Di un ritorno di Stephen Chow alle storie e ai personaggi di Viaggio a Occidente si parlava da quasi un decennio. Del resto, i progetti di Chow che non hanno mai preso realmente vita sono una miriade e anche il più volte annunciato ritorno del monaco scimmiotto sembrava un’operazione destinata alla stessa fine.
E invece no.
Perchè il nostro giullare preferito, stavolta, ha fatto sul serio: ha imbarcato un giovane di bellissime speranze come Derek Kwok, ha rielaborato la materia del romanzo costruendo un semi-prologo alla partenza verso l’occidente del drappello di eroi di Wu Cheng’en, ha rinunciato a metterci la faccia (anche se qualche voce l’aveva dato per protagonista), ha impegnato mesi di postproduzione per arrivare a un risultato visivo che soddisfacesse la sua visione del racconto (un fantasy tra il grottesco e il comico, come è Viaggio a Occidente), e alla fine ha fatto centro. E non si tratta di un risultato da poco, visto che Journey to the West: Conquering Demons ha raggiunto il record di incassi in sala per un film cinese, e già si parla di uno o più seguiti. E il film - ci si chiederà dopo cotanto cappello introduttivo - com’è?
Beh, il film è bello, molto bello. C’è da dire che, date le premesse, difficilmente il risultato avrebbe potuto essere deludente: la materia originale è un pozzo straordinario di vicende visionarie e parecchio cinematografiche, e l’esperienza e la carriera di Stephen Chow - allievo prediletto di uno che le storie dello scimmiotto le ha sviscerate in lungo e in largo come Jeff Lau - sono una garanzia. In effetti Journey to the West: Conquering Demons è una pellicola al contempo à la Stephen Chow e uno dei più sentiti omaggi al cinema di Jeff Lau, e soprattutto al suo dittico di A Chinese Odyssey (che già vedeva Chow protagonista, nei panni di un Joker-scimmiotto). Per chi sia innamorato della maniera in cui Lau racconta le sue storie e i suoi personaggi, o per chi sia affascinato dalle narrazioni del romanzo (accostabile per importanza a quello che sono per altre culture opere come la Divina Commedia o Le mille e una notte) questo è dunque un film irrinunciabile, che risalta rispetto a un panorama del fantastico contemporaneo parecchio arido (e non solo in Asia). Com’era stato già (il sottovalutato) A Chinese Tall Story di Jeff Lau - film cui paga un debito di riconoscenza palese in molte scene - Journey to the West: Conquering Demons altro non è che una variazione sul tema della storia del monaco Xuanzang e del suo viaggio verso l’illuminazione, un percorso che prelude alla partenza “verso Occidente” per riportare le scritture buddiste dalla Cina all’India, in cui sono gli incontri fatti prima della partenza a segnare indelebilmente i protagonisti. I destini dei personaggi sono inoltre legati dalla storia di un amore umano: una storia negata, procrastinata, vissuta dolorosamente in quanto ostacolo e non in quanto occasione di bellezza da Xuanzang (Wen Zhang), cacciatore di demoni che ripudia la violenza ma ricerca l’amore più grande, quello del e per il Buddha, respingendo quello tutto terreno che la collega Bai Gujing (Shu Qi) insistentemente gli offre, e delle disgrazie amorose dei demoni Sabbioso, Porcellino e Scimmiotto, colpevoli di crimini dettati dall’amore terreno e dunque confinati in uno status di limbo tragico nelle loro forme demoniache. Se di Stephen Chow non si vede il volto, sullo schermo se ne distinguono lo zampino e le movenze, affidate a un trio di attori straordinari come Wen Zhang, Shu Qi e Huang Bo, che frammentano la mimica di Chow in tre parti, navigando tra anelli dorati, fiori di loto, monitorie mani giganti di Buddha, serafici maestri, improbabili guerrieri erranti e serenate sotto la luna sulle note di una colonna sonora ripresa dal James Wong di A Chinese Odyssey, passando per i capolavori di Chow come Shaolin Soccer e Kung Fu Hustle.
Un film ricco, che fa ridere, commuovere e riflettere, alla ricerca di una strada (verso Occidente) che coinvolge i protagonisti e gli spettatori: un cinema che ricorda quello frizzante, ma abitato da una vena di tristezza, della Hong Kong a cavallo tra ‘80 e ‘90, che è stato ripreso nei suoi effetti visivi da tutto il cinema contemporaneo, ed è passato attraverso la lezione controcorrente di Jeff Lau e il suo percorso sui generis da comico becero a geniale giullare globale, per giungere sino a noi. Grazie Stephen Chow, di film così ne abbiamo un gran bisogno.
Hong Kong/Cina, 2013
Regia: Stephen Chow, Derek Kwok.
Sceneggiatura: Stephen Chow, Derek Kwok, Huo Xin, Huang Yun, Lee Sheung-ching, Fung Chih-chiang, Lu Zhengyu, Ivy Kong.
Action Director: Ku Huen-chiu.
Cast: Shu Qi, Wen Zhang, Huang Bo, Show Luo, Chrissie Chau, Lee Sheung-ching.