Wonder Seven è la perfetta unità di misura estetica e stilistica per buona parte del moderno cinema d’azione made in Hong Kong: trama esile fino alla pretestuosità, innervata da colpi di scena che si autoalimentano fino a creare una sorta di caotica bulimia narrativa; personaggi monodimensionali – tranne rare eccezioni – utilizzati come elementi attivi e talora decorativi di elaborate coreografie ginnico-marziali che sfidano virtuosisticamente la comune legge di gravità, in perenne equilibrio tra umano e sovrumano.
Qi Jin Gang (che è anche il titolo originale in cantonese) è il nome di una squadra speciale di sette agenti motociclisti, sette orfani allenati a combattere il crimine che questa volta devono fronteggiare un villain sanguinario e senza scrupoli. Uno dei sette (l’atleta olimpionico cinese Li Ning) si innamora, forse ricambiato, della sedicente donna del boss (Michelle Yeoh).
Wonder Seven (1994) è diretto dal talentuoso Ching Siu-tung, coreografo, regista e produttore hongkonghese di 55 anni celebre anche da noi per il plurilodato Storie di fantasmi cinesi (1987) e molto meno per il recente Belly of the Beast (2003), suo esordio in terra yankee al servizio di Steven «fat and furious» Seagal. L’interesse preponderante del cineasta per i risvolti dinamici della storia è plateale: fin dalla sequenza iniziale – una rapina perpetrata da una gang in motocicletta, esemplarmente immortalata da una macchina da presa alla spasmodica ricerca di angoli di ripresa imprevedibili –, Ching Siu-tung detta le coordinate che tracceranno la rotta stilistico-narrativa della pellicola dall’inizio fino all’epilogo. Alcune sequenze sono così avulse dal plot da sembrare un mero pretesto per sciorinare l’ennesima sequenza d’azione mirabilmente architettata: per esempio l’agguato all’interno di un palazzetto dello sport deserto, con uno dei protagonisti, che, ferito, cade dall’alto su un gigantesco drappo rosso (che si scopre essere una bandiera cinese), che lo avvolge come un sudario facendolo planare sul pavimento con un suggestivo effetto cromatico.
La verve ipercinetica e antigravitazionale di Ching Siu-tung crea un vortice di emozioni che inghiotte lo spettatore, frastornato da una sarabanda di avvenimenti che gli impongono una continua, vigile sospensione della verosimiglianza. In questo contesto di full immersion adrenalinica il regista non esita a inserire elementi ora comici ora brillanti – uno dei sette sbaraglia il suo aggressore a colpi di mortadella… - che se a un occhio poco smaliziato o digiuno di cinema made in Hong Kong possono apparire drammaturgicamente inammissibili, rientrano perfettamente nel solco estetico e commerciale che delimita da sempre i confini della settima arte nell’ex colonia britannica.
Hong Kong, 1994
Regia: Ching Siu-tung
Soggetto / Sceneggiatura: Elsa Tang, Charcoal Tan, Ching Siu-tung
Cast: Michelle Yeoh, Lee Ling, Kent Cheng, Roger Gwok, Andy Hui