Sparrow

Kei guida una banda di “passeri”, truffatori le cui vittime sono i turisti disorientati dal caos di Hong Kong. Un vero passero è presagio di cambiamenti: nelle vite dei ladri irrompe la misteriosa Chung Chun-lei che sconvolge ogni equilibrio. “Perché scatti foto in bianco e nero?” “I colori ingannano”. Nel dialogo tra Kelly Lin e Simon Yam c’è tutto il senso di questa operazione cinéphile.

Tre anni di lavorazione (effettuata alla maniera di PTU, nelle pause tra un progetto e l’altro) per realizzare un’opera volutamente “minore”. Simon Yam, ladro e gentiluomo, gira in bicicletta per Hong Kong come un turista sorridente, quintessenza di celluloide al pari della femme fatale Kelly Lin e dei caratteristi che ruotano attorno ai due. Il cortocircuito tra Cary Grant e Jean-Paul Belmondo e la colonna sonora che mescola jazz ed Ennio Morricone sottolineano la distanza tra (insignificante) diegetico e (centrale) extra-diegetico, come nella sequenza di seduzione di cui è oggetto Yam, che sembra estrapolata da un film italiano degli anni Sessanta. Johnnie To gira divertendosi e divertendo, nel senso di “divertere”, ossia elaborando un metatesto che si disinteressa della verosimiglianza della trama ed evita piani sequenza prodigiosi.

Sparrow 2

Schermo e mondo reale si allontanano inesorabilmente, mentre Hong Kong città del cinema resiste alla normalizzazione cinese e si affida alla tradizione europea, con tanto di tripudio finale al ralenti, omaggio a Les parapluies de Cherbourg (Jacques Demy, 1964).

Unica filiazione stilistica e tematica del capolavoro Throw Down nella carriera di To (e agli antipodi della ripetitività di Exiled), Sparrow significa stilizzazione assoluta, svuotare il proprio cinema per restituirne una piccola (grande) illusione.

 

Hong Kong, 2008
Regia: Johnnie To.
Soggetto/Sceneggiatura: Milkyway Creative Team, John Chan, Andrew Fung.
Action director: Yuen Bun.
Cast: Simon Yam, Kelly Lin, Gordon Lam Ka-tung, Lo Hoi-pang, Law Wing-cheong.