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- Scritto da Matteo Di Giulio
- Categoria: LIBRI
Come ogni anno, l'Hong Kong International Film Festival cura una sezione retrospettiva e il corrispettivo catalogo. Il 1996 è l'anno della rivisitazione dei fantastici anni '60: The Restless Breed: Cantonese Stars of the Sixties restringe il campo d'azione al prolifico cinema in lingua cantonese e ai suoi indiscussi protagonisti. Si susseguono saggi introduttivi, che illustrano in via generale il periodo e articoli particoli incentrati su determinati attori (I love Lydia Sham di Ah Meng; A Kaleidoscope of Characters Actors di Law Kar), registi (Wong Yiu on Cantonese Movies di Sek Kei; Cantonese Movies of the Sixties: An Oral History by Chan Wan di Cindy Chan e Law Kar), film (Young Rebels in the Martial Arts Genre: A Study of The Golden Hairpin and Green-eyed Demoness di Thomas Shin), case di produzione (The Chi-luen Film Compan, Cradle of Youth Musicals; New Style Martial Arts Movies and Sin-Hok Kong-luen, entrambi di Yuen Tsz-ying) o interi filoni tematici (Hong Kong Cinema's 'Animal Comedies' 1967-70 di Ng Ho; Licensed to Kick: the Jane Bond Films di Sam Ho). L'attenzione è rivolta prevalentemente alle pellicole giovanili - gli youth movies - e alle due primattrici del periodo: Connie Chan e Josephine Siao. L'apparato iconografico è di tutto rispetto considerando la rarità e l'età dei film trattati, i dati (e le datazioni) sempre precisi e accurati, le informazioni di primissima mano, le analisi critiche più che mai acute: curato da Law Kar e firmato dalle migliori penne cantonesi, è senza dubbio è il miglior modo - se non l'unico - per comprendere nella sua interezza un periodo storico molto importante del cinema di Hong Kong. A chiudere sono presenti le schede dei quarantadue film presentati al pubblico (da The Black Rose di Chor Yuen, 1965, a The Young Love di Chan Wan, 1967), con crediti, foto, sinossi e una breve recensione a cura di Stephen Teo.
Autore: AA.VV. (a cura di Law Lar)
Casa Editrice: The Urban Council
Anno: 1996
Prezzo: HK$ 52
Pagine: 180
ISBN: 962-7040-50-9
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- Scritto da Nicola La Cecilia
- Categoria: LIBRI
L'edizione 2004 del Future Film Festival di Bologna (manifestazione che da diversi anni passa al setaccio il pianeta alla ricerca di opere, non solo cinematografiche e/o d'animazione, che sperimentino e facciano ampio uso di nuove tecnologie) ha visto la partecipazione di un gruppo cospicuo di pellicole made in Hong Kong; si tratta di My Life as McDull (2001) di Toe Yuen, film d'animazione già transitato in Italia, in quanto presentato al Far East Film Festival di Udine nel 2002 (una scena del film in questione era addirittura riprodotta sulla copertina del catalogo della manifestazione udinese) e sette pellicole estrapolate ad arte dal corpus dell'opera cinematografica del regista di origine vietnamita Tsui Hark, a cui il festival bolognese ha dedicato quest'anno una piccola ma interessante retrospettiva, vale a dire Shanghai Blues (1984), Once Upon a Time in China (1991), Once Upon a Time in China II (1992), Green Snake (1993), The Lovers (1994), Love in the Time of Twilight (1995) e The Blade (1996).
Il #5 (pag. 18), a cura di Giulietta Fara, presenta la pellicola d'animazione My Life as McDull del regista Toe Yuen, che precedentemente si era già occupato della trasposizione/realizzazione della serie televisiva ispirata al maialino McDull & co., personaggi partoriti dalla fantasia dello scrittore Brian Tse e della disegnatrice Alice Mak, e diventati a Hong Kong, nel breve giro di alcuni anni, vere e proprie icone pop.
Attraverso il disvelamento di alcuni passaggi salienti della trama e delle tecniche / estetiche d'animazione usate («Film d'animazione gestito in 2D per i personaggi, mentre per molti paesaggi urbani è stata utilizzata una grafica 3D»; «tecniche tradizionali e digitali in questo film convivono molto bene, in una storia che riserva loro un posto di rilievo: le tecniche seguono la storia e ogni scelta di stile è legata al significato simbolico che essa assume nell'evolversi del film»), chi legge si fa giustamente l'idea di un film indubbiamente molto interessante, profondamente tenero, oltreché adatto a un pubblico sia orientale che occidentale e composto da spettatori sia adulti che bambini.
Il # 14 (pag. 43), a cura di Carlo Tagliazucca e Michele Senesi, delinea due tratti salienti dell'approccio alla materia cinematografica da parte del regista / produttore Tsui Hark: la messa a punto di «un sistema produttivo ipertrofico in cui il termine "autore" non ha un reale significato e i film sono spesso il risultato di un lavoro collettivo» e l'uso di tecnologie di stampo occidentale, pur nel rispetto delle peculiarità della cultura orientale, di cui i suoi film sono pervasi profondamente, il tutto applicato alla quasi totalità dei generi «esistenti nell'ex colonia inglese [Hong Kong - ndr], dalla commedia al fantasy, dal wuxiapian al kung-fu, dal mélo alla commedia».
La cifra autoriale di Tsui Hark è rilevabile nelle sue strategie produttive, piuttosto che «in uno stile preciso», cioè quando «si muove su due binari, da una parte una ricerca stilistica estremamente personale e innovativa, disinteressata alle esigenze di botteghino, che solitamente riserva alle proprie regie, dall'altra film più commerciali, ma spesso non meno ricchi di inventiva, che reinventano generi e lanciano registi (John Woo, Ching Siu-tung). In entrambi i casi Tsui Hark mantiene una centralità demiurgica sui prodotti, che contengono inevitabilmente i segni della sua enorme personalità».
Seguono le analisi delle pellicole del festival bolognese, costituenti l'omaggio al regista: la centralità e la frammentazione dei punti di vista della macchina da presa, il montaggio caleidoscopico e l'uso massiccio del wire work nei primi due capitoli della serie Once Upon a Time in China; la fisicità brutale di The Blade; lo sperimentalismo e il fantastico entrambi applicati sia alla commedia, Love in the Time of Twilight, che al mélo, The Lovers; infine Green Snake e i suoi molteplici, arditi ed esplosivi mix: fantasy ed erotismo, effetti speciali all'avanguardia e altri di stampo tradizionale e povero, la spettacolarità unita ad «un discorso polemico sugli integralismi religiosi», il tutto sfociante «in un finale apocalittico di grande forza e pessimismo».
Ecco quindi svelata la quintessenza del cinema di Tsui Hark: «lo stupore».
Autore: AA.VV. (a cura di Giulietta Fara, Oscar Cosulich)
Casa Editrice: Pendragon
Anno: 2003
Prezzo: € 11
Pagine: 128
ISBN: 88-8342-253-8
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- Scritto da Matteo Di Giulio
- Categoria: LIBRI
Sulla scia di un termine coniato in Inghilterra da Rick Baker e divenuto di uso comune presso la critica, specie quella anglosassone, Martin Fitzgerald - aiutato nella stesura dai contributi di diversi collaboratori - traccia in questo breve saggio le linee di confine di un sotto-genere del poliziesco hongkonghese. Hong Kong's Heroic Bloodshed non si discosta dalle conclusioni già raggiunte da lavori più estesi e celebrati, semmai ne richiama i punti chiave, con discrezione, in una sintesi sistematica a base di capitoli dedicati ai singoli autori (John Woo, Ringo Lam e Wong Kar-wai) e recensioni mirate di pellicole. Quest'ultima sezione è quella più encomiabile, vista la secchezza dei giudizi e l'inclusione di opere meno pubblicizzate, anche se la selezione avrebbe potuto - e dovuto - essere più ampia e accurata (e non limitata alle sole uscite per il mercato home video inglese). Stona molto, nel contesto generale, soprattutto un capitolo, la cui presenza è poco chiara, dedicato a Wong Kar-wai e al suo direttore della fotografia Christopher Doyle: al loro posto avrebbero meritato maggiore spazio autori più inerenti alla materia, come Kirk Wong o Andrew Lau. Il che purtroppo dimostra ancora una volta il pressapochismo e la parzialità di vedute di gran parte della critica britannica in materia di cinema orientale, qui aggravati da una sensazione di sterile commercializzazione pubblicitaria di un prodotto da vendere a tutti i costi come next cool thing.
Autore: Martin Fitzgerald
Casa Editrice: The Pocket Essential
Anno: 2000
Prezzo: £ 2.99
Pagine: 98
ISBN: 1-903047-07-2
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- Categoria: LIBRI
La Storia del cinema mondiale pubblicata in volumi separati dell'Einaudi, a cura di Gian Piero Brunetta, giunge al quarto appuntamento, che si occupa delle pellicole provenienti dai continenti extra-americani e extra-europei (sottotitolo: Americhe, Africa, Asia, Oceania - Le cinematografie nazionali). Nel voluminoso tomo trovano spazio dissertazioni storico-critiche dei paesi asiatici, di quelli africani, del Medio Oriente, del Centro e del Sud America, del Canada, dell'Oceania, e altro ancora. Ad Alberto Pezzotta, già autore del seminale Tutto il cinema di Hong Kong (Baldini & Castoldi, 1999), spetta il non facile compito di tracciare un percorso generale riguardante il cinema di Hong Kong: l'autore prende spunto dal succitato saggio per ripercorrere il meglio e il peggio di una tradizione filmica ben precisa. Per fortuna non è un'inutile semplificazione dell'opera precedente, bensì una maturazione sintetica di quanto lì esposto, con una coda critica più netta e un prologo storico più accurato. Nel rispetto di tesi e idee, che ovviamente non cambiano, la rielaborazione dei concetti e il minor spazio a disposizione portano alla necessaria delimitazione degli argomenti e a un accento forte su autori, temi e generi predominanti. Certo, pur essendo un saggio di grande importanza, che beneficia della lucidità e dello stile altamente personale del suo autore, non sostituisce il libro che lo precede, anzi ne costituisce un intrigante complemento sistematico. Giustifica il costo elevato dell'opera - oltre alla confezione elegante, alla grande competenza delle penne chiamate a scrivere e alla cura per tutti gli aspetti secondari (quali indici, note, citazioni e ogni altra informazione presente) -, per gli appassionati di tutte le cinematografie orientali, la presenza di saggi esaustivi che coprono la grande maggioranza dei panorami limitrofi: Giappone, Cina, Taiwan, Thailandia, India, oltre al resto del Sud Est dell'Asia e a un capitolo sull'animazione.
Autore: VV.AA. (a cura di Gian Piero Brunetta)
Casa Editrice: Einaudi
Anno: 2001
Prezzo: € 87.80
Pagine: 1448
ISBN: 88-06-14530-4
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- Categoria: LIBRI
Critico della rivista Video Watchdog, il canadese John Charles si è sempre occupato di cinema orientale in generale e di Hong Kong in particolare. Con il monumentale e elegante The Hong Kong Filmography, 1977-1997. A Complete Reference to 1,100 Films Produced by British Hong raccoglie una serie impressionante di schede di film usciti nell'ex colonia britannica nel ventennio dalla fine anni settanta all'handover. Molto precise quanto a datazioni, dati tecnici su cast e troupe, reperibiltà home video, le recensioni comprendono anche traduzioni in inglese dei titoli cinesi, votazione da 1 a 10 di ogni singola pellicola, sinossi accurata e un breve commento personale. Il lavoro di catalogazione è tanto accurato quanto essenziale per chi volesse approfondire tutti i generi possibili: si va dall'horror all'erotico, dal poliziesco al kung fu, dai classici riconosciuti a opere minori mai sentite prima. Non tutti i commenti sono condivisibili, come in fondo è giusto che sia, ma l'importanza del lavoro sta soprattutto nella sistematicità dell'operazione e nella precisione con cui Charles riporta anche curiosità extra-filmiche, traversie produttive e aneddoti di lavorazione. Il prezzo elevato è dovuto all'eleganza della confezione, con copertina rigida e pagine ampie formato A4 (più o meno il doppio del normale), ma non deve sconsigliare un acquisto doveroso. Anche solo come catalogo per orientarsi nella scelta di possibili compere.
Autore: John Charles
Casa Editrice: McFarland
Anno: 2000
Prezzo: US$ 75
Pagine: 408
ISBN: 0-7864-0842-1
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Senza dubbio uno dei migliori saggi, se non il migliore in assoluto, sul cinema di Hong Kong in generale. Quantomeno l'unico che contempla anche il passato remoto - dagi studios di Shanghai dei primi anni venti a King Hu e Chang Cheh, nulla escluso - e offre una panoramica cronologico-critica completa. Ovviamente la complessità e la quantità di argomenti richiede grande capacità di sintesi: ma la completezza non è mai in discussione e i titoli che necessitano la citazione ci sono tutti. Stephen Teo, critico sino-australiano che attualmente collabora con l'Hong Kong International Film Festival, dimostra non solo una conoscenza fuori dal comune del cinema cantonese e mandarino, ma soprattutto una lucidità nei giudizi che rendono condivisibile la maggior parte delle sue critiche. Particolarmente impressionante l'excursus sulla prima New Wave, analizzata nel complesso con cause e svolgimento, e molto interessanti tutti i capitoli precedenti, che fanno luce su un mondo ancora totalmente da esplorare. Non mancano approfondimenti su quei nomi o su quei momenti fondamentali - Bruce Lee, Jackie Chan, il kung fu comico, Tsui Hark, John Woo e la seconda New Wave, l'horror - e la suddivisione è molto intelligente: prima storico-divulgativa, poi stilistico-tematico, con il quarto e ultimo spezzone a chiudere su temi fondamentali quali rapporto Cina - Hong Kong, il poliziesco degli anni novanta o il valore post-moderno del cinema di Hong Kong degli ultimi anni. Chiara fonte d'ispirazione di tanti saggi - come quello, altrettanto imprescindibile, del nostro Alberto Pezzotta - Hong Kong Cinema - The Extra Dimensions è esaustivo, soddisfa curiosità e lacune. Il miglior modo per fare un primo passo critico verso il cinema di Hong Kong e per comprendere in poco tempo pulsioni, tempi e stili del cinema cantonese di oggi e di ieri.
Autore: Stephen Teo
Casa Editrice: British Film Institute Publishing
Anno: 1997
Prezzo: US$ 24.95 (Tascabile) / US$ 60 (Hardcover)
Pagine: 324
ISBN: 0-85170-514-6