Il senso di giustizia e i doveri personali autoimpostosi da Chan (Simon Yam), mettono alla prova l'aderenza ai principi in cui credere da poliziotto. Capo di un'unità speciale, è vicino al ritiro a vita privata e la sua amata figlia adottiva è un costante ricordo della sua personale guerra contro un boss del crimine. Inoltre, Po (Sammo Hung) è diventato col tempo molto più di un capetto, fino a raggiungere lo status di intoccabile. Chan non può fermarsi prima di avere risolto questa faccenda ma non ha nulla in mano contro il rivale. Sapendo che Po è il responsabile dell'omicidio che ha reso orfana la sua figlia adottiva e della distruzione delle prove, Chan è lacerato dal fare ciò che pensa sia giusto, cercando a fatica di mantenere le sue azioni entro i confini della legalità. Ma (Donnie Yen) prenderà il posto di Chan come capo dell'unità e si unisce alla squadra pochi giorni prima del cambio. Ma sembra sempre comportarsi come il poliziotto modello, ma presto veniamo a scoprire che anche nel suo passato ci sono alcuni luoghi oscuri: la rapida escalation della «guerra» tra Chan e Po mette alla prova la sua volontà di rimanere fuori dalle «ombre» che lo minacciano costantemente.
Wilson Yip (Bullets Over Summer, Bio Zombie, Juliet In Love), alla sua quindicesima regia, questa volta tra il noir e le arti marziali, lascia ancora una volta trasparire il suo grande potenziale. SPL gioca subito l'atout dei tre protagonisti: sullo stesso set Simon Yam, Donnie Yen e Sammo Hung, roba da non crederci. SPL è un film tamarro, certo, ma nel porto delle spezie di film tamarri se ne intendono. Non lo erano forse a loro modo i due proiettili eroici o i primi domani migliori? Forse lo Stephen Chiau dio dei cuochi è un campione di sobrietà? E che dire degli splendidi tocchi di spazzatura zen del campione del popolo Wong Jing? Sha Po Lang - questo significano S, P e L, che rappresentano l'ambivalenza tra Bene e Male per l'astrologia cinese - è un film tamarro, certo, ma è quel tanto di tamarro che serve a darti l'adrenalina e poi a strapparti la lacrimuccia e a inchiodarti allo schermo.
SPL è il ritorno alla Hong Kong dei bei tempi andati, la città del «dammi la faccia», quella in cui ti devi aspettare l'impensabile. SPL è la città degli occhi sgranati e le mascelle pendule per i twist finali (e qui l'ending è veramente speciale), è l'inferno dietro l'angolo dove ti rifugi, è il bene e il male che sono sempre una faccia della stessa medaglia, è una storia di padri e figli, di belve feroci che si trasformano in amorevoli genitori e di senso del dovere che cancella l'amore paterno. SPL è Gli Intoccabili formato Guangdong, con Simon Yam che gioca a fare Elliot Ness e Sammo Hung novello Al Capone, entrambi alle prese con la domanda della vita: il fine giustifica i mezzi? Come al solito sarà il sangue a lavare le colpe di tutti.
Sha Po Lang è semplicemente il perchè ci siamo innamorati del cinema di Hong Kong, il ritorno in grande stile al nichilismo no-future del pre-handover. E' una storia di uomini: uno che fa di tutto per mantenere il suo impero criminale, uno che attraversa la sottile linea tra «servire e proteggere» la morale contro cui combatte e un altro spinto a eccellere, nell'ombra del ricordo di un errore del passato. No one gets outta here alive: non c'è ne futuro ne speranza.
Hong Kong, Cina, 2005
Regia: Wilson Yip
Soggetto / Sceneggiatura: Szeto Kam-yuen, Jack Ng, Wilson Yip
Cast: Donnie Yen, Sammo Hung, Simon Yam, Liu Kai-chi, Wu Jing