Yang Luchan è un "tipo strambo"; fin dalla nascita ha una piccola protuberanza a forma di corno sulla fronte che, pur conferendogli una forza indistruttibile, lo trasforma all'occorrenza in una sorta di guerriero inumano sottraendogli energia vitale. L'unico modo per rimettersi in sesto, impedendo al suo corno di degenerale allo stadio di una chiazza livida (preludio a una sicura morte), è imparare l'antica arte del Tai Chi, il cui segreto è custodito da una piccola comunità sita nel villaggio di Chen. Qui Yang non avrà vita facile perché dovrà scontrarsi con una strana forma di ostracismo che impedisce agli abitanti del luogo di diffondere il sapere del Tai Chi, praticato indifferentemente da tutti gli indigeni, vecchi o bambini che siano. Grazie alla sua peculiare abilità, intuita dalla madre (Shu Qi) che lo spinge in fin di vita a praticare le arti marziali, Yang riuscirà a carpire i segreti dell'antica disciplina semplicemente osservandone le mosse. Cosa che gli tornerà utile non solo per recuperare le proprie energie, ma anche per affrontare l'invasione dei villains provenienti da Occidente (La Compagnia delle Indie) e la destabilizzante innovazione del treno a vapore che arriva a scuotere la serenità del villaggio, minacciando di soppiantarlo con la costruzione della ferrovia.
Di produzione cinese, diretto dal regista ed ex attore hongkonghese Stephen Fung, Tai Chi 0 è stato presentato fuori concorso alla sessantanovesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, divertendo e spiazzando la platea attraverso una serie di trovate alquanto inusuali, anche grazie all'adozione di una vasta gamma di generi che non ha paura di mescolare. Dal wuxiapian che sembra inizialmente essere, il film si tramuta poi in una sorta di kung-fu movie con forti suggestioni steampunk, specialmente sul finale (l'apparizione della macchina e l'abbigliamento degli invasori in perfetto stile steampunk), trovando nel registro comico il punto di congiunzione tra essi. Il ritmo, serratissimo, mira a sorprendere il pubblico attraverso una serie di sperimentazioni visive, come le divertenti didascalie - inizialmente spaesanti - che, con una grafica da videogioco, spezzano il regime della finzione ma senza compromettere il tono generale del film, anzi, conferendogli un tocco di comicità assurda e paradossale. Attraverso questi inserti coloratissimi d'ispirazione fumettistica, si viene informati delle mosse di arti marziali compiute dai personaggi, dei loro nomi, e persino di quelli degli attori che li interpretano, di cui vengono finanche rievocati successi passati o partecipazioni in film noti (fra questi Andrew Lau, regista di Infernal Affairs). Nel cast si annovera anche la presenza di un veterano come Tony Leung Ka-fai, nei panni del maestro supremo da cui il protagonista vorrebbe apprendere la nobile arte del Tai Chi. Questo tocco pop e innovativo è rintracciabile in tutta la pellicola, non solo a livello visivo, ma anche attraverso l'inusuale scelta di una colonna sonora metal, volutamente a contrasto con l'ambientazione pseudostorica del film (le didascalie iniziali segnalano che la vicenda è ambientata all'inizio della dinastia Qing). Ai momenti di azione (il martial arts director è nientemeno che Sammo Hung, il protagonista, Yuan Xiaochao, è stato campione di arti marziali nel 2008) si aggiungono tocchi di commedia pura - come il flashback sull'infanzia del protagonista rievocata in forma di film muto - e accenni di melò con il breve triangolo amoroso che si crea tra l'eroina, interpretata dalla deliziosa Angelababy, l'antagonista (Eddie Pang) e l'altra figura femminile del film, secondo quell'estetica del pastiche tanto cara ai registi hongkonghesi, qui piegata abilmente alle esigenze produttive di un film che si suppone innovativo e giovane. A riprova del fatto che non si tratta di una canonica commedia kung-fu, nè di un vero e proprio wuxiapian, vi è anche l'imprevedibile presenza del pantagruelico mostro di metallo - manovrato dall'antagonista - protesi meccanica della volontà distruttrice dell'uomo, preposta all'abbattimento dei vecchi edifici del villaggio. L'ironia leggermente demenziale che costella l'episodio, primo di una trilogia, si protrae fino all'ultimo, anticipandone, attraverso un minitrailer affiancato ai titoli di coda, il seguito già girato da Fung, che si chiamerà Tai Chi Hero (From Zero to Hero) e uscirà in Cina fra un mese soltanto. Nonostante l'umorismo scanzonato della pellicola, però, la seconda parte del film cede leggermente rispetto alla prima, proprio a causa di quel bombardamento visivo e delle trovate spiazzanti che l'avevano contraddistinta dall'inizio, lasciando lo spettatore in uno stato quasi confusionale. Come se non ne avesse avuto abbastanza, come se non fosse finita qui. E, in effetti, è solo l'inizio.
Hong Kong/Cina, 2012
Regia: Stephen Fung.
Action director: Sammo Hung.
Soggetto/Sceneggiatura: Chen Kuo-fu.
Cast: Yuan Xiaochao, Angelababy, Tony Leung Ka-fai, Eddie Pang.