Dissestato come i ricordi di famiglia farciti di invenzioni dopo essere stati raccontati e riraccontati per anni, stilizzandosi, ridicolizzandosi e fantasticandosi, The Age of Miracles ha avuto una gestazione impervia e per gli standard di Hong Kong lunghissima (diciotto mesi), e alla fine non ha soddisfatto nessuno, nemmeno Peter Chan. La vicenda ruota intorno agli esp (i poteri paranormali) di Kan, una mamma anziana e nevrotica, costantemente di luna storta con tutti. La vecchina riesce a vedere il futuro poco prima che accada, e siccome si dice che quando si avvicina il giorno predestinato alla morte tutti i parenti ritornino in visita senza un motivo preciso, vedendo nel proprio futuro l'arrivo dagli Stati Uniti della figlia cicciona e sciagurata, Kann diventa ancora più intrattabile del solito, attuando una serie di trucchetti porta fortuna per addolcire la sorte, anche se continua a vedere un signore vestito di bianco tipo Uomo del Monte che appare sempre nelle vicinanze di amici anziani che dopo un po' muoiono. La figlia sciagurata ritorna per davvero, agghindata pacchianamente come un cestino di frutta mal assortita, e accompagnata da svariati ragazzini, tutti suoi, ognuno di una razza diversa. Per fortuna a badare alla mamma anziana ci sono gli altri figli, Fan Fan il paffuto cocco di mamma fidanzato alla pratica e moderna San Pau, e Chun Chun l'eterno bambinone, che a trent'anni suonati fa ancora svogliatamente dei lavori idioti di ripiego nei centri commerciali, e di notte va a dormire con una sagoma a misura naturale cartonata di Kelly Chen vestita da poliziotta... Questi ragazzi sono così bravi e affezionati che un giorno la mamma ascolta senza volerlo una loro conversazione su come meglio scaricarla, magari parcheggiandola in una casa di riposo, in vista di un'immigrazione generale in America. Indispettita e vedicativa, senza dire niente a nessuno la signora magrolina e tremolante si infila su un autobus di anziani che parte per un ritiro spirituale sui monti, e mentre fa la pipì sotto un ombrello, in un prato, incontra di nuovo il signore vestito di bianco e ci litiga...
Tutta la storia dipanata dal film dev'essere partita, sui block notes delle sceneggiatrici, dal raccontare la vita di Fan Fan / preferito della mamma, per poi degenerare nei mille altri innesti, tra il farsesco e il fantastico, che un po' hanno disperso l'unità del film, davvero esattamente come certi discorsi femminili sul passato, che partendo da un episodio ben definito, si allargano finché gli ascoltatori lo rifiutano, perché diventa troppo carico di dettagli e descrittivo. Così è The Age of Miracles. Che però è un film lo stesso bello, presunti errori di regia compresi. Bello è soprattutto tutto ciò che riguarda la vita degli anziani e dei ricordi, a partire dalla passione del canuto Eric Tsang per Anita Yuen / Kan, vecchia spettinata isterica e manesca, fino ad arrivare alla visione di Kan dell'amico morto che gioca a pallone in cielo, banale quanto si vuole, ma commovente. Surreali e allo stesso tempo altamente realistiche le figure di Anita Yuen truccata da vecchia (tutti insistono che il make up invecchiante sia poco credibile, ma è perché agli spettatori piace improvvisarsi tecnici del trucco...), con i passetti trascinati e i movimenti reumatici, e quella della figlia pazza Moon (Teresa Carpio), esagerata, colorata, obesa, chiassosa, fastidiosa come una radio che arrota cantonese e americano con la disinvoltura del cattivo gusto, e con tutti quei bambini di padri diversi che litigano e urlano. Efficacissimo Jordan Chan, perso in un mondo infantile e clownesco tutto suo, con un ruolo non di spicco ma divertente da guardare (è elastico ed espressivo come un cuginetto di Buster Keaton, Jordan Chan). Opache e intermittenti le performance di Alan Tam e Christine Ng: il primo sbiadito e sperduto (come quasi sempre), seppur perfetto nella parte del figlio adulto, remissivo e ancora attaccato alle gonne della mamma; la seconda sempre pronta quando c'è da rivestire un personaggio invisibile e piatto. Tutti comunque si danno da fare per incasinare a più non posso gli spazi già sovraccarichi e disordinati di The Age of Miracles, che per questo è allegro e buffo. Ciò che non funziona casomai è la parte degli effetti speciali: i bambini che volano sono forse carini ma un po' gratuiti, tutta la sottostoria della vita sdoppiata di Anita Yuen è confusionaria e vagamente ridondante, e il suo iniziale essere mamma giovane e ricciolona, con gran dispendio di scintille e stelline, con una collocazione tra neorealismo e fantascienza, non è certo un bell'inizio. Di sicuro Peter Chan aveva in mente, al punto da volerli infilare a forza, i bambini e le vecchine di Miracolo a Milano, di Vittorio De Sica, film strano e affascinante ma anche lui così così, appunto per l'innesto dell'elemento fantascientifico in territorio neorealista.
La somma finale è che questa rimane una delle produzioni U.F.O. più discutibili, che ha creato nel tempo problemi ad Anita Yuen (giudicata con cattiveria incapace e immatura, e invece forse solo sbrigativa nel caratterizzare il personaggio della signora anziana, ma lo stesso brava!) e a Peter Chan al quale tuttora tocca giustificarsi nelle interviste per essersi lasciato andare ad un film troppo pasticciato e poco malinconico per i suoi standard. Problema solito dei pubblici limitati e squadrati che si aspettano cose predefinite dai registi. Tra puntigliosi pro e contro The Age of Miracles è un film brioso, da guardare con una mamma sveglia e svelta ad accettare le assurdità cantonesi!
Hong Kong, 1996
Regia: Peter Chan
Soggetto / Sceneggiatura: Ivy Ho, Ella Chan, Aubrey Lam
Cast: Alan Tam, Anita Yuen, Jordan Chan, Eric Tsang, Teresa Caprio
The Age of Miracles
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- Scritto da Valentina Verrocchio
- Categoria: FILM