L’impresaria Cheng Cong finanzia la produzione di Two Sisters, un mélo, e sceglie come interpreti principali due acerrime rivali: Yuan Xiuling (Sammi Cheng), grande attrice scesa prematuramente dal palcoscenico, e He Yuwen (Gigi Leung), star di cinema e tv desiderosa di affermarsi a teatro. Come potranno coesistere le due dive?
Un ritorno inatteso ma graditissimo dietro la macchina da presa. Stanley Kwan, regista di capolavori del cinema di Hong Kong quali Rouge o Actress (Center Stage), torna a territori che gli sono congeniali. Era dal 2010 del fallimentare Showtime che Kwan non sedeva dietro alla macchina da presa e First Night Nerves ripropone la sua maestria in fatto di mélo e di osservazione della psicologia di una diva. Anzi, di due dive.
Ma se Actress (Center Stage) era ambiziosa e forse irripetibile operazione su più livelli, questo nuovo lavoro è assai più tradizionale. Una rentrée quasi in punta di piedi, dalla porta di servizio, ma con la classe sufficiente per lasciare un’impronta inconfondibile. Il titolo originale, traducibile come “Otto donne, un palcoscenico” sintetizza l’operazione di Kwan, che sussume i temi che hanno accompagnato 30 anni di carriera: la femminilità, sviscerata attraverso le sfaccettature cangianti delle protagoniste; la fluidità sessuale; la doppiezza e la finzione connaturate alla vita dell’attrice e, infine, la nostalgia per un tempo che non può ritornare. Una sensazione, quest’ultima, incarnata dalla City Hall, vecchio teatro destinato alla demolizione, in cui Cong decide di mettere in scena la pièce. In sostanza un everlasting regret, un “rimpianto infinito”, per citare il titolo di un’altra perla della filmografia del regista hongkonghese.
Un sentimento, quello del rimpianto e della nostalgia, che sorge spontaneo associare alla città di Hong Kong, destinata a inabissarsi definitivamente tra le braccia dell’impero cinese. Kwan riesce a comunicare queste sensazioni, nascondendole tra le pieghe degli indumenti delle sue dive, o negli infiniti riflessi proiettati dagli specchi che le accompagnano. Utilizzando deviazioni dal percorso per raccontare il contesto. Come il tassista Blackie (Matt Chow, vero regista e sceneggiatore), ex regista costretto ad altro mestiere per poter sbarcare il lunario. Che quella Hong Kong non esista più si nota anche, e soprattutto, nelle piccole cose, insomma, quelle che non fanno notizia.
Possono trarre in inganno i primi trenta minuti di film, caratterizzati da dialoghi fitti, da un montaggio nervoso e da una messa in scena apparentemente piatta. Ma quando la maieutica dei sentimenti permette alle donne di differenti generazioni e ceto sociale di estrarre ciò che le accomuna, ecco che la solidarietà indivisibile e quasi almodóvariana (spesso Pedro e Stanley hanno toccato temi simili, giungendo da esperienze dissimili) affiora e i sentimenti esplodono, contagiando lo spettatore. I duetti tra le dive sono godibili, nonostante la tendenza di Leung a strafare e l'evidente ricorso di Cheng al chirurgo plastico.
First Night Nerves resta un film diseguale, con intermezzi comici altalenanti, ma l’impressione che lascia il finale, con le attrici rivali riunite di fronte al Victoria Harbour, è di un intenso desiderio di esternare la propria voglia di vita e di speranza, nonostante tutto. Delicati e preziosi i riferimenti disseminati qua e là ad Anita Mui, diva prematuramente scomparsa e musa di Kwan, così come quelli all’intramontabile Eva contro Eva.
Hong Kong, 2018
Regia: Stanley Kwan.
Soggetto/Sceneggiatura: Jimmy Ngai
Cast: Sammi Cheng, Gigi Leung, Bai Baihe, Matt Chow.