Copy, un giovane musicista di strada, si trova invischiato in un intrigo più grande di lui. E’, suo malgrado, il depositario dell’informazione in grado di aprire una misteriosa scatola rossa, che contiene importantissimi segreti industriali in grado di dare ricchezza e potere a colui che se ne impossesserà. Per questo viene inseguito da una banda di ninja, al soldo di in potente tycoon senza scrupoli. In sua difesa entreranno in campo delle donne ninja, appartenenti a un clan che vive in una comunità rurale.
Con una produzione low budget, Herman Yau riesce a confezionare un film che, tra i suoi punti di forza, può vantare un’interessante contaminazione di generi. Prima di tutto il wuxia è ibridato con il ninja movie, un matrimonio che dovrebbe risultare naturale. L’ormai ampiamente saccheggiata iconografia dei ninja è qui colta nella suo autentico significato tradizionale. Erano dei guerrieri ombra che fondavano la loro abilità sulla velocità, sul rendersi invisibili e sulla straordinaria agilità che permetteva loro di saltare da ramo in ramo con un movimento rotante del corpo. Una figura ideale quindi ad essere inserita in un wuxia. Il tutto è inserito nel contesto di una spy story in stile 007, con la presenza di una specie di Spectre comandata da un cattivone dalle ambizioni planetarie, il corrispettivo di uno dei tanti Dr. No.
Il film rivisita una gran quantità di stereotipi narrativi, ripresi da tanta letteratura e tanto cinema. Su tutti il percorso iniziatico del protagonista, Copy, una specie di pifferaio magico, che è anche, per il fatto di essere in possesso, a sua insaputa, di una facoltà che lo rende unico, un po’ Artù e un po’ Luke Skywalker. La misteriosa scatola rossa, poi, risulterà essere una specie di Vaso di Pandora al contrario, la cui apertura potrebbe debellare tutti i mali dell’umanità.
Centrale nel film è la contrapposizione tra il mondo moderno, corrotto, dominato da potenti industriali senza scrupoli, e caratterizzato da architetture dal design futurista, con l’ambiente semplice e autentico del villaggio rurale dei ninja. Questi ultimi vivono a contatto con la natura, privi di tecnologia anche se riciclano gli scarti del mondo industriale che hanno rifiutato. Costruiscono infatti le loro shuriken, le stelle rotanti dei ninja, ritagliando lattine vuote d’alluminio. Conducono una vita ascetica e meditativa e non è un caso che il loro maestro, l’Obi-Wan Kenobi del caso, porti il nome del poeta giapponese Bashō, uno dei più importanti autori di haiku. Copy, che è un musicista, non potrà che scegliere lo stile di vita di questa gente.
In Lethal Ninja i momenti di action pura non sono predominanti, ci sono lunghi momenti di stasi, ma l’economia narrativa si regge perfettamente su quest’alternanza. La storia si basa su una serie di eventi oscuri, la cui spiegazione si rivelerà decisamente risibile. Ma poco importa. E’ un espediente narrativo che si regge in quanto tale, il classico McGuffin, e il film funzionerebbe perfettamente anche senza svelare i suoi misteri.
Hong Kong, Cina, 2006
Regia: Herman Yau
Soggetto: / Sceneggiatura: Herman Yau, Zexin
Cast: Dayo Wong, Eva Huang, Eddy Ko, Shirata Hisako, Waise Lee