Alla prima apparizione sul grande schermo dopo qualche successo televisivo raggiunto in coppia con il fratello Sam, Michael Hui veste i panni del generale Pang Ta-fu: uno dei signori della guerra che durante la tumultuosa transizione tra la caduta della Dinastia Qing e l’affermazione della Prima Repubblica Cinese, nei primi anni del XX secolo, cercano di allargare la loro area di influenza a suon di battaglie e saccheggi, anche se a ben guardare Pang è forse più interessato ad arraffare tutto il possibile prima che accada l’inevitabile patatrac, piuttosto che a governare la Cina o parte di essa.
Così, il bello di The Warlord, inteso sia come il film che come il personaggio protagonista, è che, nonostante la natura tragica drammaticamente palpabile di molti degli eventi raccontati, l’impostazione data da Li Hanxiang tende al farsesco tragicomico dai toni leggeri e che pure non fanno mancare una nemmeno tanto velata critica politica al potere e al delirio di tracotanza che si impossessa di Pang, uomo solo al comando di un caos che non ha alcun interesse a dipanare e anzi alimenta, quale garanzia principale del mantenimento di un dominio altrimenti senza senso.
Il grande vecchio del cinema classico di Hong Kong, maestro contemporaneamente dei rarefatti huangmeidiao (The Enchanting Shadow, The Love Eterne, The Dream of the Red Chamber) e dell’eleganza nel cinema erotico (The Happiest Moment, The Amorous Lotus Pan) e pioniere del cinema sociale con Rear Entrance, riesce a fare di The Warlord un grande film per l’estrema varietà di toni, dal sarcastico al drammatico, e per la capacità di gestire la transizione tra generi e toni con notevole stile (il colpo di scena finale è magistrale).
La narrazione procede spedita e variegata, quasi il regista stia scherzando con gli spettatori, tra momenti drammatici e comici. Questi ultimi sono quelli che meglio lasciano il segno nel film, tra le leggendarie 40 mogli del generale Pang che non perdono occasione per farlo becco a ogni occasione buona e il vizio del nostro di giocare d’azzardo nei momenti meno appropriati (celebre e amaramente divertente la scena in cui scommette con un altro signore della guerra di non marciare su Pechino, ormai praticamente alla sua portata, se perde la mano a domino; Pang perde ed effettivamente ritira le truppe).
L’importanza e la grandezza di The Warlord è la capacità di non farsi inquadrare in un genere o in un clichè, soprattutto grazie alla regia di LI variegata e fresca, e la prova già piuttosto matura di Michael Hui, che da lì a poco intraprenderà una carriera che porterà il successo della sua vena comica geniale oltre i confini dell’ex-colonia britannica e dell’Asia stessa (celebri le rielaborazioni di alcune sue gag in film come Scuola di Polizia e Una Pallottola Spuntata).
Tirate le somme, si può cinematograficamente incastrare The Warlord in un filone che va da Il Grande Dittatore di Chaplin al Kubrick del Dr. Stranamore, e giù giù sino a ispirare uno dei capolavori di Tsui Hark: Peking Opera Blues .
Hong Kong, 1972
Regia: Li Hanxiang
Soggetto/Sceneggiatura: Li Hanxiang
Cast: Michael Hui, Lily Ho, Chiang Nan.