattabile a seconda delle necessità sia alla commedia che al dramma, Sam Lee viene sempre più spesso ricercato per ruoli di adolescenti o giovani irrequieti e proditoriamente fuori di testa. Esplicatorie in questo senso le pelliccole successive. In Bio Zombie, dell'allora nastro nascente Wilson Yip - sgangherata ma intelligente commedia orrorifica - fa da spalla ad uno scatenato Jordan Chan, standogli tranquillamente dietro in quanto a carisma. La sua è infatti una presenza che difficilmente passa inosservata. Tra lo sbruffone e il supponente, riesce a far sorridere praticamente qualsiasi cosa dica. Non diversamente in Beast Cops, in cui è una giovane recluta dai metodi sbrigativi, indistinguibile dalle triadi che si ritrova a combattere. Piccola curiosità per il fatto che il buffo casco da motociclista che indossa è un suo apporto al personaggio (ricordo di una sua vacanza a Londra). Con The Longest Summer ritorna a collaborare con Fruit Chan, cui deve la notorietà, in un ruolo più misurato. E' un giovane disilluso e inconcludente che non trova di meglio che seguire suo fratello maggiore in un colpo ad una banca. Anche se poi è probabilmente con Gen-X Cops, action giovanilistico di routine colmo di star in erba, che la sua fama ha modo di crescere. Come sempre accade ad Hong Kong, da qui in poi le pellicole si susseguono incessantemente. Non sempre come protagonista, anzi sempre più spesso in ruoli secondari, ma non per questo meno significativi, riesce a lasciare tracce di sé anche nelle pellicole più scadenti («E' difficile fare un buon film ad Hong Kong. La città è piena di affaristi che vogliono solo fare soldi. Soldi, soldi, soldi... è tutto quello a cui sanno pensare. Non gli importa nulla dei film», questo dichiarava a Cannes nel 1999). Il colpo successivo lo assesta comunque prendendo parte al serial del momento, quel Young and Dangerous che è diventato un modello per le nuove generazioni. Young and Dangerous: The Prequel lo vede nei panni di Chicken da giovane. Cosa non casuale, se si pensa che nella versione adulta Chicken è interpretato da Jordan Chan. C'è sempre meno spazio per l'indecisione, ed è anche una sua precisa volontà non rinchiudersi in un cliché per poi ritrovarsi a rifare all'infinito sempre lo stesso film. Alterna quindi pellicole più spensierate ad altre un po' più sostanziose (The Rules of the Game o Metada Fumaca, per citarne solo un paio in cui il fatto di essere solo una spalla non diventa un limite). E non rinuncia neanche a ruoli un po' più rischiosi, come in The Untold Story III - terza parte della serie ispirata a fatti di cronaca per la regia di Herman Yau - in cui fa parte della banda degli spietati ragazzini protagonisti.
Sam Lee può dunque anche essere un attore per caso, ma è stato probabilmente un bene che il destino lo abbia messo sulla strada di Fruit Chan.
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C'è un particolare che identifica subito Karen Mok e impedisce di dimenticarsene, un sorriso ampio e simpatico che ne illumina il volto. Dapprima cantante (ha composto le canzoni di molti dei film in cui ha recitato), Karen ha trovato nel cinema una seconda via artistica che la ha consacrata: pur non essendo una diva di quelle che mandano in visibilio il pubblico al primo sguardo, l'attrice, cresciuta tra Hong Kong e Europa (parla perfettamente italiano), ha saputo infatti ritagliarsi in breve tempo uno spazio importante nel panorama cinematografico dell'ex colonia britannica.
La sua attitudine non è quella della protagonista assoluta, piuttosto è portata per ruoli di spalla o di caratterista che le permettano di interagire con star di prima grandezza. Ideale come comple(ta)mento di attori di grande spessore, la Mok ha dimostrato di saper far valere in primo luogo le sue qualità recitative, ancor più che la sua bellezza. Proprio per questo motivo ha lavorato con registi importanti, come Derek Yee in Viva Erotica, buffa riflessione sul mondo dei softcore Cat. III, come Yim Ho in Kitchen, tratto dal bestseller di Banana Yoshimoto, e come Wong Kar-wai che in Fallen Angels le ha permesso di sprigionare la sua verve per dare maggiore seriosità al primo episodio della pellicola.
L'attrice non ci mette molto a farsi notare, tanto che è subito arruolata da Jeff Lau per affiancare Stephen Chiau nel mastodontico A Chinese Odyssey, e successivamente nell'altrettanto riuscito Out of the Dark. Il rapporto privilegiato con il comico continua proficuamente fino al recente Shaolin Soccer, in cui si presta per una deliziosa e rapida comparsata. In King of Comedy ottiene un ruolo delicato, quello dell'eroina di arti marziali che si innamora della sfigata comparsa interpretata da Chiau; in The God of Cookery è costretta a recitare sotto un pesante trucco per apparire brutta e con la faccia sfregiata (farà lo stesso, con meno risate, in The Irresistible Piggies).
Il talento comico di cui l'attrice dispone sta tutto nella capacità di non prendersi troppo sul serio e di fare dell'auto-ironia la propria cifra stilistica. Ciò non toglie che lei si trovi a suo agio anche in ruoli drammatici, come nel caso della poliziotta trascurata da un musicista troppo pieno di sé nello splendido Task Force di Patrick Leung, o come quando è costretta a formare con Gigi Leung e Takeshi Kaneshiro un tragico triangolo amoroso in Tempting Heart.
Ultimamente ha cominciato a diversificare le sue apparizioni, con una maggiore propensione per il cinema popolare. Il suo ruolo in Sexy and Dangerous, variante al femminile di Young and Dangerous, è il preludio al suo ingresso nella serie ufficiale ideata da Andrew Lau e Manfred Wong. Nel terzo episodio debutta come figlia del prete e subito dà filo da torcere all'istrionico Jordan Chan, con cui inizia a flirtare e insieme al quale scompare, a sorpresa, dopo la quarta pellicola.
Non affamata del successo a tutti i costi come molte colleghe, Karen riesce comunque a conquistare Andrew Lau, che la include in Best of the Best, e Daniel Lee, che ne sottolinea una certa goffaggine confrontandola con il super eroe Jet Li in Black Mask. Dopo un periodo in cui ha privilegiato la carriera musicale, Karen è stata richiamata dai produttori, che in lei vedono un possibile testimonial globalizzato del cinema del nuovo millennio. Dinamica, sprezzante, aggressiva, Karen Mok viene riciclata come eroina d'azione, pronta a tutto, capace di affrontare ogni situazione, statica o movimentata, senza problemi di sorta: questa mutazione d'immagine viene affrettata, in misura minore, da un film a basso costo come Roaring Wheels, e soprattutto da pellicole ambiziose quali Goodbye Mr. Cool e So Close.
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Chow Yun Fat è uno degli attori più importanti nel processo di transizione che ha svecchiato il cinema di Hong Kong e ne ha determinato la modernizzazione a partire dalla fine degli anni settanta. Chow si inserisce in questo discorso dapprima marginalmente, visto che trova poco spazio al cinema dopo i trascorsi televisivi (nel seguitissimo serial Shanghai Bund, ma non solo), per diventare successivamente addirittura il simbolo di un'intera cinematografia.
Gli inizi sono difficili, fatti di filmetti economici, di poco spessore, come il debutto Massage Girls o il poliziesco Hot Blood. L'attore non vede uno spiraglio fino all'incontro con la regista Ann Hui, allora nota solo per alcuni lavori televisivi molto crudi: la sintesi delle due esperienze produce The Story of Woo Viet, thriller grezzo su un emigrante costretto a mille compromessi. Dopo la buona prova, cui seguirà tre anni dopo un'altra collaborazione con la Hui - che avrebbe voluto Chow anche in Boat People, al posto di Andy Lau -, l'ambizioso mélo Love in a Fallen City, Chow inizia a essere ricercato dai registi della New Wave, probabilmente perché non ha ancora un nome e costa relativamente poco.
Ronny Yu sceglie l'attore a più riprese, prima per l'action populista The Postman Strikes Back, poi per un horror comico, The Occupant, variante ironica che inserisce Chow in un pericoloso triangolo di suicidi e fantasmi. Le frequentazione autoriali non finiscono qui: nell'accorato mélo The Last Affair ritrova la compagnia di set televisivi Carol Cheng; Leong Po Chih lo sceglie per Hong Kong 1941, serrato dibattito politico sull'invasione giapponese durante la seconda guerra mondiale; Stanley Kwan in Women gli costruisce addosso il ruolo di un poliziotto impiccione che si intrufola in un gruppo di amici. Dream Lovers di Tony Au è l'apice melodrammatico della carriera di Chow, una storia di reincarnazioni e amori impossibili.
Versatile, gigione, simaptico, l'attore viene spesso sfruttato in commedie corali, come The Eight Happiness, The Romancing Star o Fractured Follies, dove può scatenare la sua vena farsesca fatta di umorismo stralunato e di una recitazione molto fisica e dominare ogni situazione. Chor Yuen lo elegge a proprio alter ego nel delizioso Diary of a Big Man, storia di un bigamo che a furia di equivoci e menzogne viene preso in giro dalle due mogli. La furia comica di Chow lo porta a attualizzare, forse involontariamente, la carica demenziale di Michael Hui, resa moderna dall'atteggiamento aggressivo e sbruffone, oltre che dal suo buffo modo di sfruttare ogni appiglio per sbizzarrirsi, cantando, improvvisando, inventando, interagendo con oggetti e persone.
Nel 1986 John Woo lo sceglie per il ruolo di Mark Gor in A Better Tomorrow, il film che dovrebbe riscattare la fama di Ti Lung. Il successo è inatteso e finisce per lanciare nell'olimpo proprio Chow, che a sorpresa diventa l'icona del gangster spietato ma non insensibile: nel seguito la situazione si normalizza e l'eroe è più convenzionale, ma i toni epici sono calcati oltre misura e il divo, con gli occhiali da sole e lo spolverino, è il modello da imitare per i giovani cinesi di tutto il mondo. Con Woo il sodalizio produce opere importanti come il leggero Once a Thief o l'adrenalinico Hard Boiled, ma soprattutto The Killer. L'attore è ancora un gangster elegante che dopo aver acciecato per sbaglio una cantante, se ne prende cura a sua insaputa. Nel personaggio si riconoscono le pulsioni e l'intelligenza dell'autore, ma Chow, con il suo sguardo malinconico e distaccato contribuisce non poco ad elevare lo spessore, morale e fisico, dell'assassino del titolo.
Nonostante le apparenze è Ringo Lam, amico di Chow di lunga data, il regista che sa utilizzarne le doti recitative nel modo migliore: in Prison on Fire è un detenuto esperto che prende sotto l'ala protettiva il giovane Leung Ka-fai, ingiustamente incarcerato; in City on Fire estremizza i suoi personaggi neri, sporcando l'anima di un poliziotto infiltrato che si trova solo contro tutti; in Full Contact torna al vertice fascinoso dei personaggi di Woo e impersona un ladro tradito e ferito, insidiato da un pericoloso criminale. I film di Lam - non va dimenticato l'intenso Wild Search - mettono in luce dei protagonisti più sfumati e ricchi di contraddizioni: per Chow è la consacrazione definitiva.
Baciato dalla fortuna, il protagonista approfitta della sua posizione di prim'attore assoluto a Hong Kong. Inevitabilmente annega nel super lavoro, arrivando a girare anche più film contemporaneamente: si presta per comparsate in film non all'altezza del suo valore (The Peacock King), si abbassa a fare il cattivo (A Hearty Response), torna come eroe action duro e puro (City War, dove è nuovamente affiancato a Ti Lung; Tiger on the Beat), e se necessario sa spacciarsi per mafioso implacabile ma per una giusta causa (il dittico Rich and Famous / Tragic Hero, Flaming Brothers). Guarda caso è nelle circostanze meno stereotipate che dà il meglio di sé: tanto per citare un titolo è impagabile nella sua interpretazione preferita, An Autumn's Tale, pregevole mélo al fianco di Cherie Chung (attrice con cui condivide spesso le scene).
Prima di emigrare a Hollywood, dove diventa l'immagine di se stesso in un paio di action movies piatti che copiano solo gli aspetti spettacolari delle pellicole di Hong Kong senza comprenderne il senso (è più il caso dei vacui Costretti ad uccidere e Il monaco che del non disprezzabile The Corruptor - Indagine a Chinatown), Chow fa in tempo a indovinare altri tre ruoli: in Peace Hotel, decadente western prodotto da Woo e diretto da Wai Ka-fai; in Treasure Hunt, riuscita combinazione di diversi generi (poliziesco, thriller, commedia, mélo), al fianco di Wu Chien-lien; in All About Ah Long, dove è un padre che lotta con la ex moglie per ottenere la custodia del figlioletto (finale tragico, strappalacrime, e una pioggia di premi in patria). Stupisce, ma non troppo visto che si tratta di una co-produzione internazionale ad altissimo budget, l'approdo al wuxiapian con Crouching Tiger, Hidden Dragon, prima incursione nel genere. Al di là della consacrazione di pubblico e critica (all'estero, visto che a Hong Kong la pellicola non ha destato entusiasmi), il film non è troppo diverso da tanti altri prodotti realizzati in passato, anzi ne ricicla gli stilemi quasi a voler riassumere, con garbo e con rispetto, un'intera esperienza.
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- Scritto da Matteo Di Giulio
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Tra gli attori della nuova generazione Nicholas Tse - poco più che ventenne - è il deputato principale per il posto di Andy Lau, di cui condivide la stessa anima di eroe maledetto, bello e dannato. Figlio d'arte - il padre è Patrick Tse, star degli anni '60 -, Nicholas muove i primi passi nel mondo dello spettacolo come cantante e subito raggiunge una grande popolarità. Il volto pulito, unito a un carattere estroso e sfrontato aiuta il cantante ad approdare al cinema. Il debutto è niente di meno che al posto di Ekin Cheng, nell'escursione nel passato del carismatico Chan Ho-nam in Young and Dangerous: The Prequel.
Migliore scelta non si poteva fare: Tse dimostra subito di avere a disposizione il talento grezzo dell'attore di strada. La fierezza e il coraggio, ancora in erba, che contrassegnano il leader delle triadi, ben si sposano alla sua indole da ribelle di buon cuore. Tse ritrova due compagni di set - Stephen Fung e Sam Lee - nel cast dello strombazzato Gen-X Cops, blockbuster globalizzato progettato a tavolino da Jackie Chan e dalla Media Asia. L'operazione ha successo, anche se l'unico vero merito del regista Benny Chan è il non frenare la verve delle sue piccole stelle. Tse, coadiuvato dai due compagni e da Grace Yip, si muove bene anche in un contesto carico di azione, offrendo al suo carattere sguardi intensi e poche parole. Nasce sul set l'amicizia con Stephen Fung, tanto che i due faranno coppia fissa in numerose pellicole.
Dopo la prima collaborazione Andrew Lau si dichiara suo estimatore e lo mette a capo del pasticciato A Man Called Hero, western postmoderno con intense spruzzate digitali e un improbabile duello finale sulla Statua della Libertà. Con Metade Fumaca di Riley Yip, costruito sull'antitesi di una coppia improbabile, dove al giovane e idealista Tse si affianca il maturo Eric Tsang, avviene il primo salto di qualità. Nicholas emerge gradualmente dimostrando che nel giusto contesto - un melodramma fatto di sentimenti e ricordi - la sua relativa inesperienza può essere un fattore trainante. L'attore non annega nel super lavoro, sceglie anche piccoli ruoli purché significativi, come in Twelve Nights di Aubrey Lam o in Comic King di O Sing-pui.
Chiamato alla corte di Tsui Hark, Tse solidifica la sua posizione prima grazie all'hardboiled vecchio stile Time and Tide, dove l'incoerenza generale non gli impedisce di ritagliarsi un bel ruolo, e poi nell'incrocio tra cartoon e live action di Master Q 2001, diretto da Herman Yau. Accanto alla carriera di attore continua quella nel mondo della musica, dove il suo stile sussurrato, da studiato crooner, non si discosta troppo dalla tradizione più romantica del cantopop, nonostante le basi rockeggianti con chitarre distorte e ritmi intensi. E' del 2001 - dopo due prove oneste (2002 e Tiramisu), che ne consolidano l'appeal ma non gli permettono di aggiungere granché al suo repertorio di eroe maledetto - il debutto come regista, in un film a episodi a basso costo, Heroes in Love, dove con l'aiuto del solito Stephen Fung (co-regista e co-sceneggiatore) mette in piedi un quadretto di ordinaria follia, My Beloved, che ironizza sul noir hongkonghese e guarda esplicitamente alla lezione di Wong Kar-wai per certe scelte cromatiche e per la colonna sonora.
Un incidente di percorso improvviso scandalizza i benpensanti e, confermandone in un certo senso una maturità personale messa a dura prova dallo stress artistico, ne blocca la carriera. Uno scandalo giudiziario - un sinistro automobilistico che sfocia nel reato di inquinamento delle indagini - costringe infatti Tse a un ritiro volontario di un anno dal mondo dello spettacolo. Scontato l'esilio, Tse deve ricostruirsi una nuova credibilità: si impegna soprattutto in campo musicale, riprendendo ad esibirsi dal vivo e licenziando un nuovo disco. Solo successivamente torna su grande schermo, facendo attendere molto più del previsto i suoi ammiratori ma ripagandoli, in Jade Goddess of Mercy di Ann Hui, con un'interpretazione intensa e coinvolgente.
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Terzo dei fratelli Hui, Samuel - spesso e volentieri abbreviato in Sam - dei tre è quello dal fisico più prestante. Arrivato al cinema dopo la gavetta in televisione, ma soprattutto in forza di una carriera di cantante che lo ha visto per tutti gli anni settanta e ottanta tra le primissime posizioni delle chart asiatiche, Hui comincia in film trascurabili basati esclusivamente sul suo personaggio. E' con Games Gamblers Play che arriva la svolta. Con i fratelli Michael e Ricky ricostituisce al cinema il trio indissolubile che aveva fatto faville in televisione. Il gioco funziona benissimo perché i tre anche su grande schermo lavorano uno contro l'altro, completandosi in antitesi. Se Michael è il capetto sbruffone e prepotente che vede puntualmente ridimensionate le sue ambizioni e Ricky la maschera tragicomica che subisce in silenzio, Sam è l'eroe che parte umilmente ma dimostra con abilità la validità delle sue doti nascoste. Fa eccezione il solo The Last Message, dove il nostro è un infermiere senza scrupoli meno onesto del solito.
Atletico e belloccio, Sam si contrappone ai fratelli anche per la fisicità della recitazione, non priva di elementi ironici fatti di smorfie e galanterie fuori luogo. Del terzetto costituisce il lato romantico e quello atletico-combattente: giocoso emulo di Bruce Lee, è abile nelle arti marziali che adopera con successo e al tempo stesso senza prendersi sul serio (alla maniera del nostro Terence Hill, per esempio). La sua fortuna aumenta anche in virtù delle colonne sonore, da lui composte e cantate, indimenticabili inni popolari, come nel caso di The Private Eyes. Gradualmente Samuel acquista peso all'interno del processo produttivo dei film diretti e interpretati da Michael: scrive le musiche, collabora attivamente alla stesura di soggetti e sceneggiatura.
Stanco di essere considerato solo un'ombra del geniale comico, che non sembra vedere di buon'occhio l'ascesa del fratello, a sorpresa Sam decide di intraprendere una carriera solista sotto l'egida della Cinema City. E' una scelta che gli riserverà molte soddisfazioni. Il suo modo di porsi non varia molto nella serie Aces Go Places, stratosferisco successo ai botteghini, dove è un ladro abilissimo costretto ad agire in coppia con un poliziotto ottuso ma sincero. La coppia con il produttore Karl Maka ancora una volta rappresenta il tema dell'amicizia pak dong, diffidenza che si trasforma lentamente in stima e affetto. Il ladro King Kong, protagonista anche dei quattro seguiti, è il termometro di una società in evoluzione socio-economica, che vuole vedere effetti speciali (visibilmente di basso livello) e azione con il lieto fine a suggellare la felicità generale.
The Legend of the Wisely è la trasposizione di un personaggio molto noto a Hong Kong, un avventuriero clone di Indiana Jones. Il progetto è ambizioso e il risultato accettabile. In Swordsman è lo spadaccino ridente della novella di Louis Cha: il film soffre delle diverse mani che vi lavorano dopo la defezione di King Hu, ma non per questo è privo di fascino. Quasi fatale all'attore è il set di The Dragon from Russia, tratto dal popolare manga Crying Freeman, visto che l'altitudine delle montagne del Nepal provoca un edema cerebrale che ne mette in pericolo la vita. Fortunatamente ripresosi, anche se a seguito di una lunga e difficile degenza, Sam Hui ha deciso di rallentare i ritmi.
Poco prima dell'infortunio riesce a riconciliarsi con i fratelli e a riportare in auge lo storico trio ammazza-incassi: Chicken and Duck Talk e Front Page sono l'ennesimo grande successo di una carriera vissuta sempre ai vertici. Di recente Sam ha preferito dedicarsi alla musica, limitando le incursioni cinematografiche a poche rare occasioni. E' chiamato da Karl Maka e Raymond Wong nel tentativo vano di riportare in vita la commedia d'oro della Cinema City con Winner Takes All, ma il flop al box office provoca solo delusioni.
Con Fantasia, inno alla vitalità dell'opera omnia dei fratelli Hui, Wai Ka-fai dimostra grande rispetto nei confronti di Sam, i cui panni sono impersonati, omaggio doveroso, da un Louis Koo brillante e perfettamente a suo agio: e mentre la copia si dà da fare sotto gli occhi del pubblico, l'originale compone ancora una volta un meraviglioso sottofondo sonoro con cui accompagnarne le gesta da campione.