Hidden Heroes si poggia completamente sul talento comico di Ronald Cheng, uno dei pochi nomi nuovi che hanno scosso lo star system. Certo, ci sono i soliti giovani talentosi che emergono dal nulla, ma non si può parlare di ricambio generazionale, le superstar sono sempre le stesse di dieci / quindici anni orsono. Mancano ormai le mezze figure, i caratteristi, gli anonimi che ben rappresentano il cittadino medio, l’hongkonghese tipico. Attori come Jordan Chan, come Simon Yam, come Alex Fong, come Sandra Ng, grandi interpreti capaci di essere sia protagonisti che abili spalle. In questi termini Cheng, lanciato da Vincent Kok, che crede ciecamente in lui, va rivalutato. Non più come scialbo emulo di Stephen Chiau, paragone che lo mette inevitabilmente fuori gioco, ma piuttosto come forza comica da sfruttare non in termini di uragano demenziale a sé stante ma in base alle situazioni. Adattato a contesti ogni volta diversi Cheng funziona meglio che come primadonna.
Tanto è banale il suo modo di porsi in Super Model e Himalaya Singh, dove Chiau al contrario avrebbe fatto sfracelli, quanto lavora bene in gruppo nei due Dragon Loaded, Golden Chicken 2 e Dragon Reloaded, film di per sé modesti, in cui interagisce comicamente con l’ambiente e l’ecosistema circostanti. Mi piacerebbe vederlo diretto da un regista in forma del calibro di Lee Lik-chi o Jeff Lau, magari in una tragicommedia surreale ma con i piedi per terra, qualcosa sul genere di Timeless Romance di David Lai oppure di Escape from Hong Kong Island di Simon Loui.
In questa deliziosa opera prima ha una parte ridotta, al fianco di Jordan Chan, Chapman To, un esempio calzante di quei pochi volti da schiaffi che meriterebbero più spazio, a lungo andare. Finirà per diventare il nuovo Ng Man Tat? In Isabella di Edmond Pang è più eccezione che regola, protagonista rifinito e dal volto tremendamente umano. Di rimando in Six Strong Guys coniuga capigliatura improbabile - suo tratto fisiognomico distintivo, lo era anche di Anthony Wong in tanti filmetti minori - e spirito mielato popolare, con ferite d’amore che non si dimenticano. Barbara Wong, artefice di questo curioso progetto dolceamaro (e del suo gemello adolescenziale: Truth or Dare: Sixth Floor Rear Flat, altrettanto zeppo di anonimi interessanti), sta crescendo sugli stessi binari dei suoi personaggi, tanto da autorizzare l’ipotesi che diventerà presto la regista della cantonesità, della personificazione del concetto per cui in medio stat virtus. Sei ragazzi forti ovvero sei sfigati in cui riconoscersi ovvero sei attori ultratrentenni ancora in cerca di se stessi: Andy Hui, Hacken Lee, Ekin Cheng, gente non più giovane, che ha perso il tram delle grandi occasioni e su cui nessun produttore, oggi, punterebbe mezza lira per ottenerne il nome in cartellone. Al pari di Candy Lo, le cui quotazioni sono invece in salita, specie se in coppia con Eric Kot (Cocktail, Half Twin, Feel It Say It), altro grande sottovalutato-emarginato del sistema. Qual è la differenza tra Kot e Ronald Cheng? La stessa che passa tra Candy Lo e Sandra Ng. Uno sputo, per dirla volgarmente, anche se i due curriculum vitae non sono ancora paragonabili. Colpa dei tempi, visto che nei magici anni ’80 dove i film sbocciavano come funghi Sandra era richiestissima, grassa o magra, bella o brutta, e ha incamerato centinaia di presenze, anche minime o irrisorie, in un sol boccone.
Quali sono i tratti distintivi di queste figure intermedie? Bruttini con personalità, goffi, spesso caratterizzati fisicamente da lineamenti particolari e irregolari, come naso grosso, zazzera inverosimile, fisico sgraziato, bassa statura: quasi un retratto della tradizione circense / clownesca. Si veda Lam Tze-chung, che oggi scopriamo essere anche un discreto regista (il delizioso I’ll Call You, della serie First Focus Cuts), tettuta ed enorme icona ben sfruttata proprio da Stephen Chiau - ancora lui, guarda caso… in Shaolin Soccer è memorabile - ma anche da Raymond Yip (The Beauty and the Breast) e dalla coppia Gordon Chan (Cat and Mouse).
Si torna a Chiau, dunque, esperto assemblatore di cast che dalla strada, dall’anonimato e dal semi-dilettantismo riesce a estrarre perle una dietro l’altra. Valorizzando attori come Tin Kai-man, Wong Yat Fet, il succitato Lam Tze-chung, Lam Chi-sin, Lee Kin-yan. Ultimi del lotto sono gli inarrestabili Yuen Wah, baffo biricchino, e Yuen Qiu, sigaretta sempre pendente dal labbro. Entrambi veterani dalle filmografie nutrite prima di incontrare il famoso comico – più blasonato il primo, un po’ meno la seconda – la cui carriera è stata rivitalizzata dal tocco magico del geniale regista di Kung Fu Hustle. Tanto da portarli sugli altari della ripetizione e da farli diventare un binomio da box office in Kung Fu Mahjong, Kung Fu Mahjong 2, Bet to Basic, dove c’è il solo Yuen Wah, e My Kung Fu Sweetheart. E da farci esultare perché (ancora) per una volta non sono solo i belli e buoni a trionfare.