Criteri pratici e tattiche

La comicità hongkonghese è un libero sperimentare, un esuberante ibrido di sensazioni che a volte può apparire sbilanciato, se non addirittura casuale, e lasciare basito lo spettatore meno avvezzo. Nell'assurdità dei contrasti non bisogna mai dimenticarsi che la comicità hongkonghese è pragmatica, legata a filo doppio con la realtà cui si riferisce. E' quindi un hic et nunc umoristico che non può prescindere,Boys Are Easy com'è d'altronde giusto che sia, dalla specificità e dalle conoscenze dello spettatore medio3. In questo contesto particolare si muovono personaggi ben riconoscibili, macchiette e caricature pensate appositamente ad uso e consumo del pubblico locale: possono essere derivazioni impazzite di standard occidentali ridicolizzati - l'ipotetico connubio James Bond / ispettore Clouseau di Aces Go Places; l'investigatore da strapazzo di All the Wrong Clues (...for the Right Solution) - così come metafore autoctone - il fat-si di Mr. Vampire; i rascal affiliati alle triadi di King of Comedy -, l'importante è che siano facilmente identificabili da parte della platea, che ride per il paradosso macchiettistico. E se in realtà non è poi così pacifica la caratterizzazione dei protagonisti, degli anti-eroi, spesso diversi tra loro per tipologie e qualità specifiche, è più semplice identificare i bersagli comuni e la loro provenienza. La discriminante è sociale - la lotta di classe in tante love stories tormentate (un titolo per tutti: First Love Unlimited) - come razziale - gli indiani presi costantemente per i fondelli; i giapponesi bistrattati razzisticamente; i cinesi disprezzati e temuti -, economica - il classico ricchi vs. poveri -, sessuale - le donne fragili o solo apparentementi tali (le poliziotte dure e pure di The Inspector Wears Skirt); le vamp mangiauomini (di Modern Romance o Boys Are Easy); i maschi sporcaccioni e/o intraprendenti (Hong Kong Playboys; Chasing Girls) -, religiosa - tranne rare eccezioni i cattolici ne escono particolarmente male -, politica - il governatore parodiato in Bodyguards of Last Governor; il confronto tra polizie di Her Fatal Ways - o addirittura gastronomica (The Chinese Feast; The God of Cookery). Tra gli obiettivi generalizzati non mancano le istituzioni e le strutture della società - contemporanea e della tradizione del passato recente e remoto - che di volta in volta si prestano meglio alla satira.
Nella dialettica comica sono tenuti in grande considerazione ibridazioni programmatiche e contrasti improponibili, l'azzardo dei cui accostamenti fa ridere di per sé, in partenza. Vedere Stephen Chiau alle prese con un pappagallo e farne un uso sconsiderato (ne beve l'orina contenuta per fare i gargarismi) è abbastanza ridicolo, così come Michael Hui radiografato inconsapevolmente e in diretta mentre cerca di ingannare il suocero violento. In una celebre e riuscita gag di Security Unlimited i due fratelli Hui, guardie giurate poco abili, cercano inutilmente di sfruttare un telo illuminato per inscenare un improbabile gioco di ombre cinesi e sfuggire a una gang di rapinatori decisi a sbarazzarsi di loro; in God of Gambler's Return l'espediente è ancora più patetico: Tony Leung Ka-fai si mette due lancette in Her Fatal Waysbocca e fa dondolare una mazza da golf tra le gambe per mascherarsi da orologio a pendolo. Wong Jing, è un vulcano di idee in tal senso, specie se può abbinare il suo humour grossolano alla vis incontenibile di Stephen Chiau. Il discorso funziona bene nella parodia e ancor meglio nella satira in costume: in Forbidden City Cop l'inventore imperiale sciorina idee assurde, tra cui un rudimentale elicottero, che quasi per caso finiscono per essere efficaci. Non c'è limite alla fantasia e alle idee anche strampalate che possono essere utilizzate in funzione demenziale: nei casi migliori lo stesso espediente viene poi sistematicamente rovesciato per creare un effetto boomerang che stende il pubblico con un afrore immediatamente opposto a quello appena subìto. Il rincorrersi di lacrime e risate non è mai casuale - in King of Comedy la stupida comparsa capace di scatenare solo disastri finisce per innamorarsi di una intrattenitrice da night club: ma prima di rendersi conto dei reciproci sentimenti (e di commuovere) i due danno vita a un continuato duetto acido e pungente con la donna che maltratta e insulta senza mezze misure colui che dovrebbe insegnarle a migliorare come prostituta -, anzi nella maggior parte dei casi è l'alternanza che dà ritmo e imprevedibilità a pellicole altrimenti molto banali. I salti inter-generici sono dunque una costante di cui tenere conto: l'aggettivo a seguire identifica ulteriormente un filone: così l'horror comico, il wuxia comico, la commedia gongfu o il noir comico diventano presto precise delimitazioni territoriali con un proprio diritto di cittadinanza all'interno del calderone del cinema cantonese.
Nelle diverse anime dell'ironia cantonese convivono facilmente scatologia, cattivo gusto e - non in contraddizione - una certa raffinatezza, più spesso di regia e atmosfere che delle situazioni vere e proprie. Neanche Peter Chan e le sophisticated comedies della U.F.O. che hanno dettato legge fino alla seconda metà degli anni '90 sono stati esenti dal cosiddetto toilet humour4: in Tom, Dick and Hairy i tre peni dei protagonisti parlano in prima persona; in He's a Woman, She's a Man si respira a più riprese una strana aria quasi omofoba; in Twenty Something non mancano nudi e situazioni scabrose. La dicotomia che determina il confronto è dunque l'unica vera invariante della comicità hongkonghese. Questo dualismo prolungato agisce su più strati contrapposti: serietà e demenziale; classicismo e parodia; umorismo basso e estetizzazioni; bêtise e pulizia formale; coprofagia e raffinatezza; stupidità e intelligenza. The Greatest Civil War on Earth parte da un preupposto spicciolo - un cantonese lotta contro un mainlander per scongiurare il temuto matrimonio tra i rispettivi figli -, prevede battute infantili ma che hanno al tempo stesso, visto che sono strettamente legate a una cultura e a un modo di pensare specifici e indicativi, una forte valenza sociale: la regia passa in secondo piano e le gag risultano funzionali pur non distaccandosi da un'ingenuità narrativa di base. Nella commedia è difficile riscontrare grandi innovazioni stilistiche5 - con la solita eccezione del miglior Chiau, che sfrutta ogni potenzialità multimediale e comunicativa del mezzo scenico (le vignette e gli spot fittizi di Tricky Brains e Sixty Million Dollar Man, i paradossi di From Beijing with Love, gli effetti speciali e le coreografie mozzafiato di Shaolin Soccer) e dello Tsui Hark più ispirato (Love in theHe's a Woman, She's a Man Time of Twilight; il già citato The Chinese Feast; il vortice ondivago e consapevole di Peking Opera Blues) -, a fronte di una libertà contenutistica senza paragoni. Niente e nessuno è esente da questo tipo di umorismo cantonese. Neanche quei registi globalizzati e volutamente ripuliti - che pensano più al mercato delle esportazioni che a quello interno -, come il Gordon Chan del modesto Okinawa: Rendez-Vous o Jingle Ma. Nemmeno quando le fonti sono spudoratamente derivative, rimescolamenti di blockbuster giapponesi o hollywoodiani filtrati secondo la propria mentalità, né se le parodie o le farse sono precisamente collocabili in una poetica autoriale precisa. Con tali inderogabili premesse l'unico modo di partecipare al gioco con coscienza, divertendosi, è il prendere tutto in blocco o evitare a priori, senza una vera via di mezzo soddisfacente. Tanto ieri quanto oggi - e, si spera, anche domani, nonostante alcuni tentennamenti provvisori -, la specificità ingenua e l'infantile capacità di non prendersi troppo sul serio sono la vera forza della comicità hongkonghese.

Note:
3. Il principale effetto collaterale è la scarsa efficacia delle gag anche a pochi anni di distanza: le battute sulla SARS di Truth or Dare: Sixth Floor Rear Flat, per esempio, rischiano di perdersi col passare del tempo e di risultare poco comprensibili a posteriori.
4. «Infine bisogna accennare a un particolarissimo sottogenere di umorismo scatologico, il cosiddetto toilet humour, che perseguita in pratica tutti i generi del cinema di Hong Kong.» Giona Nazzaro, Andrea Tagliacozzo - Il cinema di Hong Kong (Le Mani, 1997 - pag. 30).
5. «C'è una specie di elementare saggezza, nel metodo di Michael Hui [...] La messa in scena è invisibile, la rappresentazione frontale, ma [...] riesce a non essere piatta. Hui, per conto suo, si vantava di non badare allo stile [...]» Alberto Pezzotta - Tutto il cinema di Hong Kong (Baldini & Castoldi, 1999).

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