Film scelto per inaugurare la sezione di mezzanotte alla 68a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, The Sorcerer and the White Snake (Baishe chuanshuo) segna il ritorno in grande stile del maestro Ching Siu-tung, qui col soprannome internazionale Tony, alle storie wuxiapian e fantasy che l’hanno reso famoso dai tempi di Duel to the Death (Shengsi jue, 1983) e di A Chinese Ghost Story (Sien nui yau wan, 1987).
Se il precedente film di Ching, An Empress and the Warriors (Jiangshan meiren, 2008), era la sua prima esperienza in un kolossal storico di produzione mainland e segnava un passo indietro registico, con The Sorcerer and the White Snake Ching è riuscito a mettere i finanziamenti governativi al servizio di una visione fantastica tipicamente hongkonghese. Il mix di generi narrativi e tecniche cinematografiche utilizzate, infatti, ricorda quella libertà creativa che per anni ha reso unico il cinema prodotto a Hong Kong, pieno di sense of wonder e fondato sulla sospensione dell’incredulità.
Non è un caso che la vicenda narrata sia l’adattamento di una leggenda classica già portata al cinema da Tsui Hark in Green Snake (Ching se, 1993), storico capolavoro della nouvelle vague cantonese.
Nell’antica Cina, ancora popolata da creature fantastiche, due spiriti serpente prendono sembianze femminili e scendono tra gli uomini: il serpente bianco (con le fattezze delicate dell’attrice Eva Huang) salva dall’annegamento il giovane erborista Xu Xian (interpretato da Raymond Lam, non nuovo a ruoli in costume come già in The Jade and the Pearl) e se ne innamora ricambiato. Il serpente verde (dalle sembianze di Charlene Choi, membro del duo pop Twins) aiuta la sorella pur sapendo che in questo folle amore rischia di perdere la propria forza vitale. L’intervento di Jet Li nella parte del monaco Fa Hai, cacciatore di demoni proveniente dal tempio di Jinshan, svela le stregonerie dei due spiriti serpente, ma non riesce a rompere il legame tra gli innamorati, finendo per scatenare forze sempre più distruttive.
Il campione di arti marziali Jet Li svecchia il ruolo del monaco stregone, troppo spesso delineato come canuto e ieratico, senza aver paura di mostrare i segni del tempo sul suo viso da (ex) “eterno ragazzino”. Il suo Fa Hai è un cacciatore di demoni minuto ma energico, molto più fisico di qualunque altro monaco si ricordi. Ching Siu-tung approfitta della partecipazione della star Jet Li per ridare vita ai propri sogni: come rivela egli stesso, aspettava da tempo di sviluppare da questa favola classica una saga epica per il grande schermo. Grazie all’avvento delle nuove tecnologie digitali è diventato finalmente possibile presentare al pubblico in maniera adeguata la consistenza e realtà di questo mondo fiabesco: perché “creatività, immaginazione e supporto tecnico sono gli elementi essenziali per filmare la storia”. Ching abbandona per la prima volta gli effetti speciali classici e il wire work in favore della moderna computer grafica, affidandosi alle sapienti mani dell’esperto di effetti visivi Eddie Wong, pioniere della CGI hongkonghese e collaboratore dello stesso Tsui Hark per The Legend of Zu (Shu shan zheng zhuan, 2001).
La fiaba romantica si sprigiona così attraverso effetti visivi e scenografie fantastiche, giostrate magistralmente dal regista in coreografie di azione e colori, che si animano sullo schermo in un unica tavolozza pittorica. Come riferisce lo stesso Ching Siu-tung, le incredibili sequenze d’azione mostrano le tecniche e l’essenza delle tradizionali arti marziali cinesi, ma il cuore del film risiede nel modo in cui ritrae le difficoltà ad esprimere il proprio amore, tra l’eroico rispetto dei principi morali e il sacrificio di sé.
Hong Kong/Cina, 2011
Regia: Tony Ching Siu-tung.
Soggetto/Sceneggiatura: Tan Zhang, Kan-Cheong Tsang, Cheuk-Hon Szeto.
Cast: Jet Li, Eva Huang, Raymond Lam, Charlene Choi, Wen Zhang, Vivian Hsu, Chapman To, Suet Lam.