Hong Kong Playboys doveva essere il film della svolta per Alexander Fu Sheng, divo marziale stanco di armi e combattimenti: l'attore aveva annunciato di volersi cimentare in pianta stabile con la commedia; e se per una tragica casualità non fosse morto nello stesso anno, oggi potremmo studiare un aspetto ulteriore di una filmografia comunque molto importante. Perché Fu aveva talento da vendere, e anche nella farsa scatenata dimostra di sapersi gestire a meraviglia. Il ruolo di playboy impenitente gli calza a pennello: continuamente sfidato da un rivale maturo, Valentine, Sheng, meno raffinato ma altrettanto efficace, si butta nella mischia con l'ardore e il coraggio di un ragazzino che si vuole divertire e mettere alla prova con bersagli sempre più impegnativi. Prima, su richiesta della madre che lo vorrebbe vedere sistemato, seduce e rischia di impalmare un'attrice televisiva, quindi dedica le sue attenzioni galanti alla figlia di un magnate - in realtà è un criminale legato a filo doppio alle triadi -, inavvicinabile reginetta di bellezza. Contro di lui anche un terzo incomodo, il furbetto Lolanto, incapace di reggere il confronto con i due più esperti latin lover e costretto quindi a ripiegare sulla zia assatanata della ragazza.
Sfruttando un sillogismo traslato per ipotesi nel futuro - il regista è sempre Wong Jing -, Hong Kong Playboys finisce per essere il God of Gamblers del filone chasing girls. A sorpresa è anche uno dei migliori esperimenti del (sotto)genere sui playboy in azione: grazie alla verve del suo protagonista, che clowneggia con l'irriverenza di uno Stephen Chiau, supportato dalla regia scoordinata, semplice, ironicamente diretta di Wong. Questi è anche l'autore di soggetto e sceneggiatura - immancabili le scene al tavolo verde, tra mahjong e un curioso esempio di strip ramino -, totalmente fuori controllo: la satira, inevitabilmente sociale, colpisce a casaccio grazie allo humour basso e grossolano che non prevede scorciatoie. Molte gag si perdono tra sottotitoli e riferimenti culturali di difficile accesso - televisione, musica, trend, usi e tendenze del periodo -; gli stessi personaggi sono macchiette di stereotipi di successo - il fascinoso Patrick Tse, il brutto anatroccolo Cherie Chung, il solito cattivissimo Shek Kin, Nat Cheung spaccone imbranato - accostati senza soluzione di continuità (spariscono e rientrano in scena con grande dispendio di tempi e energie, fregandosene di logica e continuity): ma basta vedere Fu Sheng che sfida un rivale a una sfida di abilità marziali con una racchetta (solo Michael Hui farà di meglio con lo stesso materiale in Teppanyaki) per capire lo spirito e il disincanto di un'operazione di riciclaggio e di dissennato sovradosaggio di furore - eccellenti le coreografie d'azione - e irriverenza comica. Unico difetto: manca una spalla adeguata, in grado di eliminare alcuni eccessi di pressione dalle spalle del simpatico primattore.
Hong Kong, 1983
Regia: Wong Jing
Soggetto / Sceneggiatura: Wong Jing
Cast: Alexander Fu Sheng, Patrick Tse, Nat Chan, Cherie Chung
Hong Kong Playboys
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- Scritto da Matteo Di Giulio
- Categoria: FILM