Warriors of Heaven and EarthL'agente governativo Lai Xi, sicario giapponese agli ordini dell'imperatore Tang, viene spedito nelle province occidentali per catturare il tenente ribelle Li Zai, reo di aver disobbedito agli ordini e di essersi ammutinato ai superiori. L'unico desiderio di Lai sarebbe tornare in Giappone insieme alla giovane figlia, dopo aver sistemato in tutta fretta la questione, visto che si tratta della sua ultima missione; ma il fato lo costringe ad allearsi con la composita carovana che Li Zai, insieme a un giovane monaco buddista e a un soldato scampato a una tempesta di sabbia, sta conducendo verso la capitale, per scortare una misteriosa reliquia. L'intoppo è maestro An, bandito di confine che ha messo gli occhi sul carico, disposto a tutto, persino un'alleanza con le tribù nomadi che premono da sempre sui confini dell'impero, pur di entrarne in possesso.
Warriors of Heaven and Earth assomiglia a un western arso e desolato dove onore, fatalismo e senso della morte incombente accompagnano l'avanzare scomposto nelle sabbie dell'inevitabile. I destini di guardia (Lai Xi) e dissidente (Li Zai) devono intrecciarsi, temporaneamente costretti a saldare un legame di sangue per far fronte al nemico comune. Epica e retorica draconiana - in un tripudio assordante di lealtà, amicizia virile e un tentativo di poetica della guerra - hanno così modo di deflagrare in tutta la loro roboate prosopopea. Da un lato paesaggi maestosi, spogli, che fanno sentire la loro pesantezza sui personaggi (il sole che schiaccia al suolo ogni forma vivente, le rocce sfaldate per il caldo, grotte e forti in mezzo al nulla). Dall'altro uomini chiusi nella loro idea di perfezione guerresca il cui unico anelito è verso l'immortalità degli eroi. Poco spazio, nel mezzo, per tutto il resto. I protagonisti sono monoliti votati-alla-morte, burattini di un disegno già scritto, affascinanti nelle loro scintillanti (quanto improbabili) armature, ma poco propensi a uscire dagli stereotipi del genere. L'intreccio prosegue burrascoso e senza intoppi, non riservando molte sorprese - conservando comunque un buon ritmo, tanto che le due ore di spettacolo non pesano eccessivamente. Meglio di quanto archiviato dal consimile Musa: the Warrior di Kim Sung-su (2001), cui è assimilabile per il punto di vista sugli eroi, per l'architettura narrativa e, non da ultimo, per l'inessenzialità della figura femminile (là Zhang Ziyi, qui Vicky Zhao) - probabilmente inserita nel cast solo come nome di richiamo.
Tanto testosterone, qualche bel duello, sanguigno al punto giusto, riflettori puntati sulla fierezza del guerriero: bastevole, a patto di sorvolare sulla poca fantasia dispiegata e su un finale enfatico e pomposo.

Hong Kong, Cina, USA, 2003
Regia: He Ping
Soggetto / Sceneggiatura: He Ping, Zhang Rui
Cast: Jiang Wen, Nakai Kiichi, Wang Xueqi, Vicky Zhao, Hasi Bagen