As the Light Goes Out, ultimo film di Derek Kwok dopo il nostalgico Gallants (2010) e l’incredibile successo di Journey to the West (2013), si apre dopo i titoli di testa con alcuni pompieri che, guardando la tv, ironizzano sul fin troppo pacchiano spot televisivo in cui Jackie Chan promuove il reclutamento nei vigili del fuoco, mentre attorno a lui piovono meteoriti incandescenti. Peccato che questa prima nota divertita rimanga anche l’unica e non eviti a Kwok – insieme agli sceneggiatori Jill Leung e Philip Yung (l’accoppiata di Rigor Mortis, 2013) – di cadere nelle trappole di una storia d’eroismo e retorica stringente: un blockbuster ambizioso, ma riuscito solo sul versante spettacolare.
Durante “la più calda vigilia di Natale nella storia di Hong Kong” quattro pompieri si trovano a salvare più vite possibili in una centrale elettrica in fiamme che ha provocato il totale blackout della città. Una situazione disperata, per uscire dalla quale dovranno mettere costantemente in pericolo le loro vite e utilizzare tutte le loro conoscenze dato che gli aiuti dall’esterno tardano ad arrivare. Nella drammatica lotta contro il fuoco tutti i personaggi avranno qualcosa da dimostrare o ritrovare.
Kwok mira al racconto umanamente complesso e drammatico, dedicando allo sviluppo delle dinamiche tra i personaggi tutta la prima parte del film, con le rivalità, i tradimenti e i vari giochi di potere interni alla stazione dei vigili del fuoco, concentrandosi sull’amicizia e i sensi di colpa che muovono Yip (Andy On in un inspiegabile miscuglio di inglese e cantonese), Sam (Nicholas Tse) e Chill (Shawn Yue). I tre sono infatti legati dall’episodio della scena d’apertura che ne ha segnato le carriere - e l’amicizia - in maniera irreversibile, con il primo diventato capo della stazione, il secondo traumatizzato e prossimo al trasferimento e il terzo che cerca di barcamenarsi tra il lavoro e la travagliata vita personale. Le dinamiche tra i tre fanno presagire una predilezione per il dramma umano, con sviluppi anche inaspettati, ma questo aspetto viene irrimediabilmente annacquato quando l’azione prende il sopravvento. Accanto a loro sono protagonisti anche i personaggi più deboli e schematici del film: il veterano prossimo alla pensione interpretato da Simon Yam e il preparatissimo ma taciturno Ocean (Hu Jun), appena trasferito dalla Cina. I due sono inizialmente in competizione tra loro e poi legati nel più classico dei bromance.
L’intera seconda parte del film è un crescendo apocalittico nel quale Kwok non lesina in Cgi ed effetti speciali, facendo del fumo – più che del fuoco – il nemico principale, rendendolo quasi tangibile e senziente, costantemente a caccia delle sue vittime: uno spunto interessante, anche metafora per le varie situazioni personali dei personaggi. Il senso di tensione e pericolo viene trasmesso in maniera efficace e le situazioni proposte variano ingegnosamente, riuscendo a tenere desta l’attenzione dello spettatore in un film che procede spedito per tre quarti. Per farlo però Kwok deve cedere ad alcuni evidenti buchi di sceneggiatura, per poi impantanarsi proprio sul finale, quando non riesce a trattenersi dall’inanellare scene madri una dopo l’altra (su tutte quella del sacrificio dell’eroe, con tanto di bianco e nero e ralenti) che appiattiscono il climax del film, cedendo ad una drammaticità fin troppo esplicita e resa quasi pacchiana dall’uso di una colonna sonora a tratti fuori luogo. L’azione inoltre risulta confusa nei momenti più concitati, a causa di riprese frenetiche e troppo ravvicinate, non aiutate dalle uniformi dei pompieri e dall’oscurità della location. Peccato poi che il tema del blackout non venga minimamente esplorato se non con brevissimi accenni, vanificandone le indubbie potenzialità.
Gli attori non riescono a far uscire i personaggi dagli stereotipi (il veterano saggio, il pompiere perfetto, l’eroe tormentato e così via) anche se l’alchimia tra di loro funziona, dando vita ad alcuni momenti di amicizia virile in piena tradizione hongkonghese. Il rapporto più interessante - anche in senso extra-filmico - è però probabilmente quello che si instaura tra i due personaggi cinesi interpretati da Hu Jun e Michelle Bai, ingegnere della centrale elettrica e unica figura femminile del film. I due comunicano tra di loro in mandarino, venendo ripresi per questo dai compagni di sventura, e la loro presenza rappresenta l’ennesima espressione delle dinamiche delle co-produzioni sino-hongkonghesi (qui la collaborazione è con il Zhujiang Film Group) interessate a coinvolgere il pubblico continentale. D’altronde anche il rischio dello “spottone” a favore del corpo dei vigili del fuoco – al quale il film è appunto dedicato – è insito nella natura del progetto stesso, tanto da finire con il rispecchiare proprio lo spirito della pubblicità sulla quale i personaggi scherzavano in apertura di film.
Se Kwok non centra il bersaglio "umano", As the Light Goes Out comunque soddisfa sul versante dell’action catastrofico, anche se Jonnhie To e il suo Lifeline (1997) mantengono ancora il primato di questo sottogenere.
Hong Kong/Cina, 2014
Regia: Derek Kwok.
Sceneggiatura: Jill Leung, Philip Yung, Derek Kwok.
Cast: Nicholas Tse, Shawn Yue, Andy On, Simon Yam, Hu Jun, Michelle Bai.