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Attore istintivo e dalla faccia simpatica, Lam Suet deve quasi tutto a Johnnie To. Che gli ha permesso di partecipare a un gran numero di pellicole prodotte dalla Milkyway e di affermarsi come caratterista. Lam debutta relativamente tardi, con Handsome Siblings. Il connubio con To e Wai Ka-fai (l'altra metà della Milkyway) comincia con un breve ruolo in Intruder e prosegue grazie a The Odd One Dies, Lifeline e A Hero Never Dies. Poche le inquadrature, ancor meno le battute, ma quello di Lam è un viso che si ricorda facilmente: gote paffute, un paio di baffetti accennati e carnagione olivastra. Comincia a ritagliarsi ruoli più importanti a partire da Expect the Unexpected di Patrick Yau (è il ladro catturato da Lau Ching-wan sull'ascensore) e Where a Good Man Goes (lo sbirro canaglia che tormenta l'ex galeotto Lau Ching-wan), ma solo con The Mission vede crescere in maniera significativa minutaggio e importanza. Il suo personaggio, un trafficante d'armi che mangia continuamente pistacchi, è un'icona in un noir che preferisce il gruppo al singolo.
A partire da Fist Power di Aman Chang inizia a frequentare anche altri lidi, pur rimanendo fedele nel rispondere ad ogni chiamata del mentore To, con cui rimane in ottimi rapporti (e al cui fianco, insieme a Hui Siu-hung, continua a lavorare anche dopo il passaggio del regista alla commedia). Compare per puro presenzialismo in un paio di trascurabili horror a basso budget (Resort Massacre, Twilight Garden) e solo con The Blood Rules dell'ex montatore Marco Mak torna ad avere un ruolo da co-protagonista. Ancora un killer, ancora parte di un gruppo inossidabile che dopo un errore va allo sbando: in più stavolta ci sono una sottotrama romantica (lui è innamorato, non corrisposto, della collega Suki Kwan) e una vendetta da portare a termine.
Al contrario di quanto le circostanze farebbero sospettare, non aspira a diventare il nuovo Tsui Kam-kong, limitandosi a poche comparsate nel Cat. III. La più spiritosa di queste è in Electrical Girl dove finisce raggirato dalla bellona di turno Sophie Ngan. Nel demenziale You Shoot, I Shoot accetta l'auto-parodia. Passa alla commedia - già frequentata per la verità in Help!!! con risultati non memorabili - firmata da James Yuen, prendendo parte a Every Dog Has His Date.
Interprete dalla cui recitazione molto fisica ma capace di adattarsi ad un numero discreto di situazioni, Lam Suet rappresenta il volto meno noto del cinema di Hong Kong: quello che si accontenta di un ruolo di secondo piano e il cui nome difficilmente viene ricordato dal grande pubblico. Non a caso mette insieme in pochi anni una filmografia sterminata. La sua umiltà è ripagata dal solito Johnnie To, che in PTU gli affida il ruolo cardine dell'ispettore che, perdendo la pistola, dà il via a una notte di passione in una Hong Kong deserta e oscura.
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Cecilia Cheung è una delle stelle potenzialmente più luminose dell'intero panorama asiatico. Molto giovane, conosce il primo successo grazie ad uno spot pubblicitario, che le frutta diversi ingaggi come modella: piace molto al pubblico giovane il suo viso acqua e sapone, e la ricompensa sono numerosi premi a diversi concorsi di bellezza. Nel 1999 il grande salto al cinema, grazie a Stephen Chiau, che le offre un ruolo importante in King of Comedy. La neo-attrice risponde in maniera splendida, con un'interpretazione che alterna momenti buffi ad altri più melodrammatici, tanto che riesce a rubare letteralmente la scena alla più esperta Karen Mok. Attirata anche dal mondo della musica, prima come interprete di video-clip (è Julian Cheung a lanciarla definitivamente) poi come cantante (dove non si discosta molto dalla media del canto-pop), la Cheung nel giro di un anno si conferma come donna di spettacolo di primissima grandezza.
L'ex direttore della fotografia Jingle Ma la elegge a propria musa, ritagliandole un ruolo nella maggior parte dei propri film, senza però offrirle la possibilità di far vedere ciò di cui è davvero capace: nel brutto Fly Me to Polaris la affianca alla popstar Richie Ren e si limita a farla piangere dall'inizio alla fine; in Tokyo Raiders ne sfrutta male le doti relegandola in secondo piano; in Para Para Sakura ne saggia le capacità artistica facendola ballare e cantare con Aaron Kwok. Va un po' meglio con Andrew Lau, che la include in The Legend of Speed, ma in generale le parti che le vengono offerte non paiono troppo stimolanti. Ragazza della porta accanto (Everyday Is Valentine di Wong Jing, dove si innamora di Leon Lai), fidanzata ideale (nell'orribile pasticcio hi-tech Master Q 2001 di Herman Yau), crocerossina dal cuore d'oro (Help!!! di Johnnie To e Wai Ka-fai), Cecilia non vede grandi prospettive, almeno fino a Twelve Nights di Aubrey Lam, interessante tentativo di aggiornare il mélo intellettuale ai trend giovanili.
The Legend of Zu è il debutto nel cinema d'azione a base di digitale e grandi aspettative, ma il film di Tsui Hark è troppo legato agli effetti speciali e Cecilia, come quasi tutti gli attori, risulta un corpo estraneo. Ottima imprenditrice della sua immagine, la Cheung riesce a dividersi con grande intelligenza tra i diversi palcoscenici: una linea di abbigliamento, serate televisive, sfilate di moda, una serie di concerti e set cinematografici. Il suo nome arriva fino in Corea del Sud, dove viene invitata a partecipare all'accorato Failan, mélo locale che ha riscosso un buon successo di pubblico in tutto il Sud Est asiatico. In patria bissa con Wu Yen, farsa in costume dove condivide il set con le più affermate Anita Mui e Sammi Cheng. Tra un impegno e l'altro trova il tempo di omaggiare il suo scopritore Chiau comparendo per un breve cammeo, in abiti sportivi, in Shaolin Soccer.
Durante un galà di beneficenza l'attrice esce gravemente ferita da uno stunt riuscito male: la macchina dove era alloggiata si schianta al suolo dopo un lungo volo (avrebbe dovuto saltare cinque macchine e atterrare senza problemi). Dopo un lungo periodo di inattività torna alla ribaltà impegnandosi su diversi fronti contemporaneamente. In Cat and Mouse fatica a stare al passo di Andy Lau, che nella finzione è un messo imperiale incaricato di darle la caccia. Ritrova Ekin Cheng nel sorprendente Second Time Around, mélo-action-fantasy a base di viaggi temporali, paradossi e equivoci.
Riacquistato il posto di sua spettanza all'interno dello star system, l'attrice non si concede più soste, e a dispetto di una filmografia qualitativamente in calando riesce a imbroccare i copioni giusti al momento opportuno. E' una peccaminosa approfittatrice in Honesty di Wong Jing, molto più simpatico del previsto, ancora al fianco di Richie Ren; una bruttona trasformatasi in sexy predatrice in Sex and the Beauties; poliziotta alle prese con il destino e uno spogliarellista nel curioso mix di buddhismo e macabro grandguignolesco Running On Karma.
Ma è soprattutto, nell'intenso Lost in Time, una giovane vedova che, perso il compagno in un incidente stradale, si rimbocca le maniche e ne accudisce il pargolo neo-orfano. Il salto di livello è evidente, tanto che arrivano in un colpo solo diverse nomination e un Hong Kong Film Award come migliore attrice protagonista. A testimoniare che la ragazzina immatura è finalmente diventata una donna sagace, competente e consapevole dei propri mezzi.
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Diplomatasi presso l'Hong Kong Academy of Performing Arts, la giovanissima Athena Chu si affaccia al mondo dello spettacolo come spalla di Stephen Chiau, allora conduttore di Space Shuttle 430, un programma televisivo dedicato agli spettatori più piccoli. E' lo stesso Chiau che la aiuta ad arrivare al cinema, volendola al suo fianco in Fight Back to School II, seguito del grande successo dell'anno precedente diretto da Gordon Chan.
Viso carino, fisico minuto, un sorriso che risplende, bellezza acqua e sapone fanno di Athena una possibile erede di Wu Chien-lien nel ruolo della ragazza della porta accanto. Gli inizi cinematografici rispettano il cliché: in Tom, Dick and Hairy di Lee Chi-ngai e Peter Chan è la maliziosa sorella minore di Tony Leung Chiu-wai, insidiata dal playboy Tony Leung Ka-fai. Ancora Stephen Chiau consiglia bene il regista Jeff Lau e le fa offrire una seconda grande occasione, issandola come protagonista assoluta sul palcoscenico della seconda parte di A Chinese Odyssey. La risposta dell'attrice è molto buona, grazie ad una recitazione misurata nelle situazioni melodrammatiche e alla capacità di giocare con l'ironia quando occorre. Fino a Ah Fai, the Dumb di Derek Chiu pochi i film di rilievo, più che altro la possibilità di presenziare e di costruirsi credibilità e popolarità.
Nel 1996, pressata dal suo agente, debutta come cantante: non arriva il successo sperato, soprattutto a Hong Kong, ma Athena riesce a ritagliarsi un discreto seguito di pubblico in Malesia e a Singapore, per la cui televisione incomincia a girare soap operas di grande riscontro. Di rimando la sua immagine ne esce rafforzata anche a Hong Kong, tanto che in un sondaggio recente viene eletta tra le più amate dal pubblico asiatico. Il colpo di grazia glielo offre Wong Jing, in cerca di un bel viso da affiancare a Andy Lau e Nick Cheung nell'ennesimo action movie sui giocatori d'azzardo, The Conman: gli incassi sono lusinghieri e ne sortisce una trilogia, il cui ultimo episodio, Conman in Tokyo vede ancora la Chu tra i protagonisti.
Parallelamente agli impegni al cinema continuano l'attività in televisione e i concerti, sempre più frequenti, che assorbono gran parte del tempo dell'interprete, che avanza di grado nella gerarchia dello show business. Nei sogni di tanti fan il sogno malcelato è vedere l'immagine da brava ragazza sporcarsi per offrire qualche brivido caldo in più: la Chu riesce a farlo con intelligenza e senza rovinarsi la reputazione. Decide di impersonare una procace donna poliziotto in Raped by an Angel II: The Uniform Fan, memorabile soprattutto per i suoi duetti verbali al fulmicotone con Francis Ng. Il suo personaggio ha tanto successo da tornare a furore di popolo nel quarto episodio della serie tra le proteste delle forze di polizia che non vedono di buon occhio la succinta divisa con cui l'attrice si esibisce e per la gioia degli sponsor personali dell'attrice, che per qualche mese monopolizza le copertine delle riviste di costume.
Forte del successo Athena diversifica le sue partecipazioni: è nel cast del modesto Horoscope 1: The Voice from Hell; figura purtroppo nell'orribile thriller Take Five; si presta a fare tappezzeria in Tricky King. Tra i progetti di rilievo l'impegno cristiano profuso per rendere più digeribile il dramma The Boss Up There, la joie de vivre che esplode nel sottovalutato triangolo di Remember M, Remember E, piacevole divertissement giovanilista, e la finta scorrettezza del recente Sex and the Beauties, dove è oscurata dal carisma delle altre colleghe in gioco. Quasi per gioco Clarence Ford la mette alla prova in The H.K. Triad, proponendola come dark lady infida e misteriosa: l'esperimento funziona e Athena, metamorfica e sensuale, stupisce tutti, dando sfogo al suo repertorio di malizia e bellezza, conquistando la platea ancor prima dei due bravissimi protagonisti maschili Lau Ching-wan e Francis Ng.
Sulla sua effettiva bravura come interprete (e come cantante) non è consigliabile scommettere troppo, soprattutto quando Athena ha sulle spalle l'intero peso di una pellicola e non è supportata da un regista in grado di guidarne le non poche incertezze. In simili circostanze l'attrice finisce per diventare una macchietta dell'immagine da lovely girl che si è creata: è insopportabile nella commedia romantica Love Correction di Marco Mak, dove offre solo un vasto repertorio di smorfie e ammiccamenti, a seconda dell'aria che tira. Ma se la situazione lo richiede dimostra di possedere un'ironia fuori dal comune e una gran dose di coraggio, come in The Love and Sex in the Eastern Hollywood, discutibile tentativo di unire cinema e gossip e di portare sullo schermo i panni sporchi di alcune star hongkonghesi.
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Stephen Chiau nasce a Shangai nel 1962 e come tanti altri della sua generazione entra nel mondo dello spettacolo grazie a un corso per attori indetto dalla TVB, dove incomincia la carriera artistica conducendo per quattro anni un programma per ragazzi, Space Shuttle 430. Il passaggio alla fiction televisiva è il preludio a quello cinematografico, dove Chiau approda nel 1988 con Final Justice, un poliziesco di routine che gli vale un Golden Horse a Taiwan come miglior attore non protagonista e due nomination agli Hong Kong Film Awards. Continua sulla stessa strada con Just Heroes, unico incontro con John Woo, e Curry and Pepper, dove comincia a sviluppare la sua vena comica: il film di Blacky Ko, altamente spettacolare, propone una coppia di sbirri male assortita (l'altro è Jacky Cheung) stile Arma letale.
All for the Winner arriva all'improvviso, dopo una serie di commedie valide ma snobbate dal grande pubblico (Love Is Love, When Fortune Smiles), e spazza via ogni precedente, stabilendo un nuovo record di incassi a Hong Kong. Diretto da Jeff Lau e Corey Yuen, il film è una parodia sgangherata del mega hit God of Gamblers. Le gag proposte sono deliranti - Chiau è un immigrato cinese dotato di poteri sovrannaturali - e ritornano in God of Gamblers II e God of Gamblers III: Back to Shanghai, entrambi di Wong Jing, che ne confermano l'appeal commerciale. Wong lo dirigerà ancora numerose volte, portandone allo scoperto il grandissimo talento e consolidando la sua posizione al box office: il segreto è estremizzare la grande capacità di far ridere di Chiau, basandosi principalmente sul suo particolare stile, ribattezzato in patria moleitau (letteralmente nonsense: una dialettica senza senso in grado di rimbecillire chiunque) e inserendo una componente scatologica e di cattivo gusto senza troppi pudori (in Sixty Million Dollar Man, personalissima reinterpretazione cantonese di The Mask, c'e la parodia dell'iniezione di adrenalina di Pulp Fiction, solo che invece nel cuore l'ago finisce nei testicoli del protagonista).
Il pubblico apprezza in special modo quando Chiau li prende in giro travestendosi da popolano sciocco e ingenuo che può sfruttare qualche particolare dote per dominare le situazioni. In Tricky Brains è un dispettoso re degli scherzi contrapposto al malcapitato Andy Lau; in Fight Back to School, con due seguiti, veste i panni di un poliziotto costretto a tornare a scuola per smascherare i responsabili di un pericoloso traffico d'armi; in My Hero è un cameriere fissato con i fumetti e convinto di poter diventare un super eroe. Palesando questa reiterazione interpretativa che lo vede come eroe del popolo, Chiau paga, appena può, il suo personale tributo a Bruce Lee, come nel programmatico Fist of Fury 1991, dove è il solito mainlander sprovveduto, stavolta in possesso di un pugno micidiale, o come in Love on Delivery, dove è costretto a farsi insegnare il kung fu dalla inossidabile spalla Ng Man Tat. Il sodalizio con Ng è di lunga durata e si affina con il tempo: i due diventano inseparabili, e da soli rendono molto meno che in coppia, quando possono sostenersi a vicenda per lo più inscenando rapporti assurdamente patriarcali.
Il suo spirito satirico non risparmia niente e nessuno, nemmeno i simboli storicamente consolidati delle cultura e della tradizione: in The Flirting Scholar bersaglio del comico è il famoso poeta Tang Bohu; in Hail the Judge e Justice, My Foot! prende di mira l'intero sistema giudiziario antico. Chiau regge bene il costume e può permettersi incursioni nel passato che sbeffeggiano il wuxiapian (il dittico Royal Tramp, il divertentissimo Forbidden City Cop) e il gongfupian (King of Beggars). Il monumentale A Chinese Odyssey, diviso in due parti, è una rivisitazione molto libera del grande classico Il viaggio in Occidente ed è uno dei punti più alti della carriera di Chiau e del regista Jeff Lau. Con quest'ultimo il comico si trova benissimo: Lau è regista in totale sintonia con lo spirito anarcoide dell'attore (che nell'horror Out of the Dark è un ghostbuster di nome Leon che gira con una piantina come nel film di Luc Besson). La possibilità di trasporre nel passato la satira permette grandi libertà e un'azione che opera sui contrasti e rimanda, ironicamente, alla modernità del presente.
Insieme a Lau gli altri due mentori sono sicuramente Wong Jing e Lee Lik-chi, grazie al quale avviene l'ultima e definitiva maturazione, cominciata a partire dal divertentissimo From Beijing with Love, scatenata parodia dei film di James Bond. La pellicola segna il debutto di Chiau alla regia, a quattro mani con Lee, così come i successivi The God of Cookery, The Lucky Guy e King of Comedy. La vena isterica di Chiau si fa più controllata e il nonsense diventa parte di uno stile personale (anche se l'attore non perde la sua parlantina graffiante e eccessiva). Criteri e personaggi rimangono gli stessi (in The God of Cookery impersona il re dei tagliolini in scatola spodestato da un discepolo), ma emerge un messaggio educativo e sociale che si delinea nel riscatto del debole e dell'oppresso: dopo tante traversie l'arrogante magnate scopre l'amore e il duro lavoro e si riprende lo scettro perduto.
King of Comedy è il vertice assoluto di questo stile: una comparsa sfigata che vuole sfondare al cinema è costretta quotidianamente ad affrontare le difficoltà della realtà, impersonate da un poliziotto infiltrato e prepotente (ancora Ng Man Tat), una diva di primo grado (Karen Mok, spesso accanto al comico e tra le poche attrici, insieme a Anita Yuen, a non subirne il carisma) e una giovane hostess girl (la debuttante Cecilia Cheung). Il recente Shaolin Soccer, prima regia in solitaria, testimonia l'incontro con la grafica digitale, che permette a una squadra di calcio formata da monaci Shaolin di vincere il campionato nazionale. Un aggiornamente tecnologico necessario che dimostra come Chiau non solo sappia rimanere al passo con i tempi, ma addirittura sia in grado di precorrere le mode e di lanciarne di nuove. Non a caso il film, che tutt'ora detiene il record di incassi a Hong Kong, ha fatto il giro del mondo, occidente compreso, incassando molto bene.
Questa crescita narrativa e contenutistica non esclude i vecchi duetti comici e non preclude sketch di basso livello, anche se il linguaggio utlizzato è ormai una perfetta commistione di elementi diversi che fanno di Chiau un clown a volte triste, a volte incontenibile. Il messaggio è universale e arriva a tutti, anche a quel pubblico occidentale che fino a poco tempo fa considerava incomprensibile lo stile arruffato del comico e stentava a capirne pulsioni e dialettica. A dimostrazione di ciò è l'interesse di Jim Carrey, attore americano la cui fisicità ricorda a tratti quella di Chiau, per The God of Cookery, di cui ha annunciato di voler interpretare il remake.
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Nato nel 1967, Ekin Cheng - conosciuto prima come Noodle Cheng e poi come Dior Cheng - è una delle ultime stelle emerse nel panorama cantonese. Nemmeno ventenne - era ancora sui banchi di scuola - è notato dai promoter pubblicitari che lo convincono a girare numerosi spot. Partecipa al New Talent Singing Contest del 1987, arriva in finale ma non vince, e, deluso, rinuncia alla carriera discografica (che riprenderà con discreto successo dopo la fama ottenuta al cinema). Partecipa quindi a un corso di arti marziali organizzato dall'emittente televisiva TVB, dove impara i rudimenti della recitazione. Dopo un breve apprendistato sul piccolo schermo debutta al cinema con Girls without Tomorrow nel 1992.
Presenzia in film trascurabili - tutti patrocinati da Wong Jing, come Future Cops, in cui fa il cattivo -, quindi arriva il primo ruolo importante, il criminale tradito di Return to a Better Tomorrow di Wong Jing, un noir di grande effetto. Visto a posteriori, il boss cui presta il volto Ekin non è che l'anticipazione del personaggio che all'attore regalerà il vero successo. Andrew Lau, che ha già diretto Cheng in Mean Streets Story (con Wu Chien-lien e Eric Kot), lo ripropone nel ruolo del capobanda Chan Ho Nam in Young and Dangerous. In breve la pellicola incassa oltre ogni previsione, lanciando una moda e diventando prototipo di un genere, quello dei giovani sbandati dal background travagliato che si aggregano alle triadi per cercare una via d'uscita alla propria condizione sociale. Capeggiati dal coraggioso Ekin Cheng, tutti gli attori coinvolti nel progetto diventano star. In meno di cinque anni vengono messi in cantiere sei seguiti ufficiali, e in tutti il ruolo di primo attore spetta a Cheng. Il cui nome sul cartellone ormai garantisce incassi e affidabilità.
Slanciato e dal viso rassicurante, Cheng diventa l'eroe popolare per antonomasia: sia che si trovi dal lato sbagliato o da quello giusto della legge, incarna l'immagine del ribelle (con una giusta causa) che sfrutta le sue doti, il coraggio e la spavalderia per ottenere la giusta ricompensa a fronte di una vita difficile. La sua recitazione non fa gridare al miracolo, ma è funzionale e adeguata, soprattutto nelle situazioni più movimentate e nei contesti di gruppo, dove la sua moralità e la sua statura gli valgono il ruolo di capo.
L'ex direttore della fotografia Jingle Ma lo vuole insieme a Jordan Chan in Hot War, thriller ricco di effetti speciali e dalla trama esile: soddisfatto del risultato, lo cerca continuamente per i suoi blockbuster eleganti e patinati, da Tokyo Raiders a Goodbye, Mr. Cool. Lo stesso Andrew Lau non esita a sfruttarne la notorietà, affidandogli i progetti più importanti e ambiziosi della sua carriera: in The Storm Riders (così come nel seguito A Man Called Hero e nella sbiadita copia comica The Duel), wuxiapian fantasy infarcito di effetti speciali che ha diviso la critica, lo contrappone al muscoloso Aaron Kwok in una storia di vendette incrociate e tradimenti; in Legend of Speed gli riserva il ruolo di principe delle corse motociclistiche clandestine.
Tsui Hark, presumibilmente dopo averlo visto in The Storm Riders, gli affida un ruolo fondamentale in un film importante - e purtroppo irrisolto - come The Legend of Zu. Ormai Cheng è un interprete action di primo livello, come dimostra la fiducia di Raymond Yip, che a lui si affida per la riuscita dell'adrenalinico For Bad Boys Only. Joe Ma in Feel 100% (e nel sequel Feel 100%... Once More), gradevole traduzione di un fumetto molto popolare a Hong Kong, ne scopre l'animo gentile e gli fa incarnare il giovane medio cinese alle prese con problemi d'amore e di amicizia. La consacrazione anche in ambito non d'azione gli vale un numero sempre maggiore di scritture. Johnnie To e Wai Ka-fai lo vogliono in Help!!!, dove prendono in giro la sua immagine di eroe tormentato. Già nei precedenti Why Wild Girls e We're No Bad Guys l'interprete - accusato da una frangia di irriducibili che (comprensibilmente?) ne contestano le capacità recitative e l'eccessivo presenzialismo - aveva dimostrato di saper giocare con i propri (innegabili, soprattutto quando si lascia prendere la mano e oltrepassa la misura) limiti.
Dopo vari tentennamenti l'attore accetta, per il seguito di Running Out of Time (dove prende il posto di Andy Lau), di impersonare, per la prima volta da parecchio tempo a questa parte, un personaggio irrimediabilmente privo di sfumature positive. Ma non è una scelta di campo, visto che subito dopo ripropone, spesso e volentieri al fianco delle Twins - My Wife is 18, The Twins Effect, Protégé de la Rose Noire - , la sua immagine da bravo ragazzo maturato in fretta e, ormai superata la soglia dei fatidici trent'anni, responsabile uomo medio, sensibile ma se necessario pronto ad usare il fisico, audace e coraggioso come un tempo.
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Nasce a Pechino nel 1966 ed entra nel mondo dello spettacolo grazie ad un concorso per nuovi cantanti, vinto entusiasmando la giuria. In breve tempo si costruisce una solida carriera musicale che lo porta all'approdo televisivo: inizia a recitare quasi per caso in una serie di successo e il passaggio su grande schermo a questo punto è scontato. Mr. Handsome è una commedia di poche pretese, ma alla seconda prova, nel buon Hearts No Flowers, il cantante dimostra di non essere peggio di tanti altri colleghi dal medesimo curriculum.
Bello e slanciato Leon Lai ci mette poco a sfondare anche nel mondo del cinema, dove la sua figura da bravo ragazzo gli vale spesso il ruolo del protagonista positivo. Apice di un simile stereotipo è il suo ruolo in The Wicked City di Peter Mak (prodotto da Tsui Hark), modesto thriller fantascientifico tratto da un fumetto. L'attore non ama i ruoli complessi, sembra preferire personaggi tutti d'un pezzo, lineari, in sintonia probabilmente con il desidero di non sporcare mai troppo la sua immagine presso il pubblico.
In The Magic Touch incontra il genio comico di Michael Hui, al fianco del quale sembra poter prendere il posto del fratello Sam Hui; l'esperimento si chiude subito. Inizia a frequentare, non senza qualche remora, il cinema d'azione e ottiene parti di rilievo in Gun n' Rose di Clarence Ford, in With or Without You, dove è contrapposto a un diabolico Jacky Cheung, in City Hunter con Jackie Chan e nel wuxiapian The Sword of Many Lovers di Poon Man-kit, unica sua apparizione in costume.
Senza garanzie, Jeff Lau è il primo regista che pensa di valorizzarne il fascino e di farlo recitare sul serio: in Love and the City è un ex galeotto disadattato, in perenne conflitto con il padre, che si innamora della ragazza sbagliata. Il vertice mélo è dovuto alla sua perfetta intesa con l'attrice Wu Chien-lien, e il lieto epilogo è un sospiro di sollievo emozionante.
Acquistata un'altra caratura rispetto al passato, Lai inizia ad essere richiesto per ruoli di maggiore spessore: Wong Kar-wai lo sceglie per impersonare il killer silenzioso di Fallen Angels, dove è conteso dalla sensuale Michelle Reis e dalla briosa Karen Mok. In Comrades, Almost a Love Story Peter Chan lo affianca alla ambiziosa Maggie Cheung nel ruolo di un cinese emigrato a Hong Kong che non riesce ad ambientarsi nella nuova situazione. La migliore interpretazione la ottiene però Ann Hui, che in Eighteen Springs lo cala in un contesto drammatico nella Shanghai degli anni trenta. La storia d'amore, stavolta, non è così lieta come potrebbe sembrare e ricalca i modelli classici della tradizione (letteraria: è tratto da un romanzo di Eileen Chang).
I registi che si avvalgono del suo operato ne sfruttano principalmente il fisico prestante e affascinante, cercando di adattare alle sue caratteristiche una recitazione sottotono e ingenua. In questo modo riescono a far emergere le doti di un interprete non ottuso ma certo limitato. Quando non è guidato da una mano salda e con le idee chiare, spesso l'attore rischia di strafare o di risultare fuori luogo. Come in Sausalito di Andrew Lau, dove ritrova Maggie Cheung, o come in Skyline Cruisers di Wilson Yip, dove è un corpo vuoto senza anima. Meglio piuttosto come killer, ancora di poche parole ma efficiente, nel capolavoro noir di Johnnie To A Hero Never Dies, il cui struggente finale è memorabile.
Tornato al suo primo amore, la musica, Lai ha collezionato una serie di dischi e di tour di grandissimo successo. E' l'idolo indiscusso di migliaia di ragazzine, in onore delle quali al cinema è sempre il perfetto e romantico amante: e tutte le sue ultime prove, dal divertente Love Generation Hong Kong (dove è conteso da Carina Lau, Shu Qi e Lee Ann) a Everyday Is Valentine (dove incontra Cecilia Cheung), indicano la volontà di proseguire su una strada fatta di ruoli carichi di buoni sentimenti disegnati su misura sulla sua persona.
Leon Lai non è un instacabile cacciatore di successo e fama: limita le sue apparizioni allo stretto necessario, non dimostrando sempre l'acume necessario per scegliere i copioni adatti per rimanere sulla cresta dell'onda con continuità. Inevitabilmente agli occhi dello spettatore la sua carriera è fatta di alti e bassi, di momenti di risibile inconsistenza (lo stereotipato Bullets of Love; Heroic Duo), di discrete valorizzazioni (anche auto-ironiche: in Killing Me Tenderly si finge gay e gioca con la sua immagine di macho; in God of Gamblers 3: The Early Stage raccoglie senza timore uno scettro ingombrante) e di grandi interpretazioni (il pur rinunciabile City of Glass; Golden Chicken 2; l'episodio Going Home di Three; Infernal Affairs III). Solo di recente esce allo scoperto e, assoldato il miglior esecutore sulla piazza (Wilson Yip), gli commissiona un film personale e ambizioso, Leaving Me, Loving You, che nonostante la presenza di Faye Wong non lo ripaga degli sforzi prodotti.