Hong Kong, 2001 A.D.
di Roberto Curti
Il cinema di Hong Kong? Sembra morto, invece... è moribondo. I prodotti medi appaiono sempre più impersonali e fatti con lo stampino; gli autori hanno capito che è meglio una disonorevole resa (al botteghino) che una onorevole sconfitta e si sono messi a sfornare pellicole/chewing gum usa-e-getta che lasciano basiti i fan; sopravvivono pochi nomi (uno su tutti: Wilson Yip) che riescono ad adeguare le esigenze commerciali con una visione di cinema personale e sentita (e Juliet in Love è cosa tra le più belle viste negli ultimi tempi al cinema, punto e basta). Oggi chi entra in un cinema dell'ex protettorato (e gli spettatori sono sempre meno, di fronte al dilagare di vcd pirata e non - i prezzi sono ridicolmente bassi) si deve sorbire prodotti a basso costo e senz'anima come Healing Hearts o Clean My Name, Mr. Coroner!: una star di richiamo (Tony Leung, Francis Ng, Nick Cheung), spesso svogliata, uno straccio di trama occhieggiante a questo o quel trend di successo, un'urgenza di bruciare i tempi in modo da arrivare nelle sale il prima possibile. Un film nasce e muore in tempi brevissimi, a Hong Kong: se fai un passo falso, non puoi far altro che rialzarti e ricominciare a correre, o gli altri ti calpesteranno. Ecco perché uno come Johnnie To è costretto a sfornare tre film in una stagione, uno peggio dell'altro per inciso, per rifarsi del flop di capolavori come The Mission. To è innanzitutto un uomo d'affari, e se per recuperare un po'di soldini occorre girare commediole sciape come Needing You..., Help!!! o Wu Yen, non ci pensa due volte. Tutti lavori, si badi bene, inesportabili, specie Wu Yen: l'occidentale rimane di ghiaccio di fronte alle smorfiette degli attori, la confusione delle identità sessuali può tutt'al più interessare il critico, ma i compratori scappano. E non dimentichiamo che ormai i prodotti di Hong Kong non vengono comprati a scatola chiusa neppure nei mercati limitrofi. Ci sono poi i blockbusters, opera di registi-divi come Gordon Chan (che con Okinawa: Rendez-Vous strizza l'occhio ai mercati giapponesi, con la stessa ingenuità con cui lo The Storm Riders di Andrew Lau si faceva bello di effetti digitali): il problema è che film come 2000 A.D. o Gen-X Cops sono versioni centrifugate e pastorizzate di ciò che una volta aveva reso grande il cinema cantonese: e allora, vai con sparatorie, inseguimenti, azione in dosi massicce. Manca, però, l'ispirazione; e manca un ricambio generazionale, soprattutto a livello di sceneggiature. Molto semplicemente, oggi s'è persa la capacità di raccontare il proprio paese, di osservarne i cambiamenti (sociali, culturali, economici) e metterli su pellicola. Rimane il senso di esteriorità e banalità di cose ripetute mille volte, reiterate solo per compiacere il pubblico. Lo stesso Crouching Tiger, Hidden Dragon, che a Hong Kong ha suscitato reazioni tiepidine (e ci mancherebbe: a differenza degli sbavanti critici occidentali, gli hongkonghesi qualche wuxiapian l'avevano già visto, e potevano fare confronti), darà vita ad un'onda lunga di rinascita del genere dopo la deleteria indigestione dei primi anni '90 (di cui fece le spese Ashes of Time di Wong Kar-wai). Speriamo bene. Resta da dire del cosiddetto cinema d'autore, un discorso a sé stante: se Stanley Kwan sta diventando un prediletto dei festival occidentali, Fruit Chan pare impelagato in una preoccupante involuzione formalistica (Durian, Durian); Wong Kar-wai è sempre immenso, e la sua ombra aleggia nelle opere di esordienti come Aubrey Lam (Twelve Nights, tra le cose più degne viste a Udine), ma dubito che allo spettatore di Hong Kong importi qualcosa del suo prossimo film. Intanto Ringo Lam è tornato a girare con Van Damme (poteva andargli peggio: che so, dirigere Steven Seagal) e Tsui Hark dopo Time and Tide pare definitivamente alla frutta. A sentire gli addetti ai lavori, il futuro è rappresentato da Internet (le dotcom hanno iniziato a finanziare e a produrre pellicole) e dall'arrembaggio delle tv via cavo. Gli esperti ostentano fiducia. Il malato uscirà dal coma profondo in cui versa? Se ne riparla nel 2002.
Far East Film Festival 2001
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- Scritto da a cura di Matteo Di Giulio
- Categoria: FESTIVAL
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