Tre eroi, tre buoni come il pane ma in veste di fuorilegge; Joe, Jim e Cherie; tre ladri. Uno sfondo pittoresco parigino, La Senna, Notre Dame, i tavolini dei caffé. Il furto di un dipinto di Modigliani...
Incomincia così Once a Thief. Un omaggio ad Arsenio Lupin? No, o non solo: un omaggio al cinema francese piuttosto, e uno scrigno sottoforma di immagini contenente tutta la poetica di John Woo, preistorica (le commedie) e passata (gli heroic bloodshed), e per fortuna non presente (non c'è traccia dello stile americano di John Woo, infatti): sacrificio, onore, pistole, sangue e fuoco convogliano come in un campionario in Once a Thief che, detto en passant rientra nei classici di fine anni ottanta di Hong Kong.
Questo film è un dramma, una commedia, una farsa, quasi un cartone animato fatto con la cinepresa, una storia d'amore che lega e slega i suoi eclettici personaggi, Chow Yun Fat, Cherie Cheung e Leslie Cheung. Il primo sempre sorridente, ghignante e birbante, scanzonato e burlone, ferito e guarito, scorretto e fedele nel sentenziare teorie, commentare scherzi e gridare allerte camuffate da filastrocche, nella sua voce stridula e chiassosa, difficile da sopportare. La seconda, principessa intelligente del suo piccolo universo di amori, protetta sempre e comunque, in tutti i modi dai suoi due fedeli amici, amanti, fratelli. Una ladra che aspira ad avere una famiglia e un marito, una donna che ama due uomini contemporaneamente, come tutte le donne. Il terzo, Leslie Cheung, il migliore, fuori e dentro il ruolo cinematografico. Non solo un ladro, ma anche un uomo debole e funambolico, duro, malinconico, geloso ma anche leale, dallo sguardo intenso e gelido, il perfetto Leslie Cheung di sempre, calato al 100% nel personaggio, fuori e dentro lo schermo.
A Hong Kong negli anni ottanta (fino ai primissimi anni novanta) sono accadute cose meravigliose, perché c'erano libertà stilistica, scorrettezza politica, immaginazione naive, e energie folli, e per questo un regista come John Woo, che ha scelto poi la strada della fossilizzazione volontaria, è stato in grado di creare un ibrido così stupefacente come Once a Thief, oggi quasi completamente sottovalutato e dalla maggior parte dimenticato.
Il ritmo della narrazione in questo film è molto veloce, sfruttando un'avanzare per icone, vere e proprie icone filmiche, che mettono in scena flashback e spiegazioni veloci, le quali cuciono insieme le scene importanti, altre ennesime icone di grandezza superiore. Molti dettagli, a ben guardare, non reggono: automobili che esplodono senza avere reali ragioni per farlo, incidenti mortali che si risolvono senza nemmeno bisogno dei cerotti, passaggi segreti che si richiudono improvvisamente e dopo un po' vengono riaperti a mano, come se niente fosse... Tutto questo di sicuro sbaraglia l'attenzione del pubblico occidentale, ma ha costitutito per il pubblico orientale, all'epoca, un clamoroso successo. Tutti gli espedienti di John Woo, dal ralenti al fermo immagine alle carrellate, dagli inseguimenti alle sparatorie, sono massicciamente presenti (ma non così ostinatamente esibiti, come in ben più noti titoli), e mancano solo i piccioni o colombe che dir si voglia, chissà perché. Stiamo parlando di un film roboante, dinamico e adorabile, che si fa amare dallo spettatore, pur sorvolando velocemente sulle questioni sentimentali. Se infatti c'è una critica da muovere contro Once a Thief, al di là delle sbavature di importanza non essenziale, è appunto l'approccio scadente alla trama sentimentale, che poi, viste le somiglianze dichiarate con il film francese Nouvelle Vague Jules e Jim (del 1961, regia di Francois Truffaut), avrebbe davvero potuto essere sviluppato un po' meglio. La regia e la sceneggiatura di Woo non sanno davvero che pesci prendere di fronte alle reazioni di Cherie Cheung che aspetta impotente il compimento delle avventure / disavventure dei suoi due amici complici e innamorati, il ritorno degli eroi. Purtroppo la ragazza viene lasciata spesso in disparte, e le sue relazioni amorose che pur vanno e vengono, sono rese allo spettatore solo tramite un paio di scenette festeggianti con torta di compleanno, e un videoclip tipico hongkonghese riassuntivo, intorno alla metà del film, contenente anche i soli baci di tutta la pellicola. Si potrebbe obiettare che la vera storia d'amore, quella non dichiarata ma molto presente, avviene in realtà tra Chow Yun Fat e Leslie Cheung; e sarebbe un'obiezione accolta, pertinentissima e con niente altro da aggiungere.
Padri putativi dei tre ladruncoli, sono i due bravi Kenneth Tsang (nei panni del ladro che istruiva a bacchettate e soprusi i tre piccoli fratellini-amanti), e Paul Chu (una specie di parente stretto di Ti Lung in A Better Tomorrow), nei panni del poliziotto che questi tre piccoli li prende in affidamento intenerito da una messa in scena per rubare del pane, che nemmeno ne Il Monello di Chaplin...
Memorabili sono tutte le scene, ma forse quella del balletto a rotelle di Chow Yun Fat e Cherie Cheung sulle note di un valzer trascinante (anche questo, come all'inizio di A Better Tomorrow), e la sequenza finale casalinga e buffa con Chow Yun Fat balia asciutta, rimangono impresse per la competenza con cui sono state realizzate e la leggerezza con cui sono state mostrate e interpretate. Insomma Once a Thief lungi dall'essere un film perfetto, è però un film che dovrebbe assolutamente essere visto, perché restituisce a John Woo dignità, abilità e senso dell'umorismo (forse la qualità che è andata, più di altre, del tutto scomparendo, nel corso degli ultimi anni). Da questo film, John Woo riuscì a coprodurre nel 1996 una serie televisiva in Canada, con lo stesso titolo.
Hong Kong, 1991
Regia: John Woo
Soggetto / Sceneggiatura: John Woo, Clifton Ko
Cast: Chow Yun Fat, Leslie Cheung, Cherie Chung, Paul Chu, Kenneth Tsang