La notizia ha fatto il giro del mondo; con un risalto che non toccava più a Hong Kong e al suo cinema da tempo immemore. Sex and Zen 3D: Extreme Ecstasy ha incassato – a fronte del suo budget risibile di 300 mila euro – la bellezza di 1,53 milioni di euro in una settimana, di cui 255 mila nel primo giorno di programmazione, ben 20 mila in più di Avatar di Cameron. Per un incasso totale superiore - nell'intero 2011 e nella sola Hong Kong - ai 3,6 milioni di euro. Cifre e notizie che appartengono al passato remoto dell'ex-colonia, agli anni '80 e primissimi '90, in cui la allora terza industria cinematografica al mondo era una delle pochissime a relegare i blockbuster americani in posizioni defilate nelle classifiche del box office. Che questo ritorno di fiamma avvenga oggi, per un film erotico in 3D che rappresenta il non plus ultra in termini di exploitation, forse lascerà l'amaro in bocca agli amanti del cinema di Hong Kong che fu - dal lirismo di Wong Kar-wai al gusto per la meraviglia di Tsui Hark - ma certo rappresenta un dato incontrovertibile, di quelli che non possono essere sottovalutati.
Quel target che un tempo alimentava gli sproporzionati - rispetto alla popolazione effettiva - incassi del prolifico cinema in cantonese, distribuito tra Hong Kong, Taiwan, Tailandia e comunità cinesi in giro per il mondo, non esiste più. Le maestranze di allora sono totalmente inglobate nella nascente macchina produttiva della Cina Popolare e la spinta verso il blockbuster in mandarino, con velleità di contrapposizione Cina-Usa (il caso di Confucius su tutti), si è fagocitata (quasi) tutto. In un contesto simile il successo di Sex and Zen 3D: Extreme Ecstasy rappresenta uno choc, un'inversione di rotta: il fatto di non essere stato distribuito in Cina ne ha aumentato in maniera spropositata gli incassi, attirando pubblico disposto a spostarsi dalla Cina continentale a Hong Kong appositamente, affrontando l’ufficio immigrazione e le sue procedure burocratiche pur di appagare il proprio gusto del proibito; in base allo stesso meccanismo che porta gli abitanti di Shanghai a Macao per giocare d'azzardo o per altre peccaminose tipologie di intrattenimento che l'intransigente Repubblica Popolare non contempla né approva. Un curioso fenomeno capace di dimostrarsi più forte del divieto ai minori di 18 di un film che punta tutto sul marketing, ma che non fa niente per nascondere la fragilità del contenuto.