Con Paragon of Sword and Knife, diviso in due parti, Chan Lit Ban prosegue il suo cammino nel segno della tradizione wuxiapian di ampissimo respiro. Afflati classici e (post)modernismo si incrociano: il connubio glorifica l'ennesima produzione targata Sin-Hok Kong-Luen tratta da un racconto (pulp) da tre soldi di Jin Tong; una delle cosiddette three dime novels pubblicate a puntate dal produttore Lo Bun. Il dittico nient'altro è se non un fumettone su grande schermo, di proporzioni colossali, dove ritmo e coralità - anche cinquanta attori tra comparse e star insieme in scena, a duellare all'ultimo sangue, tutti contro tutti: e le coreografie sono luce per gli occhi incantati della platea - regalano coesione e coerenza alle due parti di un unicum di incomparabile vigore dinamico ed estetico.
E' lo spirito panteista di Chan a permeare e caratterizzare l'opera, il medesimo tono effimero per cui è necessario ricorrere a una regia sinuosa, fatta di carrellate eleganti, garbate, e di dettagli mostrati in continui duetti tra campi (medi e piani americani) e controcampi. La regia non ha paura di affrontare l'epopea nel senso etimologico del termine, come narrazione ininterrotta e onnicomprensiva, come incontro / scontro di mondi, fantasie e approcci solo apparentemente all'opposto. Il tema del doppio ricorre anche e soprattutto nella contrapposizione tra il viso imbronciato e viziato di Suet Nei e il carisma androgino e quasi asettico di Connie Chan. Entrambe perse nella moltitudine di decine di attori che si danno continuamente il cambio, confondendo le acque più di quanto il cantore (lo sceneggiatore Ling Hon) e l'aedo (il regista Chan Lit Ban) abbiano pronosticato.
Le spadaccine vanno rilette allora sì come figure tragiche - la famiglia sterminata e il desiderio di tremenda vendetta che come diretta conseguenza ne scaturisce -, fataliste e destinate a imbracciare l'una al fianco dell'altra l'arma bianca che l'arte marziale ha consegnato loro, ma non solo. C'è nel loro coraggio, nel loro inequivocabile eroismo una seconda sfaccettatura, una pericolosità insita in un ruolo (sociale) predefinito e al tempo stesso la disperazione del gesto estremo che comporta grandi responsabilità e un inevitabile senso di eremitica solitudine, anche nel bel mezzo della folla.
Il jiang-hu è anche questo, le sue regole non scritte prevedono l'amplificazione dei sentimenti, siano essi amore o odio, stima o sfiducia, quiete (repressa) o violenza, seppure codificati in rigide categorizzazioni morali. Non ingannino allora i trucchi da baraccone circense, le esplosioni fumogene, le coreografie di cartapesta, i paesaggi colorati, i vezzi di un contorno scenico vivo, ricco, perennemente cangiante, squilibrato tra gioco, fiaba e leggenda. La vera consapevolezza è nell'imposizione dei canoni, nell'empatia perenne - da leggersi proprio come morboso rapporto psichiatrico madre-figlio - che si instaura dopo le prime inquadrature tra la regia e il pubblico, rapito da tanto ardore e portato a sognare l'avventura come mero intrattenimento embrionale, puro piacere epidermico che per osmosi assorbe ogni energia e conquista.
Paragon of Sword and Knife
Hong Kong, 1967
Regia: Chan Lit Ban
Soggetto / Sceneggiatura: Ling Hon
Cast: Connie Chan, Suet Nei, Kenneth Tsang, Lee Kui-on, Ha Ping
Paragon of Sword and Knife - Grand Finale
Hong Kong, 1968
Regia: Chan Lit Ban
Soggetto / Sceneggiatura: Ling Hon
Cast: Connie Chan, Suet Nei, Kenneth Tsang, Wong Oi Ming, Chow Wing Kwong
Paragon of Sword and Knife
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- Scritto da Matteo Di Giulio
- Categoria: FILM