Trama lineare, personaggi solidi ma monodimensionali, qualche tono da commedia e una grande maestria - oltre al corpo di Jet Li. Solo questi gli elementi che permettono a Yuen Woo Ping di assemblare l'ennesimo capolavoro visivo, gioia per gli occhi e dolore per le leggi della fisica. In un carosello senza sosta di invenzioni, i corpi divengono macchine da stupore in grado di librarsi senza più peso, di saltare e piroettare come nulla fosse, oltre che di tener testa a centinaia di avversari contemporaneamente. Sotto la patina di film d'azione tout-court si nasconde naturalmente una storia non banale a base di amicizia tradita e coraggio, ma ciò che importa non è tanto il dipanarsi degli eventi (ché lo stesso nucleo narrativo si è visto, anche svolto meglio, in decine di altri film) quanto lo spazializzarsi dei corpi, il loro assurgere a paradigma ultimo e assoluto del fare-cinema del regista. In una lotta tra leggerezza e innocenza contro la pesantezza degli avversari, si narrano le vicende che portano il protagonista ad inventare / scoprire un nuovo stile di combattimento, il Tai Chi, appunto, che non è solo arte di lottare ma soprattutto filosofia. Una filosofia in cui tutto è portato alla luce seguendo il corso della natura, perché solo assecondando i moti naturali è possibile armonizzarsi con essi e usarli a proprio vantaggio (inutile ricordare che i fatti narrati corrispondono solo molto alla lontana con le tradizioni storiche riguardanti la nascita del Tai Chi).
Ancora bambino Tianbao viene accompagnato al monastero di Shaolin per perfezionare le sue abilità. Qui conosce Junbao, che dovrebbe fargli da tutore. Tra i due nasce subito una profonda amicizia che li porta anche a commettere qualche piccolo sgarro alle pesanti norme del monastero, cosa per cui vengono regolarmente puniti. Una volta cresciuti, al momento di diventare monaci a tutti gli effetti, Tianbao è però oggetto di un tranello, al quale reagisce con violenza. Dato che il maestro non nota il trucco del suo avversario, ritiene che Tianbao non sia adatto alle arti marziali e lo espelle. Junbao interviene a favore dell'amico, con l'unico risultato di essere espulso a sua volta. I due si ritroveranno a vagare per la città, venendo a contatto con una donna che sta inseguendo il suo uomo e con un'altra che cerca di sfuggire alle angherie dell'esercito. Finiranno in una locanda, in realtà covo dei ribelli, e le loro strade dovranno dividersi. Tianbao sceglie infatti di entrare nell'esercito, per guadagnare più in fretta dei soldi, Junbao invece rimarrà alla locanda...
Non è difficile ritrovare scene memorabili, dato che si susseguono a ritmo vorticoso, soprattutto nella prima metà del film, quella in un certo senso più scanzonata - mentre la parte finale assume un tono più epico e didascalico. Già solo Tianbao e Junbao che lottano con delle scope di saggina o che trasformano l'atto di strizzare della biancheria appena lavata in un momento di confronto sono indici della dinamicità della pellicola e della regia veloce e accurata di Yuen Woo Ping. Ogni elemento è utile a ricreare atmosfere al limite del fantastique - si pensi solo alla fuga dei due dal tempio di Shaolin, in cui si destreggiano accerchiati da una doppia fila di monaci che gli lanciano dei pali addosso o in cui utilizzano i corpi dei caduti per pattinare sul pavimento cosparso di olio - oppure allo spettacolare duello tra Michelle Yeoh e la donna che si è sostituita nel cuore dell'uomo che ama, in un combattimento tutto sospeso su tavoli e sedie, dove la Yeoh ad un certo punto combatte in bilico su due gambe del tavolo appena fracassato come fosse sui trampoli!. Un cinema dell'irrealtà palese che ha però come unico risultato di rendere ancora più reale tutto quanto avviene sullo schermo, dato che le sovraesposizioni a cui sono sottoposti i corpi hanno come effetto quello di rendere palesi i sentimenti e i moti dell'animo dei protagonisti.
Che questo continuo accumulo di sensazioni rischi poi di implodere, dissolvendo l'unità del film, è un rischio tutto sommato calcolato. E se alcune parti sono a ben vedere slegate dal resto (eccessivi forse alcuni inserti comici, esagerati alcuni toni melodrammatici), nel complesso si inseriscono però in una poetica coerente in grado di addensare attorno al suo nucleo ogni deriva centrifuga. Certo a volte si ha la sensazione che il film proceda per stacchi che collegano una scena memorabile all'altra, ma è tutto sommato un male minore e facilmente trascurabile.
Un piccolo gioiello che, se non in grado di brillare di luce propria, perlomeno rifulge della luce più sorprendente.
Hong Kong, 1993
Regia: Yuen Woo Ping
Soggetto / Sceneggiatura: Kim Yip
Cast: Jet Li, Chin Siu Ho, Michelle Yeoh, Fennie Yuen, Yue Hoi
The Tai-Chi Master
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- Scritto da Stefano Locati
- Categoria: FILM