Tiger CageIl poliziotto Hsiu sta per sposare la collega Shirley, ma il giorno delle nozze viene ucciso per vendetta da un pericoloso spacciatore. I suoi amici all'antidroga prendono male l'omicidio e con ogni mezzo possibile cercano di rintracciare l'assassino, che vorrebbe fuggire oltreoceano. Il fidato Yu, l'impulsivo Terry, il loro coordinatore Michael, l'esperto Te e la stessa Shirley scoprono, durante le indagini, che qualcuno del dipartimento sta rivendendo la droga sequestrata a un'organizzazione straniera e il numero di omicidi sale vertiginosamente, coinvolgendo in prima persona tutti le parti in causa: le motivazioni raddoppiano, senza un attimo di tregua.
Nel novero di pellicole prodotte dalla D&B di Dickson Poon, Tiger Cage (gira all'estero con un titolo alternativo, Sure Fire) è la summa definitiva di un periodo, delle sue esigenze produttive e degli standard qualitativi dell'azione anni ottanta. Il massimo rilievo possibile alle sequenze spettacolari - ben cinque stunts coordinator all'opera - è tipico del genere; meglio se, ed è questo il caso, la sceneggiatura di supporto e il resto dell'esecuzione (regia, fotografia, colonna sonora, montaggio) si dimostrano più che competenti. Il cast stellare non implica una rinuncia alla formula base: sparatorie, inseguimenti, ancora sparatorie, omicidi. Questi ultimi risultano particolarmente cruenti, improvvisi lampi di violenza, accompagnati da flashback commemorativi e conseguenti sensi di colpa. Il déja-vû (la polvere bianca in volto; i gesti di amicizia reiterati in ogni situazione) è elevato a forme d'arte, prima comica distensione, poi tragico richiamo (l'occhiolino tra Shirley e Yu). Al di là dei soliti gwailo cattivissimi - due caucasici e un afroamericano (Michael Woods, che avrà modo di fronteggiare Donnie Yen in numerose altre occasioni) sbarcati dagli USA per fare brutta figura -, è una storia di corruzione all'interno del corpo di polizia, con tutti i drammatici risvolti personali che ne conseguono (e un richiamo edulcorato a I ragazzi del coro di Aldrich). Sprecati alcuni attori - Carol Cheng è fatta per le commedie; Jacky Cheung e il kung fu non vanno a braccetto -, altri utilizzati troppo poco (Donnie Yen, anche coordinatore delle sequenze di combattimento e unico lottatore credibile): gli unici che si giovano per davvero delle situazioni borderline e del copione corale sono il glaciale Simon Yam e il mellifluo Ng Man Tat, che in attesa di dimostrare tutto il suo valore comico si esercita con il nero più nero.

Hong Kong, 1988
Regia: Yuen Woo Ping
Soggetto / Sceneggiatura: Kim Yip, Wong Wing Fai
Cast: Jacky Cheung, Carol Cheng, Simon Yam, Irene Wan, Ng Man Tat