Stephen Chiau nasce a Shangai nel 1962 e come tanti altri della sua generazione entra nel mondo dello spettacolo grazie a un corso per attori indetto dalla TVB, dove incomincia la carriera artistica conducendo per quattro anni un programma per ragazzi, Space Shuttle 430. Il passaggio alla fiction televisiva è il preludio a quello cinematografico, dove Chiau approda nel 1988 con Final Justice, un poliziesco di routine che gli vale un Golden Horse a Taiwan come miglior attore non protagonista e due nomination agli Hong Kong Film Awards. Continua sulla stessa strada con Just Heroes, unico incontro con John Woo, e Curry and Pepper, dove comincia a sviluppare la sua vena comica: il film di Blacky Ko, altamente spettacolare, propone una coppia di sbirri male assortita (l'altro è Jacky Cheung) stile Arma letale.
All for the Winner arriva all'improvviso, dopo una serie di commedie valide ma snobbate dal grande pubblico (Love Is Love, When Fortune Smiles), e spazza via ogni precedente, stabilendo un nuovo record di incassi a Hong Kong. Diretto da Jeff Lau e Corey Yuen, il film è una parodia sgangherata del mega hit God of Gamblers. Le gag proposte sono deliranti - Chiau è un immigrato cinese dotato di poteri sovrannaturali - e ritornano in God of Gamblers II e God of Gamblers III: Back to Shanghai, entrambi di Wong Jing, che ne confermano l'appeal commerciale. Wong lo dirigerà ancora numerose volte, portandone allo scoperto il grandissimo talento e consolidando la sua posizione al box office: il segreto è estremizzare la grande capacità di far ridere di Chiau, basandosi principalmente sul suo particolare stile, ribattezzato in patria moleitau (letteralmente nonsense: una dialettica senza senso in grado di rimbecillire chiunque) e inserendo una componente scatologica e di cattivo gusto senza troppi pudori (in Sixty Million Dollar Man, personalissima reinterpretazione cantonese di The Mask, c'e la parodia dell'iniezione di adrenalina di Pulp Fiction, solo che invece nel cuore l'ago finisce nei testicoli del protagonista).
Il pubblico apprezza in special modo quando Chiau li prende in giro travestendosi da popolano sciocco e ingenuo che può sfruttare qualche particolare dote per dominare le situazioni. In Tricky Brains è un dispettoso re degli scherzi contrapposto al malcapitato Andy Lau; in Fight Back to School, con due seguiti, veste i panni di un poliziotto costretto a tornare a scuola per smascherare i responsabili di un pericoloso traffico d'armi; in My Hero è un cameriere fissato con i fumetti e convinto di poter diventare un super eroe. Palesando questa reiterazione interpretativa che lo vede come eroe del popolo, Chiau paga, appena può, il suo personale tributo a Bruce Lee, come nel programmatico Fist of Fury 1991, dove è il solito mainlander sprovveduto, stavolta in possesso di un pugno micidiale, o come in Love on Delivery, dove è costretto a farsi insegnare il kung fu dalla inossidabile spalla Ng Man Tat. Il sodalizio con Ng è di lunga durata e si affina con il tempo: i due diventano inseparabili, e da soli rendono molto meno che in coppia, quando possono sostenersi a vicenda per lo più inscenando rapporti assurdamente patriarcali.
Il suo spirito satirico non risparmia niente e nessuno, nemmeno i simboli storicamente consolidati delle cultura e della tradizione: in The Flirting Scholar bersaglio del comico è il famoso poeta Tang Bohu; in Hail the Judge e Justice, My Foot! prende di mira l'intero sistema giudiziario antico. Chiau regge bene il costume e può permettersi incursioni nel passato che sbeffeggiano il wuxiapian (il dittico Royal Tramp, il divertentissimo Forbidden City Cop) e il gongfupian (King of Beggars). Il monumentale A Chinese Odyssey, diviso in due parti, è una rivisitazione molto libera del grande classico Il viaggio in Occidente ed è uno dei punti più alti della carriera di Chiau e del regista Jeff Lau. Con quest'ultimo il comico si trova benissimo: Lau è regista in totale sintonia con lo spirito anarcoide dell'attore (che nell'horror Out of the Dark è un ghostbuster di nome Leon che gira con una piantina come nel film di Luc Besson). La possibilità di trasporre nel passato la satira permette grandi libertà e un'azione che opera sui contrasti e rimanda, ironicamente, alla modernità del presente.
Insieme a Lau gli altri due mentori sono sicuramente Wong Jing e Lee Lik-chi, grazie al quale avviene l'ultima e definitiva maturazione, cominciata a partire dal divertentissimo From Beijing with Love, scatenata parodia dei film di James Bond. La pellicola segna il debutto di Chiau alla regia, a quattro mani con Lee, così come i successivi The God of Cookery, The Lucky Guy e King of Comedy. La vena isterica di Chiau si fa più controllata e il nonsense diventa parte di uno stile personale (anche se l'attore non perde la sua parlantina graffiante e eccessiva). Criteri e personaggi rimangono gli stessi (in The God of Cookery impersona il re dei tagliolini in scatola spodestato da un discepolo), ma emerge un messaggio educativo e sociale che si delinea nel riscatto del debole e dell'oppresso: dopo tante traversie l'arrogante magnate scopre l'amore e il duro lavoro e si riprende lo scettro perduto.
King of Comedy è il vertice assoluto di questo stile: una comparsa sfigata che vuole sfondare al cinema è costretta quotidianamente ad affrontare le difficoltà della realtà, impersonate da un poliziotto infiltrato e prepotente (ancora Ng Man Tat), una diva di primo grado (Karen Mok, spesso accanto al comico e tra le poche attrici, insieme a Anita Yuen, a non subirne il carisma) e una giovane hostess girl (la debuttante Cecilia Cheung). Il recente Shaolin Soccer, prima regia in solitaria, testimonia l'incontro con la grafica digitale, che permette a una squadra di calcio formata da monaci Shaolin di vincere il campionato nazionale. Un aggiornamente tecnologico necessario che dimostra come Chiau non solo sappia rimanere al passo con i tempi, ma addirittura sia in grado di precorrere le mode e di lanciarne di nuove. Non a caso il film, che tutt'ora detiene il record di incassi a Hong Kong, ha fatto il giro del mondo, occidente compreso, incassando molto bene.
Questa crescita narrativa e contenutistica non esclude i vecchi duetti comici e non preclude sketch di basso livello, anche se il linguaggio utlizzato è ormai una perfetta commistione di elementi diversi che fanno di Chiau un clown a volte triste, a volte incontenibile. Il messaggio è universale e arriva a tutti, anche a quel pubblico occidentale che fino a poco tempo fa considerava incomprensibile lo stile arruffato del comico e stentava a capirne pulsioni e dialettica. A dimostrazione di ciò è l'interesse di Jim Carrey, attore americano la cui fisicità ricorda a tratti quella di Chiau, per The God of Cookery, di cui ha annunciato di voler interpretare il remake.
Stephen Chiau
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- Scritto da Matteo Di Giulio
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