Prima opera a beneficiare del First Feature Film Initiative, programma governativo che supporta l'esordio di registi promettenti, Weeds on Fire di Chan Chi-fat è una rara incursione del cinema hongkonghese nel genere sportivo. Il film, tratto da una storia vera, è ambientato negli anni '80 e racconta di come il preside di un liceo (Liu Kai-chi) sia riuscito a formare la prima squadra di baseball - sport non certo popolare nell'ex-colonia - composta da giocatori autoctoni. Al canovaccio sportivo si intreccia poi il dramma adolescenziale di due membri della squadra, Tse (Lam Yiu-sing) e Fan (Tony Wu), amici da sempre ma dai caratteri opposti, le cui strade andranno man mano a dividersi.
La parabola sportiva non regala grandi sorprese, siamo infatti di fronte alla classica storia di underdog che, passando attraverso incomprensioni, sconfitte e sacrifici, raggiungono un insperato successo. Qui addirittura i ragazzi non conoscono neanche le regole del gioco e iniziano ad allenarsi usando bastoni in legno e pezzi di cartone al posto di mazze e guantoni. Dopo aver perso nettamente la loro prima partita contro bambini delle elementari - una scena piuttosto divertente - in breve tempo i disfunzionali Shatin Martins arrivano a battere le squadre composte da occidentali e giapponesi. Non è certo la mancanza di realismo a condizionare la riuscita di Weeds on Fire, quanto piuttosto l'aderenza a tutti i cliché del genere sportivo che limitano il coinvolgimento e lo rendono prevedibile e derivativo.
Più interessante è forse la descrizione del contesto sociale nel quale si sviluppa la storia. Come spesso avviene nelle produzioni a basso budget, l'ambientazione non è la midtown dei grattacieli ma un quartiere residenziale nel quale i protagonisti sono nati e cresciuti e che è destinato a mutare completamente alla luce del piano di urbanizzazione varato a metà degli anni '80. Efficaci carrellate su palazzi degradati indistinguibili e riprese dal basso che aumentano il senso di oppressione, rendono il quartiere una sorta di ghetto dal quale sembra impossibile emergere, dove la funzione dello sport diventa fondamentale in quanto occasione di confronto e aggregazione. Weeds on Fire è inevitabilmente anche un racconto di formazione essendo incentrato su due adolescenti, complementari e opposti, che vivono in condizioni ai limiti: Tse è timido, insicuro e con una difficile situazione familiare alle spalle. Diventare il lanciatore della squadra gli permetterà di superare i suoi complessi di inferiorità nei confronti di Fun, spavaldo ma vitale, generoso ma testardo, alla prese con una gravidanza indesiderata e amicizie poco raccomandabili. Per lui l'allontanamento dallo sport non potrà che avere conseguenze drammatiche. Anche qui valgono però le considerazioni fatte per il versante sportivo; l'arco narrativo di entrambi è risaputo e il film non dispone di sufficiente forza drammaturgica o estetica per permettere un maggiore coinvolgimento dello spettatore e approfondire caratteri e situazioni già viste.
È comunque lodevole il fatto che Chan, alla sua prima regia e con fondi amministrativi, innesti su questa parabola sportiva e umana convenzionale dei collegamenti espliciti all'attualità. Il messaggio di fondo del film - non subire passivamente, provare sempre a fare un passo avanti, nello sport come nella vita - si coniuga nel presente con l'Umbrella Movement, attraverso un protagonista invecchiato che si aggira nei luoghi simbolo della protesta, ricordando in voice over la sua adolescenza. Il richiamo non è pedante né peregrino, fungendo per lo più da cornice alla storia, ed è apprezzabile l'aperta presa di posizione del regista, benché non bastino due sequenze per elevare Weeds on Fire a film militante.
Pur essendo un'opera prima Chan riesce a mascherare il basso budget con buoni valori produttivi e alcune riuscite trovate visive, oltre a tratteggiare delicatamente quello che è stato un piccolo-grande evento nella recente storia sportiva di Hong Kong. Nel suo film si sentono tutto il calore e la passione di un regista esordiente e questo si riflette anche sul mood generale dell'opera. L'entusiasmo però non basta a coprire tutti i difetti di un film che non riesce mai a elevarsi sopra la media, limitandosi a mettere insieme in maniera abbastanza organica, ma senza guizzi, i topoi più ricorrenti dei film sportivi e dei drammi adolescenziali, senza aggiungere qualcosa che devii da binari prestabiliti. Attendiamo Chan alla sua seconda prova, sperando che possa mostrare maggiore personalità e inventiva.
Hong Kong, 2016
Regia: Chan Chi-fat.
Soggetto/Sceneggiatura: Chan Chi-fat, Wong Chi-yeung.
Cast: Liu Kai-chi, Sham Ka-ki, Lam Yiu-singi.