Saving General Yang

Il tema dei sette eroici fratelli Yang è qualcosa di difficile da comprendere per portata mitopoietica se si è estranei alla storia cinese; si tratta di una famiglia nobile dell'epoca Song, che racchiude caratteristiche di eroismo e martirio e la cui epopea è stata più volte raccontata, sebbene declinata in varie sfumature e versioni più o meno romanzate, attraverso il cinema. In primis da pellicole della Shaw Brothers, come i fondamentali The Eight Diagram Pole Fighter e The 14 Amazons, capisaldi del cinema wuxia di Hong Kong, ma anche in opere più recenti come Legendary Amazons. Ciò che rimane costante, nelle diverse narrazioni della vicenda Yang, è il sacrificio di buona parte della componente maschile della famiglia, tale da ridurla a un sostanziale matriarcato (da cui le fatidiche "amazzoni" della Shaw).

Ronny Yu parte quindi da un must dell'epica cinese per assemblare un cast panasiatico che raccoglie divi da Hong Kong (Adam Cheng, Ekin Cheng), Taiwan (Wu Chun) e Cina continentale (Fu Xinbo), privilegiando astutamente il glamour - tutti dei "belli" nelle rispettive nazioni di provenienza - e strizzando l'occhio nel titolo internazionale al classico spielberghiano, punto di riferimento per il cinema bellico a tutte le latitudini. Operazione che sveste ben presto i panni di blockbuster ambizioso, palesando limiti di budget e ambizioni necessariamente più contenute. La produzione a tutti i livelli sembra rappresentare un ostacolo per Ronny Yu nella messinscena di Saving General Yang, a un punto tale da portare a interrogarsi sulla scelta di dirigere il film da parte del regista di Freddy vs. Jason e Fearless.

I deficit sono evidenti nell'uso di una CGI rozza e primitiva (i massi che cadono o gli uccelli che volano sono decisamente imbarazzanti per il 2013) e nella fretta con cui pare essere stata assemblata la sceneggiatura definitiva: la distribuzione delle sequenze e l'alternanza tra scene action e momenti di dialogo tra i personaggi sembrano il risultato di una deadline da rispettare più che di una autentica volontà narrativa. Il prevalere di lunghi e lenti intervalli tra uno scontro e l'altro, presumibilmente ideato per soffermarsi sui personaggi fallisce ugualmente - complice la quantità e pure la qualità del cast, a partire dall'eternamente inespressivo Ekin Cheng nei panni del fratello maggiore Yanping - nel tentativo di rendere i fratelli Yang più che bidimensionali. Si salva solo Adam Cheng, nei panni del generale e padre Yang, angosciato da profezie oscure, una delle quali ("Sette figli lasceranno, sei ritorneranno") conduce al più doloroso dei fraintendimenti Yanping e i suoi. Sottotesto romance e antagonismo tra il clan Yang e quello Pan - che si vendica subdolamente abbandonando il Generale alle prese con le forze soverchianti per numero dell'Impero Khitan - altrettanto abbozzati e scarsamente coinvolgenti, per un wuxia che lascia subito sul campo di battaglia i propri buoni propositi.

Hong Kong, 2013
Regia: Ronny Yu.
Action director: Wei Tung.
Soggetto/Sceneggiatura: Ronny Yu, Edmond Wong.
Cast: Ekin Cheng, Adam Cheng.