Fist of LegendNel 1972 Bruce Lee sbancò i botteghini di Hong Kong, e non solo, con il suo film più famoso, Fist of Fury, nel quale rivestiva i panni di un giovane talentuoso praticante di kung fu che, saputo dell'assassinio del suo maestro, torna in Cina per vendicare la sua morte. Plot ridotto all'osso e regia mediocre ma un protagonista perfetto, carismatico, capace letteralmente di bucare lo schermo. L'idea di farne un remake negli anni '90 era decisamente interessante, vista la notevole qualità dei film hongkonghesi di quel periodo, ma anche molto rischiosa: chi avrebbe mai potuto sostituire un attore-simbolo come Bruce Lee?
Gordon Chan, regista piuttosto altalenante capace anche di buoni exploit (Thunderbolt), ma sostanzialmente privo di uno stile che lo caratterizzi e lo distingua dalla massa, accetta la difficile sfida e, coadiuvato da un cast di tutto rispetto e da alcuni fra i migliori martial arts directors in circolazione (Yuen Woo Ping e famiglia), riesce nell'impresa quasi impossibile di aggiornare il mito, anche grazie ad alcune importanti modifiche in fase di sceneggiatura. Infatti, oltre ad una caratterizzazione decisamente migliore dei vari personaggi (i giapponesi, non più relegati a ruolo di semplici caricature), a fare da contraltare al confronto / scontro fra scuole marziali cinesi e giapponesi è presente una storia d'amore interrazziale assente nell'originale (Chen Zhen è costretto ad abbandonare la propria comunità a causa dell'affetto per una ragazza giapponese). Per non parlare dell'aspetto tecnico del film, di gran lunga superiore (in quanto a scenografia, fotografia, montaggio) al vecchio, modesto film di Lo Wei. Ed anche il finale cambia. Chi non ricorda il famoso salto, con annesso urlo felino, verso il plotone d'esecuzione nel finale di Dalla Cina con furore (titolo italiano di Fist of Fury)? Ebbene, qui non ve n'è traccia, e se da un certo punto di vista, il film perde un momento di eccezionale intensità emotiva, dall'altro il regista non poteva non optare per una scelta diversa e meno lirica, «poiché la ripetizione pedissequa dell'originale avrebbe significato un impari confronto con la cifra stilistica del Piccolo Drago»1.
E qui arriviamo al punto cruciale: Jet Li. Come se la cava in un ruolo così leggendario? Abituato com'era ad interpretare personaggi mitici del mondo delle arti marziali (Wong Fei-hung nella saga di Once Upon a Time in China di Tsui Hark o Fong Sai-yuk nell'omonimo film di Yuen Kwai), riesce a tratteggiare piuttosto bene e a far suo un personaggio come Chen Zhen, campione di kung fu e simbolo della Cina popolare, per certi versi accostabile al suo stesso percorso di vita. Far dimenticare Bruce Lee è impossibile, però grazie alle fenomenali coreografie di Yuen Woo Ping (che intelligentemente fa uso in maniera ridottissima del wire work) e all'indiscutibile valore atletico di Jet Li, le scene di lotta diventano un vero e proprio spettacolo per gli occhi, un autentico must per tutti gli appassionati. E fra i tanti momenti entusiasmanti del film, un posto speciale lo va ad occupare il combattimento fra Chen Zhen e il maestro giapponese Funakoshi - interpretato da uno dei caratteristi marziali più noti e attivi, Yasuaki Kurata -; in una landa desolata si scontrano, senza sentimenti di vendetta o di rabbia, due generazioni a confronto e due stili marziali differenti ma ugualmente efficaci, quello giapponese e quello cinese. E il tutto si risolve in una lezione di vita camuffata da lotta marziale, leale, entusiasmante, senza vincitori né vinti.

Note:
Lorenzo De Luca - Gli Eredi di Bruce Lee (Edizioni Mediterranee, 2000).

Hong Kong, 1994
Regia: Gordon Chan
Soggetto / Sceneggiatura: Gordon Chan
Cast: Jet Li, Chin Siu Ho, Ada Choi, Billy Chow, Yasuaki Kurata

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