Sconfitto nel finale di God of Gamblers II il super giocatore cinese Tai-kun recluta cinque connazionali dotati come lui di poteri paranormali con lo scopo di vendicarsi di Chow Sing Cho. Il loro scontro provoca un collasso temporale e proietta i due uomini indietro nel tempo, a Shanghai, nel 1937, nel bel mezzo di una guerra tra due fazioni, una capitanata dal patriottico Ding Lik, l'altra da un traditore ansioso di consegnare agli invasori giapponesi la città. Chow, innamoratosi a prima vista della bella Yu-sing - ma finirà per flirtare con la sorella gemella di lei, ritardata con il quoziente intellettivo di una bambina di cinque anni -, decide, con l'aiuto del nonno Chow Tai Fook, di aiutare Ding a sconfiggere i rivali in un ultimo decisivo duello dietro al tavolo verde.
Wong Jing, reso forte dal successo di God of Gamblers II, ritorna a giocare sporco e richiama in azione Stephen Chiau. Per rendere più paradossale la comicità dell'attore ha un'intuizione a dir poco geniale: giocare sulle contraddizioni storico-logiche che il viaggio a ritroso nel tempo inevitabilmente comporta. Sing ha con sé un cellulare, che usa per comunicare con il presente, ragiona a modo suo e si comporta come il personaggio di una fiction immaginaria (ma non troppo, visto che lo sfondo è la popolare serie della TVB The Bund, grazie alla quale si sono affermati Chow Yun Fat e Ray Lui). La vivace sceneggiatura, molto più inventiva della regia funzionale, è infarcita di citazioni a getto continuo - parte dagli stessi presupporti di Ritorno al futuro -, anche dai precedenti film con Chiau (o da loro improbabili clonazioni: si veda il curioso rivale di Sing, il French God of Gamblers), da spot e pubblicità (riferimenti non sempre immediati), da luoghi comuni (lo scimmiottamento di Bruce Lee), dalla televisione, da miti globali (l'esilarante balletto bollywoodiano all'interno del proto-McDonald's), dai fumetti (e dai videogames: la dinamica delle prime scene d'azione sembra ripresa come stile dai classici platform arcade); dal gossip (anche autolesionista: in una scena clou in cui Sing deve cambiare una carta prima ottiene un re con la faccia di Wong Jing e subito dopo una regina con quella di Chingmy Yau).
In un universo parallelo dove tutto è possibile la follia - o meglio, l'idiozia - di Chiau, in grande spolvero, è libera di esplodere, di contaminare, di essere irriverente (nei confronti della religione cattolica), di esplorare ogni possibile risvolto tattico, di imbastardire le situazioni, passando da un registro all'altro - l'epilogo tragico, sinceramente commovente, che riabilita la bravissima Gong Li, fin a poco prima simpaticamente sbarazzina, agli occhi del cinefilo scandalizzato -, cambiando continuamente ritmo, senza pudori e senza timori. Il contorno, tecnico e umano, non è da meno: musica di Lowell Lo; fotografia di Peter Pau; direzione artistica di Eddie Ma; coreografie di Yuen Cheung Yan, Yuen Shun-yi e Guk Hin Chiu; spalle e comprimari di primissimo piano (soprattutto l'effeminato top killer delle triadi Ng Man Tat; ma anche il breve siparietto telefonico in cui un arrogante poliziotto - lo sceneggiatore Barry Wong - indica a Sing le mosse di kung fu da usare per sconfiggere l'avversario che lo sta mettendo a dura prova in un serrato corpo a corpo). Messa definitivamente da parte l'epica derivativa del prototipo e fatto proprio il nonsense di All for the Winner, God of Gamblers III: Back to Shanghai eleva la demenzialità a arte popolare, sfonda come previsto al botteghino e garantisce diversi anni di (lucrativa) vita al filone comico-avventuroso a base di gamblers e scommettitori incalliti.
Hong Kong, 1991
Regia: Wong Jing
Soggetto / Sceneggiatura: Wong Jing
Cast: Stephen Chiau, Ng Man Tat, Gong Li, Ray Lui, Sandra Ng
God of Gamblers III: Back to Shanghai
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- Scritto da Matteo Di Giulio
- Categoria: FILM