Il tema delle scuole rivali viene qui inserito in un contesto storico labile ma sufficiente a reggere il discorso su onore, lealtà e vendetta caro a Chang Cheh. E non si tratta di due scuole qualunque, se è vero che, divisi nel sostegno agli occupanti Qing, si scontrano il tempio di Shaolin e il Wu Tang.
Tung Chen Chin ha completato gli studi al monastero di Shaolin; prima che se ne vada, il suo maestro, Chi San, conoscendone i propositi di vendetta (il ragazzo ha perso i genitori, assassinati dai Qing), lo ammonisce sul comportamento da tenere. Chi San è conscio della faida scoppiata tra Shaolin, apertamente anti-occupanti, e il Wu Tang, a favore, ma sa che si tratta di alleanze momentanee, create dalla contingente situazione politica, che non devono portare a una lotta fratricida tra cinesi. Incurante, Tung non esiterà ad attaccare briga con alcuni membri del Wu Tang; il loro maestro, infatti, ha dato ordine che si occupino di Hu Wei Chin, il più abile guerriero del monastero Shaolin, reo di aver ucciso numerosi appartenenti al clan, non senza trascurare qualsiasi altro membro della fazione avversa. Ferito, Tung si rifugia in una casa nobiliare per sfuggire alla cattura; qui viene curato da Chin Ta Le e sua sorella Pei, che gli insegnano come contrastare le tecniche segrete del clan. Quando finalmente fa il suo ingresso in scena Hu (al suo seguito ci sono sempre due uomini che trasportano delle lanterne accese, anche di giorno, perché «viviamo in tempi oscuri»), i due uniranno le forze, scatenando lo scompiglio nelle file nemiche.
Non si può certo dire che Chang Cheh e Ni Kuang si siano risparmiati nella creazione dell'intreccio, soprattutto considerato che quanto riportato è solo la premessa - ci sarà spazio per un matrimonio, il tradimento del Wu Tang da parte del giovane Wei Ting Kung, Kao Ching Chun e il suo monkey style, la disperazione di Ei Wan e chissà quanti altri subplot. Il problema è semmai il disequilibrio creato da questa sovrabbondanza; gli eventi sono presentati in una piana sequenza, senza essere approfonditi, sicuri che il pubblico possa recepirli e comprenderli proprio perché perfettamente inscritti nella tradizione del gongfupian antecedente. Two Champions of Shaolin (conosciuto anche come Two Champions of Death) sintetizza le esperienze di centinaia di film, parcellizzandone personaggi e topoi in decine di figure diverse; lo spettatore viene sommerso da una valanga montante di dati che non fanno altro che rimandare al subconscio cinematografico nel quale è immerso. Il guerriero sbruffone disilluso dagli eventi, l'amico fedele che si sacrifica, il giovane dibattuto tra la fedeltà alla famiglia e i propri sentimenti - e si potrebbe proseguire - sono tutte figure saldamente presenti nella memoria cinematografica di chiunque, perché singolarmente presentate in decine di pellicole passate. Chang Cheh non fa altro che riunire i temi più disparati, in un disperato tentativo di riattualizzare un genere in crisi d'idee. Il risultato è però monco, carente di coerenza e scopertamente inattuale. Two Champions of Shaolin, come la maggior parte dei film da Cheh diretti in quegli anni, non sono espressamente brutti film (tolta la visibile mancanza di fondi e impegno produttivo), quanto pellicole stanche, che nulla aggiungo a quanto di buono già detto; segnano perfettamente la crisi la cui via d'uscita si era mostrata in due strade divergenti. Da un lato la commedia di arti marziali (Jackie Chan, Sammo Hung, ecc...), dall'altro la destrutturazione e riscrittura portata avanti dalla New Wave (Tsui Hark in prima linea).
Una pellicola che si lascia dunque guardare, ma rovinata da troppi stravolgimenti stilistici e cambi di registro, nonostante qualche interessante sequenza d'azione (relegata soprattuto al finale) e i divertenti titoli di testa animati.
Hong Kong, 1980
Regia: Chang Cheh
Soggetto / Sceneggiatura: Ni Kuang, Chang Cheh
Cast: Lo Meng, Chiang Sheng, Lu Feng, Chin Siu Ho, Candy Wen
Two Champions of Shaolin
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- Scritto da Stefano Locati
- Categoria: FILM