Personaggio marginale della saga Young and Dangerous, in cui compare un po' all'improvviso e senza troppe spiegazioni si insedia ai vertici della gang Hung Hing, Sister Thirteen è adesso protagonista di un film tutto per sé. Uno spin-off che permette a Raymond Yip, uno dei tanti discepoli di Andrew Lau, di concentrarsi su una figura marginale ma non troppo. Sempre più telenovela la saga si espande a vista d'occhio, prendendo a prestito dai fumetti il concetto di continuity tra un episodio e l'altro. Qui vediamo infatti comparire molti dei personaggi che hanno segnato la storia principale - sia i maggiori (da Chan Ho Nam a Brother Bee), sia i minori (da Ben Hon a Banana Skin) - a dare maggior forza al concetto di unità della narrazione tra prototipo e derivazioni.
La scena è tutta per Sandra Ng: le si richiede per l'occasione di vestire i panni di una donna profondamente in contraddizione tra ciò che desidera (fama, potere, soldi) e ciò che la sua natura femminile, e adolescenziale, comporta (amore, fiducia, divertimenti). Prima di essere un temuto capobanda, Thirteen è un'adolescente difficile, cresciuta da un padre povero e ingenuo, che condivide speranze e difficoltà con l'amica del cuore Yun, più bella e più civetta. E' lei a creare i primi contrasti, attirando su di sé, senza volerlo troppo, le simpatie di un prode guerriero, Coke, di cui Thirteen è (poco) segretamente invaghita.
La fretta del varo dell'opera è spesso cattiva consigliera, ma per fortuna del regista è supportata da una discreta dose di talento e da un istinto che lo spinge ad intuire ciò che è facilmente commerciabile. Senza svendersi, visto che Yip sa come muoversi, dove piazzare la macchina e quando ricorrere ai trucchi del mestiere (ralenti, fotostop e un uso quasi sincopato dell'otturatore a frammentare l'azione) per esaltare i momenti topici. E certi accorgimenti sono davvero necessari visto che Portland Street Blues (il titolo deriva dalla via dove prosperano prostituzione e malaffare, ovverosia i giri astutamente gestiti dall'audace protagonista) è più un melodramma travestito da crime movie che un noir tutto azione e omicidi. In questo senso il richiamo alle soap operas di cui sopra non risulta totalmente casuale, né per forma né per contenuti.
La recitazione è probabilmente il vero punto di forza dell'opera. Tanto che Shu Qi, che esagera con i toni strappalacrime pur di caratterizzare un personaggio gestito male dagli sceneggiatori, e Sandra Ng vincono l'Hong Kong Film Award; e anche Kristy Yeung e Alex Fong, meno statuari del previsto, danno ottima prova di sé. Più che mai credibili le nemesi. Funziona molte bene l'effetto nostalgia, che consiste nel sottile piacere di riconoscere chi entra in scena, anche solo per un istante, e classificarlo nella giusta collocazione (appartenenza a una specifica gang, gerarchia all'interno della stessa e curriculum vitae con relative implicazioni emotive). La chiusa spetta all'ennesimo confronto corale, tipico del filone, dove gli anti-eroi prevalgono, sempre pronti a tornare in strada qualora ve ne fosse ancora l'urgenza.
Hong Kong, 1998
Regia: Raymond Yip
Soggetto / Sceneggiatura: Manfred Wong, Ye Nianchen
Cast: Sandra Ng, Kristy Yeung, Alex Fong, Shu Qi, Ng Man Tat
Portland Street Blues
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- Scritto da Matteo Di Giulio
- Categoria: FILM