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Nella tua carriera di filmaker hai deciso di dirigere pellicole di diverso genere, senza mai focalizzarti su un unico tipo di film. C’è un’opera che preferisci o che ricordi con maggior piacere? C’è un particolare tipo di film che preferisci dirigere?
Mi piacciono le atmosfere allegre, mi diverte vedere la gente che ride, ragione per cui ho privilegiato nella mia carriera pellicole con una sfondo di gioia, di felicità. Ho una certa predilezione per le commedie, in special modo per quelle romantiche. Ma contemporaneamente non disdegno neanche le pellicole d’azione, in cui posso mettere a disposizione il mio passato di attore marziale. Inoltre sin dagli esordi ho imparato come produrre film action, per cui dirigendoli mi trovo spesso a mio completo agio.
Se escludiamo Love with the Perfect Stranger, sono film come Guests in the House , King of the Stanley Market e The Case of the Cold Fish che potrei scegliere come le mie produzioni preferite. Mi farebbe piacere che la gente cogliesse la possibilità di riguardarli, ancora oggi, così potrebbero avere un’idea precisa dei miei gusti cinematografici e di quello che cerco di creare quando mi trovo dietro la macchina da presa.
The Case of the Cold Fish è uno dei tuoi film che più mi hanno colpito: è ironico, interessante, una vera «boccata d’aria fresca» nel panorama un po’ asfittico del noir d’azione di metà anni novanta. Puoi parlarmi di questo film, di come è nato e di come si è svolta la sua lavorazione?
The Case of the Cold Fish è stato riconosciuto come uno dei migliori otto film dell’anno da parte dell’associazione dei critici di Hong Kong nel 1993. E’ stato anche prescelto nel cartellone dell’Hong Kong International Film Festival e, successivamente, è stato selezionato da diversi festival stranieri, come l’Hawaii Film Festival, l’Helsinki Film Festival e due altre manifestazioni statunitensi di quell’anno.
The Case of the Cold Fish è stato girato in un piccolo villaggio di pescatori che si chiamava Tai O e che si trovava nelle isole Lantau, prima che fosse costruito il nuovo aereoporto. L’intero film è stato girato lì nell’arco temporale di poco più di un mese; io e la troupe ci siamo trasferiti a vivere lì durante il periodo delle riprese. E’ stata un’esperienza memorabile,estremamente piacevole.
Anche se la sceneggiatura completa è stata ultimata prima che iniziassimo a girare, io e Danny Lee, produttore del film, insieme allo sceneggiatore, abbiamo continuamente rimaneggiato il trattamento, ogni giorno tra una ripresa e l’altra, a Tai O. Tutti gli attori coinvolti hanno svolto in maniera eccellente il proprio lavoro: Michael Wong e Michael Chow erano appena rientrati a Hong Kong dagli Stati Uniti e dall’Australia, dove risiedevano, e hanno potuto mettere in mostra il loro inglese e il loro humour influenzato dallo spirito dei paesi in cui hanno vissuto. Questo fattore ha contribuito a rendere originale e a elevare il film sopra la media. Anche il doppiaggio con la voce over aggiunta in seguito è stato un’ottima idea, ha concorso in maniera fondamentale, incrementando il grande successo del film.
My Will, I Will ha goduto di una cast eccellente, con Chow Yun Fat and Carol Cheng a dividere le scene. Trovo che sia una commedia romantica molto intrigante. Tu cosa pensi del film?
My Will I Will mi è sempre piaciuto moltissimo. Anche lui va annoverato tra le mie regie che ricordo con maggior piacere. Le due big star sono state ingaggiate subito dopo che avevo ultimato lo script. Entrambi hanno accettato di buon grado di prendere parte al progetto dopo aver letto il copione, e devo ammettere che sono stati tutti e due bravissimi, hanno fatto un lavoro eccellente e si sono impegnati a fondo. Vederli recitare è sempre stata una grande soddisfazione, una sorpresa continua, Chow e Carol formano una coppia perfetta per una love story. E’ stata un’esperienza meravigliosa avere a che fare con entrambi, sia dal punto di vista professionale che da quello umano. Ambedue avevano sempre colto l’occasione per suggerire valide idee nuove per rendere le scene ancora migliori di quanto lo fossero in origine, su carta, di come le avessi immaginate io mentre le scrivevo. Mi hanno aiutato molto.
Com’è andata con Amy Yip in Robotrix? Ai tempi era la regina del gossip, sempre sulle prime pagine dei giornali scandalistici…
Amy è una persona fantastica, una donna stupenda. Alla gente è sempre piaciuto chiacchierare a sproposito e inventare pettegolezzi sul suo corpo, ma lei non ci ha mai fatto grande caso ed ogni volta era pronta sul set con il sorriso sulle labbra. Abbiamo lavorato in grande sintonia per Robotrix, perché lei si è sempre comportata da grande professionista, rischiando in prima persona grande parte delle scene pericolose. In quel film Amy ha girato senza controfigura quasi tutte le sequenze d’azione e di combattimento, non c’è mai stato il minimo motivo di disaccordo tra di noi, né tra lei e le altre due sexy protagoniste, con cui ha diviso la scena con gran senso del mestiere.
Allargando il discorso, Robotrix è tutt’ora considerato un «cult movie» qui in occidente, da parte dei fans del cinema di Hong Kong. Sei soddisfatto di come è venuto il film? Puoi svelarmi qualche dettaglio relativo alla sua creazione?
Robotrix è stato un nuovo test per me, una prova impegnativa. La compagnia di produzione aveva messo insieme, per l’occasione, tre starlettes sexy provenienti da Hong Kong, da Taiwan e dal Giapponese. In teoria l’idea di base è che questo espediente avrebbe dovuto rendere il film appetibile per tutti e tre i mercati. Bisognava quindi spingere su elementi forti, per conquistare il pubblico di paesi diversi, ed eravamo tutti d’accordo che a dare mordente sarebbero stati il sesso e l’azione, che questo fosse il miglior modo per rendere esportabile la pellicola e garantire un buon incasso interno. Quando il film è uscito sono iniziate a girare un sacco di voci, di pettegolezzi, ma ciò poco importa visto che avevamo ottenuto il nostro scopo: si parlava tanto di Robotrix, indipendentemente dal suo valore artistico e dal fatto che fosse un film bello o brutto, e la gente era incuriosita e lo andava a vedere. Il che si è tradotto in incassi lusinghieri e tanti soldi nella casse della compagnia di produzione. Proprio quello che ci interessava in partenza.
Se guardi indietro e rifletti sulla tua carriera, hai qualche rimpianto o qualche progetto mai completato o rimasto irrealizzato in un cassetto?
Il passato è passato, mai voltarsi indietro, altrimenti ci saranno sempre dei rimpianti che ti lasciano insoddisfatto. Al momento la situazione del cinema di Hong Kong è di generale debolezza, e il volume di film prodotti è molto basso. Anche se ho nel cassetto diverse idee e alcune sceneggiature già pronte che vorrei portare su grande schermo, mi rendo conto che non è il momento adatto per proporle ad un produttore e per rischiare economicamente. Le cose sono difficili, per cui attendo con pazienza la mia prossima occasione di tornare a girare un film tutto mio. Proprio in quest’ultimo periodo passo gran parte del tempo lavorando in Cina, dove ci sono diverse chance per un regista della mia esperienza. Ciò nonostante Hong Kong rimane la mia base operativa, e detto in tutta sincerità non smetto mai di guardare ai mercati europei e americani, riuscire a sfondare lì oggi come oggi sarebbe un gran colpo, equivarrebbe a colpire il bersaglio più ambìto.
Visto che me ne hai appena accennato, cosa ne pensi della situazione attuale del cinema di Hong Kong e della crisi che sta attraversando?
Come ti dicevo la situazione non è rosea, Hong Kong produce troppo poco ogni anno. Nel 2005, per esempio, hanno visto la luce solo una cinquantina di film, una miseria rispetto al passato. Credo che l’anno prossimo potrebbe anche andare peggio e il numero di pellicole destinate al grande schermo diminuire drasticamente. In queste condizioni i film a basso budget non hanno la minima speranza di sopravvivere, perché non hanno la benché minima possibilità di godere di una distribuzione decente. Tutte le case di distribuzione concentrano i propri sforzi e i propri capitali per progetti costosi, importanti, e neanche così hanno la garanzia di un ritorno al box office che li ripaghi di quanto hanno sborsato. Se continua così ho paura che l’industria cinematografica di Hong Kong si troverà presto con le spalle al muro, in un vicolo cieco senza via d’uscita.
Puoi anticiparmi a quali progetti stai lavorando ora e quali sono i tuoi impegni per il futuro prossimo?
Ora sto lavorando ad alcuni progetti televisivi girati direttamente in digitale ad alta definizione. Faccio la spola tra Shanghai e Hong Kong. Si tratta di produzioni locali, interamente cinesi, finanziate da compagnie mainlander. E’ un nuovo modo di affrontare il mercato e di girare film. Secondo me questo sarà presto l’unico modo possibile per continuare a produrre pellicole, e infatti non a caso gran parte dei registi e delle compagnie hongkonghesi si stanno rivolgendo alla Cina. Potete vedere come anche personaggi importanti come Jackie Chan, Stanley Tong, Tsui Hark o Wong Kar-wai si stiano dirigendo sempre di più verso la Cina, per ridurre i costi e aprirsi ad un mercato enorme in espansione. Praticamente tutti i registi di rilievo di Hong Kong occhieggiano alle strategie produttive locali e spostano i loro set qui, a Shanghai, a Pechino… Se pensi che addirittura alcune grande major hollywoodiane ed europee hanno cominciato a fare sopralluoghi in territorio cinese per tagliare le spese e ottenere lo stesso ottimi risultati grazie alle troupe locali, allora non resta che immaginare che sia proprio la Cina l’ultima possibile scappatoia per l’industria hongkonghese, e che oggi sia l’unica soluzione possibile per restare in piedi.