Quanto credi che le tue commedie siano collegate a questo particolare momento della storia di Hong Kong? Pensi che, ora come ora, dopo lo handover eccetera, ci siano ancora a Hong Kong le condizioni perché possa nascere un altro Michael Hui? Non pensi che la speciale atmosfera sociale a cui si ispiravano i tuoi film fosse legata a quell'epoca?
"Bella domanda. Avrei bisogno di un po' per pensarci. Mi hai proprio domandato quello a cui ho pensato in questi ultimi anni. Ho scritto un paio di sceneggiature. Ho ancora il sogno di poter mantenere l'indipendenza di Hong Kong, di poter lavorare liberamente, senza dover adattare i miei film al grande mercato cinese, ma è difficile. Se fossi convinto di poter ancora lavorare senza dover fare compromessi, come ai tempi di Chicken and Duck Talk, credo che lo apprezzerebbero dappertutto, senza doverlo adattare, anche in Italia. Probabilmente il film che farò l'anno prossimo sarà nello stile di Michael Hui e di Hong Kong, e credo che sarà appetibile per il mercato cinese anche senza dover cambiare o adattare nulla".
Sono certo che ci riuscirai...
"Grazie per la fiducia. Però è difficile, perché in questi ultimi anni abbiamo avuto rapporti molto stretti con il mercato cinese e questo comporta delle limitazioni per quanto riguarda la produzione. Vale in particolar modo per le commedie, che sono una cosa spontanea; quando cambi qualcosa, si ripercuote sul resto. È come per la cucina: devo assicurarmi che anche altrove apprezzino le mie ricette. Pur concedendo delle piccole modifiche che lo facciano piacere a chi non lo conosce, deve sempre restare lo stile di cucina che piace alla mia famiglia, perché cucino soprattutto per loro. Se piace a loro, va bene. È difficile riuscirci, ma è possibile. Con il pubblico cinese le differenze culturali sono molto marcate, però è possibile".
Perché sei convinto che i tuoi film sappiano annullare le distanze geografiche e culturali?
"Per lo stesso motivo per cui noi apprezziamo i film italiani. La commedia è un linguaggio universale. A tutti piace ridere e una risata ha sempre lo stesso suono, in cinese, in italiano, in inglese o in africano. Nei film comici non contano tanto i dialoghi; sono interculturali perché si basano su sentimenti fondamentali, che sono universali e restano sempre gli stessi. Amore e odio, dolore fisico eccetera vanno presi come sono: chiunque li capirà".
Una curiosità: anche se hai precisato che il tuo personaggio è diverso da te, sei un bravo cuoco? Hai una specialità o una ricetta da darci?
"Beh, mi arrangio. Per la cucina, come dicevo, vale lo stesso che per i miei film: da quando ho visto che piacciono in Italia, ho fiducia nel fatto che piaceranno anche in Cina, senza doverli cambiare. Perché sono dei bei film".
Hai lavorato solo una volta con Stephen Chow (in The Banquet, del 1991). Pensi di lavorare ancora assieme a lui in futuro?
"Può darsi, mi sono trovato bene con lui. Dipende dalla storia, di solito le storie che scrivo sono centrate più che altro su di me. Ho lavorato fin troppo a lungo con i miei fratelli, ora preferisco scrivere per me stesso".
1 Per un approfondimento sul cinema degli Hui si rimanda allo speciale di Hong Kong Express uscito nel 2008.
(Udine, 3 maggio 2011)