Al principio della storia il funerale di Tin Yun, gangster delle triadi dagli anni ottanta ai giorni nostri, e quelle parole ripetute dalla madre a Tin Yun: «nelle triadi, 9 su 10 non arrivano a morire di vecchiaia», e poi una presenza costante del dolore e della morte, ma Run Papa Run non è un film sulla morte, sul distacco. Quello di Sylvia Chang, tornata a dirigere dopo 20:30:40, è un film sulla vita e sulla crescita, una storia di un uomo senza padre che fa della figlia il cantro del proprio mondo, e il motore per cambiare il proprio destino.
Cresciuto dalla madre sola (una scorbutica Nora Miao) in un quartiere della Hong Kong anni ’80, dove la malavita è di casa, Tin Yun (Louis Koo) passa man mano tutti i gradi delle triadi, da teppista di strada a piccolo boss e su fino ai vertici. Soldi e donne sono sempre stati roba facile per lui, ma quando la sua strada incrocia quella della giovane avvocatessa Mabel (Rene Liu), qualcosa cambia. Non passa molto e la donna rimane incita: testarda, si trasferisce non invitata a casa di Tin Yun, fino al giorno in cui nasce la piccola Haiyi. E’ allora che un qualcosa di ancora più profondo si muove in Tin Yun, che per amore di quella creaturina goffa e tenera maschera la sua banda come un rispettabile gruppo d’affari, tra gli alti e bassi del caso. Alla fine, saranno proprio le tre donne della sua vita, la madre, la moglie e la figlia, a portarlo a prendere la decisione più importante.
Run Papa Run narra la crescita e il cambiamento del suo protagonista - interpretato da uno straordinario Louis Koo, forse mai così in parte, che riesce a coniugare bene il suo istrionismo con un lato drammatico efficacissimo – e con esso quello di una città, Hong Kong, che dagli anni ’80 ad oggi ha visto passare sui suoi cieli molte tempeste e qualche uragano, riuscendo miracolosamente a mantenere ogni volta il fondo della sua anima all’asciutto. Non a caso nel cast si distinguono molti volti noti degli anni d’oro del cinema hkese, da Kent Cheng a Chan Wai Man, da Susan Shaw a Nora Miao, da Ti Lung a Max Mok, e l’atmosfera che si respira, così come il tono usato, sono quelli della miglior commedia del canone cantonese. Run Papa Run è diretto in un modo che sfiora e supera in certi tratti il surreale, ma senza appesantire il ritmo e l’immagine, e lo fa senza trascurare diversi tratti di sorprendente profondità. Un giocare tra fratellanza e famiglia, tra Gesù Cristo e il generale Guan Yu, tra redenzione e karma, per passare dalla tragicomica prima parte dell’infanzia di Haiyi ai tempi difficili segnati dalla sua adolescenza, dove la luce si fa più drammatica e, se così si può dire, sono i duri che incominciano a giocare; ecco la scelta di Sylvia Chang con la sua regia. E così Tin Yun, se non lo era, duro lo è diventa davvero, se in mezzo c’è il futuro di sua figlia. Anche qui, come già successo in Princess D, la Chang si sofferma a dare risalto a una figura maschile, lei che ci ha abituato alle sue donne così vere che facevano pensare alle sue storie come a tante autobiografie (come in Tempting Heart o Siao Yu). Una metà del cielo più difficile e meno vissuta dalla regista taiwanese, ma non per questo meno reale quando esce dallo schermo con il volto di Tin Yun.
Un film nostalgico e che fa riflettere, un film che dietro all’estetica ipertrofica e al ritmo serrato del racconto, scorre come il fiume della vita, con le sue piene e i momenti di magra. Un fiume in cui Tin Yun impara a togliersi, per una volta, dal primo posto per darlo a qualcun altro, rispondendo nei fatti a tutte quelle domande di senso che spesso si vedono narrate con tante parole e poco costrutto in film che prendono a prestito gli argomenti della fede. Qui la spiritualità dell’oriente e quella dell’occidente si toccano, e doveva essere così proprio ad Hong Kong, e una via d’uscita dalla gabbia del destino si apre e si mostra. Magari non per se stessi, caro Tin Yun, ma per le persone che amiamo, per loro si può andare oltre di noi.
Hong Kong, 2008
Regia: Sylvia Chang
Soggetto / Sceneggiatura: Susan Chan, Sylvia Chang, Woo Yan-wai
Cast: Louis Koo, Rene Liu, Nora Miao, Liu Yihan, Max Mok