Always on My MindLa famigliola felice di un giornalista televisivo, un tempo famoso, sta andando a rotoli - c'è un gap di comprensione tra i genitori e due dei tre figli e tra marito (di buon cuore ma non sempre adeguato) e moglie (svampita ma apprensiva) - e il dolore che l'uomo, sull'orlo del licenziamento, prova quando apprende di avere un cancro, portano il disagio alle estreme conseguenze. La stazione televisiva per cui Chang lavora decide di sfruttare il suo male per guadagnare ascolti e presa popolare, e riporta in auge un personaggio pubblico dimenticato, speculando sulla sua condizione di malato terminale.

In Always on My Mind lo sguardo di Jacob Cheung, sempre attento a problemi attuali, è solo apparentemente più lieve e distaccato. Sfruttando un'icona popolare come Michael Hui (al primo vero ruolo non comico) - che aggiunge alla storia toni autobiografici: era la stella più luminosa, oggi è quasi dimenticato; in questo senso vanno lette le staffilate a Sam Hui o la scena con il barbone che gli chiede l'autografo mentre i ragazzini sgomitano per Andy Lau -, il regista tesse un mosaico di sentimenti facili e problemi più complessi: la commistione funziona, garantendo commozione vera nei momenti delicati alternati a risate e sorrisi (isterici e sarcastici, mai banali). Opera a più strati, che sa dosare con arguzia ironia, sarcasmo, usi quotidiani, vittimismo, risvolti mélo e personaggi universali. Questi hanno per fortuna volto e talento di un gruppo di grandissimi attori: Michael Hui, disperatamente tragicomico, vale da solo il prezzo del biglietto; come valore aggiunto c'è una superba Josephine Siao1 capace di reggergli il gioco e di tenere alti morale e concentrazione.
Con un dito puntato contro il cinismo dei media e l'altro sulle difficoltà (economiche e sociali) di sopravvivenza del cittadino medio, che vede disgregarsi famiglia e vita, Cheung piange il degrado dei tempi e la perdita dell'incoscienza del comico fattosi adulto. Evoluzione drammatica inevitabile di tanti personaggi storici, grazie al cui cinismo Michael Hui ha dominato le scene tra anni '70 e '80, in cui lo spettatore comune amava riconoscersi, il protagonista di Always on My Mind non perde tempo tra moralismi e sofismi, ma va dritto al cuore della questione: tutto va male. O forse no, dipende dai punti di vista e dagli atteggiamenti. Il film finisce per essere tragico e ottimista, un ottimo esempio di come si possa ancora fare cinema intransigente, intellegibile e intelligente, sfruttando un soggetto molto originale e la scrittura delicatamente creativa di James Yuen. Tanti temi importanti, tante sottolineature necessarie, qualche scivolone nella retorica del mélo didattico (ma non stona più di tanto) e tanta spontaneità hanno meritato i plausi della critica e poco altro.



Note:
1. Per cui vale un discorso simile a quello fatto per Hui: anche lei, star di primissima grandezza, ha rappresentato un'intera generazione. Per fortuna la classe e il talento non hanno età.

Hong Kong, 1993
Regia: Jacob Cheung
Soggetto / Sceneggiatura: James Yuen
Cast: Michael Hui, Josephine Siao, Cherie Chan, John Dang, Simon Loui