Benny ChanBenny Chan ha cominciato, come molti registi, dal piccolo schermo, prima la ATV, poi la TVB, dove incontra Johnnie To che lo vuole come assistente. Dopo essere stato notato da Raymond Wong, che lo promuove a regista, torna alla ATV. Nel 1990 Johnnie To gli affida la sua prima regia cinematografica, A Moment of Romance. La pellicola, con Andy Lau e l'esordiente Wu Chien-lien, è a sorpresa uno dei grandi successi della stagione. Ma Benny Chan non può sfruttare appieno la nuova fama e dedicarsi solo alla carriera cinematografica; deve prima attendere la scadenza, imminente, del contratto televisivo. Nel frattempo gli vengono proposti copioni cui si applica con dedizione ma che non sente come interamente suoi: sulla scia di A Moment of Romance arrivano altre due melodrammi romantici, Son on the Run, love story tra una ragazza ricca e un ragazzo povero (scritta da James Yuen e Tsan Kan-cheung) e What a Hero!, commedia adrenalinica con Andy Lau e Maggie Cheung. Il 1993, anno dell'obbligato sequel di A Moment of Romance, dove sostituisce Andy Lau con Aaron Kwok, segna il passaggio alla corte di Tsui Hark, ma non c'è la giusta sintonia tra produttore e regista e il rapporto si interrompe dopo una sola pellicola, The Magic Crane, un action fantasy ricco di effetti speciali e di stunt spettacolari, come la tradizione Film Workshop impone.
Benny Chan scalpita per tornare al poliziesco, genere sinora solo sfiorato: l'occasione giusta è Man Wanted. Alcune sequenze sono di grande impatto emotivo, ma la pellicola non fa gridare al miracolo. Si intuisce però quale sia l'idea di Chan: scavare a fondo nell'animo dei suoi personaggi. Simon Yam è un poliziotto infiltrato alle prese con un pericoloso criminale e con la sorella di lui (Christy Chung), di cui è innamorato. A metà film il primo finale, con la morte del cattivo che, a sorpresa, torna dalla tomba per vendicarsi. Il tono rilassato che permette ai protagonisti di confidarsi prima di cercare la soluzione con le pallottole è un discreto incrocio tra heroic bloodshed stile John Woo e la tradizione del noir americano. Manca probabilmente il collante tra le sequenze d'azione e i dialoghi e una certa impasse è inevitabile. Dopo Happy Hour commedia a sfondo sociale prodotta dalla U.F.O., con tre cantanti emergenti (Julian Cheung, Jordan Chan e Andy Hui) come protagonisti, è il turno dell'ottimo Big Bullet. Qui Chan riesce a concretizzare l'idea ancora irrisolta in Man Wanted: i poliziotti del film sono infatti vivi, ben rappresentati, e combattono contro un gruppo di rapinatori altrettanto credibili. In più la solidità delle scene movimentate permette un sostanziale equilibrio tra introspezione caratteriale e concessioni all'azione pura. Un solido cast d'attori (Lau Ching-wan, Jordan Chan, Theresa Lee, Yu Rong-guang, Jordan Chan e Anthony Wong), diretto con perizia, gli vale la nomination come miglior regista all'Hong Kong Film Award del 1996 (ma il film vincerà solo il premio per il miglior montaggio).
Il successo di pubblico di Big Bullet fa sì che Jackie Chan noti il regista e lo promuova a cantore delle sue gesta nello scialbo Who Am I?, mega-produzione ambientata in Africa e in Olanda. Con il successivo Gen-X Cops, blockbuster prodotto ancora da Jackie Chan per la Media Asia, l'involuzione di uno stile tutto sommato personale si completa: Benny Chan si attesta a mero esecutore, con la sua esperienza e le sue indubbie capacità professionali, al servizio di prodotti confezionati a tavolino e destinati a incassare bene. Gen-X Cops lancia una serie di giovani star come Nicholas Tse, Daniel Wu, Stephen Fung e Sam Lee, affiancate da un gruppo di veterani di talento come Eric Tsang e Francis Ng, e viene addirittura venduto in America, riscuotendo un buon successo al cinema. Ulteriore appiattimento è l'inevitabile seguito, Gen-Y Cops, thriller hi-tech con robot, complotti internazionali e un preoccupante razzismo di fondo (i neri sono i cattivi, i bianchi i buoni). La sensazione di alcuni critici locali è la definitiva spersonalizzazione di un certo modo di fare cinema: adesso i giovani guardano con ammirazione agli Stati Uniti e all'occidente e disprezzano implicitamente Hong Kong e le sue istituzioni. Un primo, purtroppo ancora deludente, passo indietro è il ritorno al poliziesco puro con poliziotti buoni contro un genio del male: ma Heroic Duo, sufficientemente spettacolare, è scialbo e manca di ritmo nella rappresentazione dei caratteri in antitesi.